Come e quando si manifesta il razzismo degli atripaldesi?
La polemica è nata dopo che una giornalista ha riportato dei commenti, definiti razziali, di alcuni cittadini. Voglio invece raccontare una realtà diversa, storie di rifugiati che cercano di partecipare attivamente alla vita cittadina, al di là di ogni superficiale pregiudizio e presa di posizione ...
Atripalda - “Le voci che si rincorrono sono diventate il pane per affamati razzisti che al tramonto hanno paura di girare per strada: al buio i neri non si vedono, quindi possono assalire, picchiare, stuprare, uccidere e derubare indisturbati”.
“Gli atripaldesi sono razzisti”.
Io conosco, invece, un’altra Atripalda quella solidale, dal cuore buono, pronta a relazionarsi e confrontarsi con altre culture, anche se molto più lontane e diverse dalla sua. Un’Atripalda pronta ad ascoltare e tendere una mano nel momento del bisogno, al di là del colore della pelle.
Le dichiarazioni che ho riportato inizialmente hanno offeso e indignato non poco i cittadini. Tra l’altro non è la prima volta che la giornalista in questione sferra attacchi contro di loro, a tratti abbastanza subdoli direi. Una visione tratta da luoghi comuni o da una mera deviazione della realtà dei fatti che, d’altronde, la smentisce categoricamente.
Tutto è iniziato quando su Facebook, all’interno di due gruppi privati, “Sei cachiero se” e “Sei di Atripalda se”, si discuteva sul presunto arrivo di 200 immigrati nella struttura della vecchia Asl.
La giornalista in questione ha riportato queste conversazioni, sottolineo private, su un giornale online e ha additato, in modo molto superficiale, i suoi compaesani come intolleranti ad altre razze.
I commenti su entrambi i gruppi, anche se dai toni forti e colorati, sono frutto di un sentimento condiviso, cioè dell’impossibilità di garantire l’accoglienza, nonché l’integrazione di altri rifugiati. Ma niente a che vedere con il razzismo.
Per fortuna, infatti, come dicevo poc’anzi, la realtà è ben diversa: i giovani che vengono per lo più dal Gambia, Mali e Costo D’ Avorio hanno preso parte con entusiasmo ad attività e manifestazioni organizzate da associazioni cittadine, come il restauro della Piazzetta degli Artisti e la via Crucis (a testimonianza le foto). Non è difficile, tra l’altro, incontrarli nei bar a guardare una partita o bere una birra in compagnia. Qualche lite è avvenuta e non per di certo per il colore della pelle. Sicuramente altri paesi dell’Irpinia ha un piano di accoglienza migliore del nostro, ma chi vive la quotidianità sa che nessuno li guarda in “modo strano” e nemmeno con timore. Anzi vengono ascoltati con interesse e trattati con umanità.
Molti raccontano che sono venuti in Italia per cercare “fortuna”, ma le loro aspettative sono state alquanto deluse. Uno di loro possedeva in Gambia un negozio di telefonia. Lo hanno convinto a lasciare tutto per rincorrere il “sogno italiano” che si è dissolto, poi, come una “bolla di sapone”. “Non c’è lavoro nemmeno per voi”, questi i loro stessi commenti. Alcuni sono in attesa di essere messi in regola con i documenti per tentare di raggiungere il Nord Italia o la Germania. Ognuno ha la sua strada, il suo supermercato dove poter racimolare qualche spiccioli. La maggior parte del territorio, però, è già diviso e occupato. E chi è rimasto fuori è costretto a recarsi ogni mattina a Napoli: “Ho raggiunto i Campi Flegrei. In una giornata ho guadagnato tre euro”. Questo vuol dire viverli, immedesimarsi nelle loro storie e riflettere sulla loro condizione.
Non penso che a voi stessi o ai vostri figli augurereste un futuro del genere. Lo stesso assessore alle Politiche Sociali del Comune di Avellino, Marco Cillo, ha ribadito che per favorire il processo di integrazione bisogna accogliere un numero ristretto di persone.
Abbiamo subito furti, alcuni di loro si sono scagliati contro le forze dell’ordine e non sono mancati episodi di ragazze che sono state importunate.
Ma l’atripaldese, lo stesso definita “razzista”, non ha assolutamente manifestato alcun fastidio e disprezzo. I cinesi hanno aperto negli ultimi tempo diverse attività commerciali, mentre quelle storiche hanno chiudo o sono in fase di chiusura. E anche in questo caso, non si è sollevato nessun grido di protesta.
Come e quando, secondo la giornalista, si manifesta questa sorta di razzismo?
Riporto il commento del presidente della Pro Loco di Atripalda che dà maggiore forza alla mia testimonianza: “Atripalda è tutt’altro che razzista, fin troppo tollerante. Da secoli ha accolto ebrei, arabi, francesi, l’etnia Rom che vive tutt’oggi con noi, rumeni , ucraini e ora anche africani, siriani, marocchini, cinesi. Cerchiamo di costruire ponti e non trincee. Io non sono Razzista, noi non Siamo Razzisti”.
Concludo affermando che è facile giudicare i fatti dietro lo schermo di un computer, ma è più onesto viverli. Sicuramente di viene a contatto con una visione diversa, che va oltre a teorie scontate e imposte, magari derivanti da prese di posizione di alcuni partiti politici.
Daniela Cataldo