Avellino – “Storia dell’Italia mafiosa”, Sales spiega il successo delle mafie

Sales: "Ogni potere è tale se è riconosciuto da un altro potere e la mafia è diventata un potere perché è stata riconosciuta da un altro potere, lo Stato"

salesisaiaAvellino – Si è tenuta presso il Circolo della Stampa di Avellino la presentazione del manoscritto “Storia dell’Italia mafiosa”, edito Rubbettino, di Isaia Sales. L’iniziativa è stata organizzata dall’Associazione IDEA Irpinia, il cui coordinatore, Marcello Rocco, ha introdotto i lavori: “Abbiamo scelto di tenere questa presentazione l’11 aprile, un lunedì come tanti, che non vi dirà niente. Non c’è nessuna ricorrenza, nessuna commemorazione, oggi è un giorno qualunque e l’abbiamo scelto perché la mafia agisce nella quotidianità e nel silenzio ma anche  per dare il messaggio che è importante lottare contro le mafie attraverso l’azione quotidiana di ciascuno di noi”.

Nei giorni precedenti – spiega Rocco – si è verificato un evento che ci ha toccati e che, se esistesse il reato, potrebbe definire apologia di mafia: la rete ammiraglia Rai, nel suo principale programma di approfondimento, Porta a Porta, ha intervistato  Salvatore Riina, figlio del boss di Cosa nostra Totò Riina. Ebbene, i fatti sono avvenuti quando noi avevamo già programmato quest’evento ma a maggior ragione sento di poter dire che oggi vogliamo rispondere a quell’intervista con la presenza del Prof. Isaia Sales per dimostrare che esiste un’alternativa a quei modelli perché inaccettabile piegarsi alla logica secondo cui per conoscere le mafie bisogna conoscere chi la mafia la fa e non chi la mafia la combatte”.

Al Professor Sales non servono presentazioni, l’unica cosa che mi sento di dire – conclude il coordinatore dell’Associazione IDEA Irpinia – è che mi piace leggere le sue opere perché nonostante si avverta una sensazione di malessere nell’approcciarsi alla cruda realtà, Sales riesce a far emergere con forza la speranza che lo Stato può essere un’alternativa alla mafia, può combatterla, contrastarla e vincerla”.

A moderare l’incontro Ivana Picariello, caporedattore del “Quotidiano del Sud”, che, dopo aver lanciato qualche input per aprire il dibattito, aggiunge: “Questo libro andrebbe adottato nelle scuole perché i ragazzi non sono i giovani indolenti, dediti a Facebook, non sono come spesso li dipingiamo, sono ricettivi, curiosi, hanno carattere e vanno adeguatamente stimolati”.

Ad accendere il dibattito è l’intervento di Antonello Petrillo, Sociologo dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli: “La mafia passa dalla perdita del controllo democratico e per fare un esempio che sia legato a questa terra basta pensare al caso Isochimica. Quelli sono stati gli anni delle infiltrazioni mafiose. Quando c’è stata la lotta alle discariche, alla costruzione degli inceneritori si è pensato che quella fosse una lotta delle mafie e invece no, era una lotta del popolo perché nelle discariche i camorristi hanno garantito l’ordine sociale. La rinuncia a modificare il modello produttivo vigente mi sembra una rinuncia alla lotta alla camorra e alla mafia. Dobbiamo inseguire la mafia dove è realmente: mi viene in mente il caso “Vulcano Buon”, il Cis, l’interporto di Nola, tutte queste strutture sono state costruite in aree non idonee rispolverando la legge 219 del 1981, la legge di “refusione del danno” post terremoto, passando sull’interruzione del circuito democratico quando a Napoli c’era Antonio Bassolino”.

Il libro di Isaia mi apre gli occhi su quante volte li abbiamo chiusi sulle cose che accadevano intorno a noi, c’è una forza quasi profetica  nel testo.  Sul caso Riina in Rai non posso esprimermi nello specifico perché ho preso l’abitudine di utilizzare la tv solo per guardare i cartoni animati ma per quanto mi riguarda la lotta alla mafia non sta nell’impedire la parola ma nel produrne tante di parole, la lotta sta nel confronto, bisogna far parlare tutti ma proprio tutti perché la democrazia è confronto. La mafia può essere anche nelle trivellazioni, nelle pale eoliche: c’è mafia laddove non c’è controllo democratico, dove c’è silenzio” conclude.

A chiudere il dibattito è l’autore, il Prof. Isaia Sales: “Ero piccolo e quando morì il boss del mio paese la messa fu celebrata dal vescovo e un onorevole del posto espresse il suo cordoglio facendo affiggere i manifesti; da allora mi sono chiesto cosa c’era che non andava se a quello che mio padre definiva assassino venivano riservati certi onori”.

Sulle origini delle mafie si sono stese delle ideologie che ci hanno impedito di capire che, in fondo, la storia della mafia è una storia semplice, volendo citare Sciascia. Perciò – spiega Sales – per capire l’Italia bisogna studiare la mafia e per capire la mafia bisogna studiare l’Italia. Le mafie non appartengono alle storie dei criminali, si intessono nelle storie di tutti. E se volessimo analizzare i punti di forza delle mafie? Le mafie fanno un uso della violenza come strategia, quindi non è nell’intensità della violenza la forza delle mafie; neppure nella forza militare che contrasta la forza militare dello Stato; non sta nemmeno nel consenso popolare o in quello economico; il successo delle mafia, la loro forza, sta nel non essersi opposti allo Stato e alle classi dirigenti, anzi, hanno stretto rapporti con coloro i quali hanno il compito di contrastarle. Non è l’omertà ma l’impunità che ha fatto la forza delle mafie”.

Come ci ha insegnato Weber ogni potere è tale se è riconosciuto da un altro potere e la mafia è diventata un potere perché è stata riconosciuta da un altro potere, lo Stato”.

 

Natascia Tripolino

Source: www.irpinia24.it