Le donne e la politica: l’equazione del finto maschilismo
Avellino, da questo punto di vista, si presta sempre come il microcosmo che non si fa mancare niente
Avellino – Mentre si dibatte a destra e a manca di ogni tipo di inciucio cittadino e ognuno si sente in diritto di padroneggiare qualsiasi argomento, non tanto fuori luogo è la riflessione sulle donne e la politica. Ecco solo a scriverlo fa, di questi tempi, lo stesso effetto dello stereotipo delle donne e la guida, il che è davvero triste, oltre a non tenere neanche più come argomentazione.
Avellino, da questo punto di vista, si presta sempre come il microcosmo che non si fa mancare niente, anche se questo discorrere ha una direzione molto più generale, in quanto sintomatica di un “momento”( giusto 10 anni) storico, in cui il pianeta femminile è il regno delle etichette. Ora sicuramente non è storia nuova che la donna, in una società filo-patriarcale come quella italiana, abbia sempre dovuto combattere per ottenere la parificazione di certi diritti. Che poi parificazione, che parola insulsa. Questa è l’era delle Pari Opportunità, delle Quote Rosa, con tanto di parcheggi e nulla più. E’ il tempo di un contentino perenne, in cui si consuma quasi tutta la vicenda femminile. Ovvio, ci sono quelle che si adattano, e sono ben contente di camminare sulla passerella, strumento consapevole di una politica cieca, che le colloca a suo piacimento, spacciando tutto questo per “riconoscimento di risorse”. Poi magari, queste risorse le cerchi e non le trovi. Ma vabbè, in fondo, le donne sono come i giovani, si devono fare le ossa, è bene che passino un poco per ingenue e sprovvedute, perchè “chi sbaglia fa”. E’ questo il messaggio del renzismo, in fondo, e del “nuovo” che avanza, salvo poi convincersi di essere cime intellettuali e superare i confini del seminato.
Così l’ingenuità si trasforma, neanche con troppa difficoltà, in una spocchiosa ignoranza, nell’idea che si debba sempre parlare e far parlare di sè. Com’era? Bene o male l’importante è che se ne parli? Certo è marketing, va detto, e funziona anche, perchè nel trionfo dell’immagine conta solo quante volte sei sui giornali. Poco importa se hai lavorato con onestà, poco conta se sei competente, l’importante è che si ricordi il tuo nome.
Di tutto questo chiaramente fanno le spese le donne che, invece, non vogliono essere strumento di nessuno. Sono loro “quegli esseri” con un cervello pensante, che spaventano gli uomini perbenisti, nonché le loro antagoniste, restie a farsi affiancare, per paura di essere oscurate dalle capacità altrui. In realtà è proprio con il supporto di queste femmine di dubbia consistenza umana, che l’uomo in politica trova strada facile per azionare la macchina del fango. Se sei intelligente, non hai bisogno di leggere per fare un discorso e non hai timore a dire la tua, devi essere riconducibile a qualcuno, che chiaramente è tuo amante e garante. Ora qui si potrebbero dare tante colpe al berlusconismo, a quella fase in cui ogni donna di Forza Italia, con un briciolo di carattere e idee, era associata al bunga bunga e a ogni altro qualunquismo legato alla mercificazione del suo corpo. Tuttavia, sarebbe ipocrita attribuire esclusivamente a quella classe politica la responsabilità di un fenomeno che trova terreno fertile in tutti i luoghi della politica. E’ qui che veniamo al nocciolo della questione avellinese, una realtà in cui le donne valide sono continuamente oggetto di illazioni e pettegolezzi. Se sorridi a Tizio, sei la sua concubina, se parli con Caio, minimo minimo l’intrallazzo lo hai avuto anche con lui e se per disgrazia divina fossi amica di Sempronio, saresti certamente una veterana del più antico mestiere. Questo, però, non è maschilismo, non è smania di potere virile, è piuttosto la plastificazione di un modello sociale in pieno essere, in cui l’avversario politico si demolisce con la diffamazione, tanto più se è donna.
Dunque tra una dilagante ipocrisia e una connivenza spasmodica da parte di quella sfera femminile, avida di poltrone, le donne caparbie si relegano ai margini della vicenda politica, dove continuano a fare, senza venire a contatto con certi personaggi. Purtroppo nulla è più lungo della lingua, che sempre le raggiunge e cerca di attribuirgli le trame di certi accadimenti. La politica, si potrebbe dire, non è un posto per alcune donne, ma ciò vorrebbe anche dire arrendersi all’attecchimento di una realtà degradante. Allora è dovere di tutti noi chiedere a queste donne di restare, di sposare le loro battaglie, perchè sono le battaglie per il futuro di noi tutte.
di Francesca Contino