Cooperazione internazionale: quando il lavoro è passione
Alessia Agrippa, giovane cooperante espatriata, di origini partenopee, racconta la sua esperienza di lavoro in Benin, nell'Africa Occidentale
Alessia Agrippa è una ragazza di Napoli che già dagli anni dell’Università ha capito che voleva fare della cooperazione internazionale il suo lavoro. Prima di approdare in Africa Occidentale, in Benin, lavorando in 10 villaggi nelle regioni dell’Ouémé e del Plateau, ha avuto diverse esperienze in Italia e in Africa, facendo il servizio civile all’estero con un progetto realizzato in Senegal. In Italia ha lavorato con diverse organizzazioni non governative, lavorando come educatrice con migranti e ragazzi a rischio di dispersione scolastica. Oggi, in Benin è in prima linea, lavorando per LTM – Gruppo Laici Terzo Mondo, una ONG partenopea, nata nel 1972 e presente nel paese dell’Africa Occidentale dall’inizio degli anni ’80. La tenacia e la grinta di Alessia sono state le leve che l’hanno portata a oltre 4000 km di distanza dai suoi affetti, per realizzare le sue aspirazioni, dimostrando che credere con convinzione in ideali e principi porta frutti tangibili, che esercitano risvolti positivi anche per le popolazioni coinvolte.
Qual è stato il tuo percorso di studi e cosa ti ha portato a maturare quella scelta?
Sono laureata in Sviluppo e Cooperazione Internazionale all’Università di Pisa. Sono sempre stata interessata alla tematica, ma credo che la scelta sia maturata durante il primo anno di università, ero iscritta al corso di relazioni internazionali ma dopo i primi mesi e soprattutto dopo gli esami sul concetto di sviluppo, sull’assurda dicotomia sviluppo/sottosviluppo, sul divario tra Nord e Sud del mondo..ho deciso di dedicare i miei studi in maniera specifica alla cooperazione internazionale.
Cosa significa essere un cooperante? Quali sacrifici comporta e quali gioie?
Per me essere cooperante significa lavorare alla gestione di progetti di sviluppo in contesti diversi dal tuo, non sempre facili. È un lavoro, che richiede molta professionalità ma che rispetto ad altri lavori ha bisogno di una grande motivazione, forse addirittura aggiungerei che deve esserci una passione.Il primo sacrifico che mi viene in mente mentre ti rispondo é la mancanza di acqua, a quella della corrente puoi abituarti ma a non avere l’acqua mi risulta sempre difficile. Ma a parte quelli “materiali”, i sacrifici reali credo siano dati dal mettere in sospeso i tuoi affetti e la tua vita personale ma allo stesso tempo credo che questo rientri anche nelle gioie..conoscere sempre nuove persone e culture..interagire e confrontarsi, una crescita e uno stimolo continuo. Le gioie sono legate tanto alla sfera lavorativa, quando ti rendi conto che l’intervento che stai coordinando ti dà i primi e piccoli risultati..e ti fa capire che nonostante tutti gli sforzi, incazzature, sacrifici..ti stai muovendo sulla giusta strada. Una delle prime gioie provate in Bénin, invece, è legata ad un episodio personale..quando una decina di bambine del quartiere hanno cominciato a chiamarmi per nome e non “iovò” (parola che nella lingua locale viene usata per indicare “il bianco”)..ho pensato che un primo obiettivo era stato raggiunto.
Con chi lavori e il lavoro che svolgi in Benin in cosa consiste?
Lavoro con l’Ong LTM- Gruppo Laici Terzo Mondo, che da anni opera per contribuire alla riduzione del divario tra Nord e Sud del mondo, attraverso la realizzazione di progetti mirati allo sviluppo sociale ed economico dei paesi del Sud e attraverso interventi e campagne di sensibilizzazione nel Nord del mondo. Nello specifico in Benin coordino un progetto di educazione mirato al miglioramento del potenziale di apprendimento dei bambini di dieci villaggi dell’Ouémé e del Plateau, attraverso la loro partecipazione e il dinamismo (coinvolgimento) della comunità educante. Il progetto tocca tutti gli aspetti dell’educazione da quella formale a quella informale, sperimentando approcci e metodologie dell’Educazione alla Cittadinanza Mondiale, che in un sistema scolastico, che da non molto tempo ha vietato le punizioni corporali nelle scuole, rappresenta una vera sfida.
Questa esperienza in Africa cosa ti sta regalando?
Eheh da dove comincio..te la sintetizzo..emozioni, quelle che a volte sembrano scontate..e quindi sono tramonti e cieli mai visti, sorrisi,il perdersi in lunghi saluti, l’emozione di conoscere un re, la gioia dei bambini ogni volta che in classe gli proponi un gioco..e poi nuovi punti di vista e un nuovo approccio a tutto quello che ti circonda, che spero di portare con me.
Dalla periferia di Napoli alla capitale del Benin, quali i punti di contatto e quali le distanze tra i due mondi?
Ho sempre considerato Napoli come sud e questa idea diventa sempre più forte, ogni volta che sono in qualsiasi sud. Ho ritrovato la mia città più volte, nelle credenze di spiriti ed energie negative e la conseguente ricerca di amuleti e riti, nella concezione del tempo, negli atteggiamenti ogni volta che bisogna contrattare un prezzo, nel concetto del “ça va”, che non è altro che il “tutt’appost’ napoletano”..può andare anche tutto a rotoli intorno..ma la risposta a come va? Sarà sempre “ça va/tutt’appost”. Ma ovviamente, anche se entrambe città del sud, sono molto distanti.
Un sogno nel cassetto?
Proseguire questo viaggio cominciato un po’ di anni fa..
di Davide MARENA