Avellino – Poesia: intervista a Gerardo Iandoli
Il giovane autore irpino ha partecipato a "L'Angolo del Poeta"
Avellino – Gerardo Iandoli, 25 anni, laureato in Italianistica presso l’Alma Mater di Bologna, è uno dei poeti che ha deciso di prendere parte a L’Angolo del Poeta (clicca qui per approfondire), evento organizzato con lo scopo di offrire uno spaccato della poesia di oggi. Avellinese di nascita, Iandoli vive a Bologna da circa 6 anni e scrive poesie dal 2009. Alcuni dei suoi lavori sono stati pubblicati in una raccolta intitolata Il Nettare e la Musa (Per Versi Editori, 2013), nel testo redatto alla fine della manifestazione poetica Le Strade della Poesia e in alcune riviste letterarie come deComporre e Pietre Vive.
Vedere un 25enne declamare poesie in una serata aperta al pubblico è uno spettacolo alquanto raro. Qual è, secondo lei, il rapporto tra letteratura e poesia ed i giovani?
Occorrono alcune precisazioni: la letteratura è un campo vasto e parlare di poesia significa già focalizzarsi su un determinato modo di scrivere. La letteratura non gode di cattiva salute ma ci sono generi che sono più in forma di altri, quello che gode di migliore salute è sicuramente il romanzo, genere che ha un ampio mercato e che, se si cerca bene, permette di trovare opere di qualità. La poesia, invece, ha un mercato quasi inesistente, nonostante non manchi una certa fetta di cultori. Per quanto riguarda il rapporto coi giovani, nel mondo universitario, la maggior parte delle persone si interessa al romanzo, al teatro, al cinema, ma la poesia è una nicchia nella nicchia, e lo dimostra il fatto che si possa essere ottimi conoscitori di letteratura contemporanea senza sapere nulla di poesia. Oggi è comunque facile per un giovane pubblicare i suoi lavori grazie ad Internet.
Internet è sicuramente lo strumento più efficiente per la pubblicazione delle poesie ma, secondo lei, è anche il più efficace?
Oggi non si guarda più allo strumento libro per la poesia, ma alla pagina virtuale e ci si sta adattando a questo strumento. Il mercato delle raccolte di poesie è quasi inesistente e per resistere è necessario pubblicare con il mezzo più veloce che si ha a disposizione. A parere mio, la poesia è molto più efficace su internet perché è il mondo dell’immediatezza e delle poche parole e la poesia contemporanea è quasi prettamente lirica, cosa che ci portiamo dietro dal Novecento. La brevità raggiunge l’apice con il web.
Crede che questo strumento stia cambiando il modo di fare poesia o è solo un altro supporto?
Qui riprendo le teorie di Marshall McLuhan: «il medium è il messaggio»; ragion per cui nel momento in cui si cambia strumento, si propone un messaggio differente. La poesia stampata è sempre stata letta in una sorta di ordine cronologico: si parte dalla prima poesia, si approda alla seconda e così via fino alla fine, perciò è come se si stesse leggendo un racconto di poesie. Oggi si predilige la lettura di poche poesie dal blog dell’autore, quindi si dà spazio ad un poeta per poco tempo, il che significa che non si osserva la maturazione di chi scrive, ma solo quella goccia di genialità di un singolo componimento.
Si tratta di un incontro fugace tra scrittore e lettore, insomma…
Più che altro il problema è dello scrittore contemporaneo. Secondo me, oggi non si dà la giusta importanza alla conoscenza della tecnica: poesia deriva dal greco póiēsis, che significa produrre, e per produrre bisogna conoscere gli strumenti. Oggi si assiste a pezzi geniali che però sono punti luminosi all’interno di produzioni spesso piatte. Magari c’è la sensibilità ma non sempre c’è anche la conoscenza degli attrezzi del mezzo che si sta usando. Concedersi solo poche poesie non consente di sviscerare per intero un argomento, è come fare impressionismo.
E questo, a parere suo, è un bene o un male?
Io preferisco parlare di cambiamento di forma. Ci troviamo dinanzi ad una mutazione che, se piace, è bene e, se non piace, lascia indifferenti. Non mi piace dare un giudizio di valore perché ogni testo risponde a delle esigenze. Si può valutare se valga la pena o meno leggere un testo, cosa necessaria per la grande produzione di testi contemporanea. È utile da un punto di vista meramente pratico, non è snobismo. È pur vero che il mondo di internet rende facile la diffusione di una poesia ma difficile la sua assimilazione perché l’informazione non è la conoscenza.
Potrebbe spiegare meglio l’ultima frase?
Le poesie pubblicate sui blog sono spesso un attimo di piacere, poi si passa ad una nuova pagina e la precedente viene dimenticata. In qualche modo si sminuisce il momento critico necessario alla letteratura in generale, ossia la riflessione sul testo, che è facilitata da una pagina statica e arcaica come quella stampata. Oggi si sottovaluta il valore della lentezza, che è fondamentale nel mondo letterario e va protetto.
Parlando invece de L’Angolo del Poeta, quali sono le sue impressioni riguardo a tale evento?
Secondo me un evento come questo comprende tutti gli elementi per poter interessare il pubblico, primo di tutto la velocità. La Poesia è pesante perché è pregna. Costringere il pubblico ad ascoltare ore e ore di poesia implica l’annoiarlo. È meglio dedicare una fetta di tempo rapida ma corposa per godere del momento poetico. Il numero esiguo di poeti e di poesie che ciascuno può leggere consente di non scadere in lungaggini. Inoltre, una manifestazione del genere consente di rivalutare una cittadina che non ha molto da offrire spendendo poche risorse e facendo anche conoscere delle realtà presenti sul territorio alla città. Ciò consente anche di instaurare un dialogo con il pubblico perché qui c’è anche la presenza scenica dell’autore, il recitare la poesia crea una maggiore empatia e coinvolge di più i presenti. Talvolta si resta freddi davanti alla pagina, mentre così si dialoga e non si subisce il testo.
Una manifestazione del genere può avvicinare alla poesia persone che non hanno gli strumenti per farlo?
Questa è una domanda a cui è molto difficile rispondere. Per avvicinarsi a qualcosa, si deve essere interessati ad un certo elemento, quindi il pubblico deve avere già un minimo interesse in quella cosa. Poi è possibile aumentare il suo interesse o anche allontanarlo ulteriormente, ma comunque si parte sempre da un interesse condiviso che si fonda su un minimo di conoscenza dell’argomento, altrimenti non è possibile inserirsi in un determinato contesto sociale perché non si ha la possibilità di farne parte. Molti scrittori, producono libri per intrattenere chi legge, altri cercano di essere più profondi ma ambedue le scelte sono condivisibili ed è giusto che sia così, altrimenti si rischia di chiudersi in quella Torre d’Avorio che ha prodotto solo danni per la letteratura.