“Il Paese delle Meraviglie”, 150 anni dopo il capolavoro di Carroll

Il Paese delle Meraviglie è il luogo delle possibilità, dove però tutto è la sua esatta negazione, non c'è coerenza, non c'è logica temporale. La sola logica governante è il cambiamento.

alice-nel-paese-delle-meraviglie1AvellinoAlice:Per quanto tempo è per sempre”?  - Bianconiglio: “A volte solo un secondo”.  Scriveva così Lewis Carroll(Charles Lutwidge Dodgson) ne “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie (Alice’s Adventures in Wonderland). L’opera oggi compie 150 anni dalla sua prima pubblicazione. La trama, sconosciuta a pochi, è la narrazione di un sogno che porta la piccola Alice in un mondo fantastico, fatto di nonsensi e paradossi. Tra il tipico rifiuto di una bambina verso la noia del quotidiano e la consapevolezza finale della necessità di regole che armonizzino la convivenza con gli altri, specialmente con gli adulti, prende vita un romanzo di grande sperimentazione linguistica e simbolica, una vera e propria metafora della vita nel suo incontro – scontro con l’immaginazione. 

Il Paese delle Meraviglie è il luogo delle possibilità, dove però tutto è la sua esatta negazione, non c’è coerenza, non c’è logica temporale. La sola logica governante è il cambiamento, la continua mutevolezza degli strani personaggi di Carroll legati tra loro nel gioco di pennellate di follia. Il tempo non esiste o se esiste ognuno ha il suo orologio. Il Bianconiglio sfugge, scappa, in una fretta perpetua, convinto di un ritardo incomprensibile e quasi “estraniante” in un universo disordinato. 

Memorabili sono i dialoghi di Alice con il Brucaliffo e lo Stregatto e l’incontro con il Cappellaio Matto, per citarne alcuni, che forse anche nella rappresentazione cinematografica sono i personaggi più curiosi, colorati, e riassumono nei loro caratteri quell’aspetto caricaturale proprio della pazzia, anche se il messaggio che il pubblico riceve ha un impatto sostanzialmente diverso, si rende conto della sottigliezza esistente tra la linea della normalità e quella della follia. Alcuni dialoghi hanno un’eco filosofico, a tratti possono tradursi come fantasiose reminiscenze di un relativismo puro. 

Insomma se non lo avete ancora letto e soprattutto se non avete mai visto quello splendido cartone animato Disney correte ai ripari e diffidate da chi dice che Alice nel Paese delle Meraviglie è una lettura per bambini. Quello di Lewis Carroll è uno dei libri più complessi della letteratura inglese, sia per la sua natura testuale, che ha messo non pochi autori alla prova nel tentativo di tradurre rendendo giustizia e una certa fedeltà al racconto, sia per la morale a più facce del tema proposto. 

“Sapeva che sarebbe stato sufficiente aprire gli occhi per tornare alla sbiadita realtà senza fantasia degli adulti”.  Se provate a chiudere gli occhi, qualunque età voi abbiate, avrete sempre il vostro Paese delle Meraviglie, soprattutto quando la realtà si fa un pò più dura e c’è bisogno di un’evasione temporanea, per recuperare lucidità ed energia. Ma se provate ad aprire gli occhi il risultato è lo stesso. Questo è un mondo apparentemente regolato e retto su alcune convenzioni, ma che poi offre alla vista spettacoli di altrettanta follia, con la tragica differenza che sul palco dell’umanità si consumano trame molto più grottesche e il lieto fine non è per tutti un destino già scritto. La follia, o meglio quel sano luccichio che si accende in noi, e non ci fa tutti omologare e credere negli stessi valori, però è la strada della bellezza in questo mondo. E’ la via che può insegnarci a vedere quante risorse e beni abbiamo, a non rassegnarci e a pretendere che l’unica regola indiscutibile sia il cambiamento di una condizione. Forse essere più Alice e meno figli del talk show e del social network ci aiuterebbe a vivere un po’ meglio e con più speranza per il futuro tutti i giorni.

di Francesca Contino

Source: www.irpinia24.it