Dopo 31 anni, Enrico Berlinguer è ancora “il comunista più amato”

Il segretario del PCI si spense a Padova l’’11 giugno 1984, colpito da un ictus qualche giorno prima mentre pronunciava le parole “Compagni lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda” durante un comizio.

berlinguerEnrico Berlinguer, sassarese nato nel 1922, figlio di un noto antifascista, nel 1943 si iscrisse al Partito Comunista Italiano che fu sempre la sua casa. Berlinguer fu il simbolo di un’altra idea di comunismo, pur venendo a contatto con Stalin, che aveva come valori fondanti la democrazia, la sovranità del popolo, la libertà di cultura.

Berlinguer fu preferito vicesegretario del partito a Giorgio Napolitano, poi divenuto segretario, nel 1976 portò per la prima volta il PCI a un risultato eccezionale, intercettando alle elezioni politiche il 34% dei voti alla Camera e il 33% al Senato, rimanendo poco dietro la DC.

Il segretario del PCI si spense a Padova l’’11 giugno 1984, colpito da un ictus qualche giorno prima mentre pronunciava le parole “Compagni lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda” durante un comizio.

Sandro Pertini, allora Presidente della Repubblica, gli fece visita più volte in ospedale dove dal 7 giugno all’11 restò in stato comatoso fino al decesso. Pertini volle che la sua salma fosse trasportata sull’aereo presidenziale, “lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta” – disse.

I funerali di Berlinguer videro circa un milione di persone in piazza a piangerlo, a chiamare “Enrico” col pugno alzato. Quello stesso anno il PCI, nonostante la sua scomparsa, alle elezioni europee lo lasciò capolista, per onorarlo e dare la possibilità a tutti quelli che lo stimavano di dargli un ultimo voto, forse il più importante, perché i comunisti vinsero le europee superando la DC.  Lo chiamarono l’effetto Berlinguer, che dopo il ‘miglior comunista’ Togliatti, fu il comunista più amato.

La politica e gli uomini di quegli anni erano molto diversi da oggi, la piazza del funerale di Enrico Berlinguer è un fantasma che aleggia, in una Roma trasformata dalla connivenza di una parte della politica con i mafiosi. Sarebbe stato un mondo incompatibile per un uomo che aveva sempre pensato al potere come ‘un mezzo per realizzare ideali’. 

Due sono le lezioni con cui voglio ricordarlo:

- “Il cambiamento è una cosa buona solo se tutti riescono a comprendere la necessità e l’opportunità di quel cambiamento”;

- “La questione morale è fondamentale, è il momento in cui i partiti possono dar prova di sapersi rinnovare”.

Non il rinnovamento anagrafico, non la sterile sostituzione di elementi, ma un cambiamento che nasca dall’esperienza e dal confronto, lo stesso cambiamento che aveva portato Berlinguer a distaccarsi da Stalin, tanto che il suo discorso in Unione Sovietica fu oscurato, il cambiamento di chi riteneva il ‘compresso storico’ come la capacità di saper dialogare con le forze politiche affini per rispondere alle esigenze della collettività. Questo Moro lo aveva capito, ma il loro progetto, purtroppo, non sarebbe mai andato in porto.

A chi dice che gli ideali non esistono più, che non si può più parlare di destra e di sinistra… Berlinguer vive.

 

di Francesca Contino

Source: www.irpinia24.it