Emigrazione, tema attuale presente nell’ultimo libro di Ricciardi

L’oblio nel quale è caduta la catastrofe fa parlare di Mattmark come di una «Marcinelle dimenticata».

Toni Ricciardi (3)Avellino - Toni Ricciardi, originario di Castelfranci, è uno storico delle migrazioni presso l’Università di Ginevra, che ha scritto un testo, destinato a far riflettere molto in un contesto sociale in cui il tema dello straniero in esilio è una costante. 

Codirettore della collana «Gegenwart und Geschichte/Présent et Histoire» (Seismo), Ricciardi aveva già pubblicato, tra l’altro, Associazionismo ed emigrazione. Storia delle Colonie Libere e degli Italiani in Svizzera (Laterza, 2013) ed è tra gli autori del primo Dizionario enciclopedico delle migrazioni italiane nel mondo (Ser, 2014).

Dal 17 giugno, però, in tutte le librerie sarà disponibile il suo libro Edito da Donzelli: “Morire a Mattmark. L’ultima tragedia dell’emigrazione italiana”.

In 200 pagine Ricciardi racconta che a Mattmark non ci si fermava mai, si lavorava giorno e notte per costruire un’imponente diga capace di produrre l’energia necessaria a un paese, la Svizzera, che stava vivendo una crescita economica senza precedenti.

Nel cantiere lavoravano più di mille persone, in maggioranza straniere e provenienti soprattutto dalla provincia italiana. La «piccola» Svizzera accoglieva da sola quasi il 50 per cento dell’intero flusso migratorio italiano, dando occupazione a operai impegnati in grandi opere, come la diga di Mattmark. Ma il 30 agosto 1965, in pochi secondi, accadde l’irreparabile: «Niente rumore. Solo, un vento terribile e i miei compagni volavano come farfalle. Poi ci fu un gran boato, e la fine. Autocarri e bulldozer scaraventati lontano». A parlare è uno dei sopravvissuti intervistati nel libro, uno dei testimoni della valanga di più di 2 milioni di metri cubi di ghiaccio che seppellì 88 lavoratori. Di questi, 56 erano italiani.

Come a Marcinelle, la tragedia rappresentò una cesura nella lunga e travagliata storia dell’emigrazione italiana, segnando un punto di non ritorno. Inoltre, suscitò molto scalpore in tutta Europa: per la prima volta, stranieri e svizzeri morivano l’uno a fianco all’altro.

Nei giorni successivi si scavò senza sosta con la speranza di trovare ancora vivi amici, padri, fratelli, figli. Ci vollero più di sei mesi per recuperare i resti dell’ultima salma. Questa storia si concluse nel modo peggiore: i tempi dell’inchiesta furono lunghissimi, oltre sei anni, e i diciassette imputati chiamati a rispondere dell’accusa di omicidio colposo furono tutti assolti, nonostante l’instabilità del ghiacciaio fosse nota da secoli. In appello andò anche peggio, con la conferma dell’assoluzione e la condanna dei familiari delle vittime al pagamento delle spese processuali.

L’oblio nel quale è caduta la catastrofe fa parlare di Mattmark come di una «Marcinelle dimenticata». Questo volume, a cinquant’anni di distanza, sfida quell’oblio attraverso una ricostruzione, attenta e documentata, di quanto avvenne.