Nel ricordo di Troisi…”Paradiso non potevi attendere..?”
Sono passati 21 anni da quando l'attore, regista, sceneggiatore partenopeo si spense...lasciandoci come eredità tante risate. L'amore per la sua Napoli, per la poesia, la musica...e la grande amicizia con Pino Daniele
Avellino – “Paradiso non potevi attendere…?”. Oggi è questo il pensiero comune della gente, in particolar modo della gente del sud. Ventuno anni fa, infatti, l’indimenticabile attore, regista, sceneggiatore napoletano, Massimo Troisi, dovette dire per sempre addio alla sua amata città.
“A Napule ce sta ‘o sole, mica sta ‘no sole normale, piccirillo… sta ‘no piezzo ‘e sole accossì”. Il 4 giugno 1994 quel sole tanto vantato da Troisi sembrò affievolirsi insieme ai volti di migliaia di persone che affollarono Piazza Plebiscito, dopo che accolsero increduli la notizia della sua morte, avvenuta dieci ore dopo aver terminato il film “Il Postino”.
La pellicola fu tratta dal romanzo “Il postino Di Neruda” di Antonio Skarmèta e racconta dell’amicizia tra il portalettere e Pablo Neruda, durante l’esilio del poeta cileno in Italia. “La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve“, affermava il semplice e simpatico postino Mario, alias Massimo Troisi. Ed a farlo sognare non erano solo le rime baciate…
“ ‘A ‘Napule sonano e cantano continuamente, tutti quanti co’ mandolino e chitarra”. La chitarra la conosceva bene, la sentiva spesso suonare da un suo amico, da un suo conterraneo, da un suo “fratello”, Pino Daniele. “Tu dimmi quando quando…” , Massimo ascoltava quelle note con un’aria estasiata. Il grande Pino dall’altra parte scrutava il suo viso dell’amico, in attesa di una reazione. Prima di cantarla la fece ascoltare a lui, senza la sua benedizione non sarebbe mai andato avanti. “No, non cagnà…è tropp’ bell’. Quest’ è già ‘o sapore ‘ro film”.
I due artisti erano uniti da un legame indissolubile, anche sul piano lavorativo. Troisi affermava che girava i film ispirandosi alle canzoni di Pino e non viceversa, come avviene di solito.
La vita per lui era semplicemente una commedia: “Comme aggio accumminciato a fare l’attore? Ecco… io ero ‘nu guaglione… ero andato a vedere un grande film. Si trattava di “Roma città aperta”, chillo grande lavoro di Rossellini. Me n’ero uscito da ‘o cinema con tutte quelle immagini dint’ ‘a capa e tutte quante le emozioni dentro. Mi sono fermato ‘nu mumento e m’aggio ritto… “Massimo, da grande tu devi fa’ ‘o geometra” ”.
Non smetteva di fare mai ironia, neanche sulla sua malattia, che lo perseguitava dall’età di 12 anni e che fu la causa dell’arresto cardiaco che lo strappò alla sua gente prematuramente…a soli 41 anni. “Lasciatemi soffrire tranquillo. Chi vi chiede niente a voi? Vi ho chiesto qualcosa? No. Voglio solo soffrire bene. Mi distraete. Non mi riesco a concentra’. Con voi qua non riesco… Soffro male, soffro poco, non mi diverto. Non c’è quella bella sofferenza…”.
Ora ci piace immaginarlo sorridente, con quella timidezza che nascondeva bene dietro le battute, in compagnia del “fratello” Pino che gli passa la cuffia per fargli sentire la sua ultima canzone. E poi felice sale su quel palco dove il sipario non potrà più calare, insieme a Totò ed Eduardo De Filippo. . . perché lì la risata è eterna…”E’ meglio crepare felici che piangersi addosso tutta la vita“.
Ciao Massimo!
Cataldo Daniela