L’incontro organizzato dall’associazione culturale Info Irpinia, sabato 14 marzo ad Avellino, serviva a dare lo scossone finale ad una politica intorpidita e rincoglionita. Serviva a mostrare la forte volontà di un’intera provincia, compatta nel dire no alle trivellazioni petrolifere. Purtroppo, da fonti ufficiose, abbiamo appreso che quella ‘spallata’, con tanto di documento già fatto pervenire il Regione per tempo, non ha sortito gli effetti sperati, non ha risvegliato i dormienti. La valutazione di impatto ambientale che entro il 4 aprile poteva salvare l’Irpinia dalle trivelle, non è pronta. Non c’è. E non ci sarà.

Un anno e mezzo di tempo non è bastato ai commissari regionali per dire che un luogo in cui ci sono sorgenti che dissetano 5 milioni di persone non può essere inquinato. Troppo difficile stabilire questo. Oppure ci sono grossi interessi dietro? Oppure il ritardo è voluto? Oppure qualcuno ci ha guadagnato a demandare tutto al Governo? E chi dalla Regione dice che si è fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto Sblocca Italia, per mantenere la competenza regionale, che credibilità ha? Come dire: 

“Qui decidiamo noi sulle trivelle in Irpinia!”, o affermare: “Lo Sblocca Italia è un abuso poiché toglie la voce ai territori!”, quando a dichiararlo sono quelle stesse persone che per un anno e mezzo non hanno fatto un cazzo per far sì che questa valutazione di impatto ambientale venisse prodotta. Insomma: “Vogliamo decidere noi sul nostro destino, ma non ne siamo capaci”. Scusate, ma non è da internare chi fa queste esternazioni?

L’Irpinia è terra di meraviglie, di eccellenze tradizionali ed agroalimentari; terra di acqua e natura, storia e castelli. Molti politici si dovrebbero vergognare non solo per non essere stati in grado di difenderla, ma per averla rappresentata senza mai averla conosciuta davvero.

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