Avellino – Apre una comunità alloggio per minori
Una struttura di tipo residenziale che ospita minori in situazioni di disagio o a rischio di devianza
Avellino – È stata presentata al Centro Sociale “Della Porta” la Comunità alloggio per minori Estia -“Aiutami a fare da solo”, che ha sede ad Avellino in C. da Bagnoli n.31.
La presidente della Cooperativa Estia, dott.ssa Gislena Morals, ha voluto sottolineare la scelta del 31 gennaio perché oggi si ricorda la figura di Giovanni Bosco che creò la prima casa famiglia a Torino. Questa avellinese, dunque, è una struttura di tipo residenziale che ospita minori in situazioni di disagio o a rischio di devianza, un’abitazione con spazi ampi, luminosi, ben curati, nonché con un ampio giardino
La dott.ssa Rosanna D’Urso, coordinatrice Comunità Estia, ha dichiarato: “il peggior delitto di una società è abbandonare i minori. Una comunità alloggio educativo, come la nostra, vuole creare un clima familiare senza sostituirsi alla famiglia. Sono previsti Progetti Educativi Individuali, ed operatori madrelingua per essere più accoglienti. Inoltre, corsi d’aggiornamento anche per ampliare gli operatori che potranno entrare nella comunità”.
Presente anche la dott.ssa Vincenza Olivera della Cooperativa Sociale “Per aspera ad astra” (locuzione di Seneca = attraverso le asperità, le stelle), espressione che è diventata una filosofia di vita della cooperativa, nata a marzo 2014 senza scopo di lucro. “Morales si è circondata di professionalità come educatori, psicologi, sociologi, Osa, così da offrire servizi per migliorare la qualità di vita adolescenziale – ha detto Olivera – la via che porta ai successi è segnata prima dalla fatica, ogni traguardo richiede abnegazione. C’è un aggiornamento continuo e lavoro d’equipe tra i principi fondamentali. C’è chi deve essere allontanato dalla famiglia e chi ha bisogno di un supporto esterno. Anche ai minori stranieri si possono offrire interventi di mediazione culturale. In base alle capacità, ai desideri dei minori possiamo aiutarli a ritrovare la bussola per realizzare i loro sogni”.
Ha presieduto l’incontro il dott. Emanuele Esposito, criminologo clinico, direttore C.P.A. “Don Peppino Diana” di Napoli, che ha commentato: “chi opera nel sociale o è matto o ha una forte motivazione. Non si tratta con pacchi postali, ma con persone che suscitano emozioni perciò l’educazione è opera di cuore. Si apre a contrada Bagnoli una struttura di sofferenza, ma allo stesso tempo di speranza, educando alla responsabilità sociale. Bisogna togliere il fiato alle organizzazioni criminali: dunque, comunità alloggio come strumento indiretto per evitare manovalanza criminale, pedofilia e vendita di organi. C’è chi fa lavoro per i malavitosi per pochi spiccioli. Ieri a Napoli sono arrivati 6 ragazzi, uno di questi con una ferita causata da una sparatoria. Più strutture del genere ci saranno, meno minori in carcere avremo. Bisogna saper trovare meno soldi per costruire carceri e più soldi per iniziative come questa di oggi”.
Tra gli interventi quello della dott.ssa Lena: “ci sono ragazzi che non hanno ispirazioni, non sanno perché si comportano male. Dobbiamo dare la colpa ai genitori? Piuttosto ci impegniamo a recuperarli”.
Tra le autorità, l’assessore avellinese La Verde e l’assessore di Mercogliano Assunta Napolitano, dimostratisi aperti ad aprire un ragionamento preventivo (più che curativo) insieme alla comunità Estia.
Significativo il momento dell’intitolazione del Centro diurno della comunità alloggio a Giulia Tortale, ragazza morta recentemente per un incidente stradale. Suo papà Michele ha commentato: “grazie ad alcune persone meravigliose più che un ancora di salvezza, c’è con le comunità l’unica opportunità di vita per chi nasce in ambienti degradati. Dovremmo impegnarci tutti a fare di più per i più deboli, piuttosto che cambiare canale TV quando c’è qualcosa che ci turba. Mia figlia è stata altruista, sebbene ha vissuto poco: ha lasciato un segno, l’attenzione per i meno fortunati”.
Proiettato in sala, infine, il cortometraggio sul bullismo de “Il clan degli artisti”, ambientato nel quartiere napoletano Miano, dal titolo “L’arte come vendetta”, storia di ordinario disagio e devianza minorile. Necessaria, allora, un’alleanza educativa, contratto tra un ragazzo e una struttura, che tenga conto prima del bisogno dei minori e poi degli operatori.