Don Cozzi alla Scuola di Legalità “Affianco dei pentiti per combattere la mafia”
Continuano gli appuntamenti con la Scuola di Legalità. A parlare ai ragazzi oggi don Marcello Cozzi, vice Presidente nazionale di Libera
Avellino - Si è tenuto oggi il sesto appuntamento della “Scuola di Legalità” organizzata da Libera dalle Mafie. “Pentiti, i collaboratori e i testimoni di giustizia”, questo il tema trattato oggi presso la Camera di Commercio con l’intervento di don Marcello Cozzi, vice presidente nazionale di Libera, il quale, dopo la visita di Mirabella di stamane, ha incontrato di nuovo i ragazzi portando loro testimonianze raccolte da anni ed anni di esperienza.
“L’articolo del codice penale 416 bis ci dice per bene cos’è la mafia. Non si parla di violenza e armi, bensì intimidazioni, assogettazione e omertà. La seconda parte di questo articolo – spiega don Cozzi- specifica che, se l’associazione dispone di armi, la pena è aumentata: le armi, dunque, aggravano solo la pena ma non danno l’identità all’associazione mafiosa che, appunto, non è necessariamente solo violenza”.
Ciò che risponde alla mafia è la conoscenza e la divulgazione di informazioni, soprattutto ai ragazzi e alla sensibilizzazione nelle scuole, ha un ruolo fondamentale contro la criminalità organizzata: “Parlatene sempre e comunque, purché se ne parli. Conoscere bene la mafia – aggiunge – ci fa allontanare da quei depistaggi, l’assoggettamento culturale di un territorio favorisce lo sviluppo della criminalità organizzata. Per scoprire la mafia non bisogna seguire coppole e lupare ma i grandi flussi economici”.
Don Marcello Cozzi si è anche espresso su quanto sta accadendo a Roma con Mafia Capitale: “La presenza della mafia a Roma non era sconosciuta fino a meno di 10 anni fa ed era attribuita soltanto al sud. Oggi scopriamo grazie a queste grandi inchieste giudiziarie che la mafia non è solo sud, ma con il cambiamento dei tempi e di loro affari riguarda tutto il paese e tutto ciò che riguarda i confini nazionali. Non dimentichiamo – ha spiegato – che i mafiosi hanno mandato i propri figli a studiare all’estero proprio per allargare i propri traffici in tutto il mondo”.
Partendo da questa ricca premessa don Cozzi ha poi raccontato di diverse testimonianze relative a pentiti di mafia, collaboratori di giustizia e del grande contributo che le loro testimonianze forniscono alla lotta alla criminalità: “Nel nostro paese sono 854 le vittime innocenti di mafia, una categoria non informe ma fatta di nomi e cognomi, di storie. Fino a qualche anno fa – ha raccontato il vice Presidente di Libera - nessuno conosceva la storia di Attilio Manca, un urologo affermato che, a Viterbo dove viveva, è stato trovato morto in casa sua. Tutti hanno pensato fosse morto per overdose ma si è scoperto in seguito che Bernardo Provenzano fosse un suo paziente”. Altra testimonianza quella di un ex sicario di Cosa Nostra: “Pietro Aglieri venne catturato ma sin da subito non accettò di collaborare con la giustizia; quando fu interrogato dal pm, disse “quando voi venite nelle nostre scuole a parlare di legalità e giustizia i nostri ragazzi vi ascoltano e vi seguono ma quando loro diventano maggiorenni e cercano un lavoro, casa, assistenza sanitaria o economica chi trovano, voi o noi?”. Aglieri ha definito, insomma, la mafia una questione sociale. Ed è proprio questa la sfida che vogliamo vincere: al di fuori dei circuiti criminali le persone devono trovare noi!”. Come ha spiegato don Marcello Cozzi il secondo polmone di Libera è proprio l’accompagnamento dei familiari delle vittime ma anche dei collaboratori di giustizia, ex mafiosi che accettano di autodenunciarsi e fare di quanto sanno della mafia materiale per aiutare la lotta alla criminalità organizzata.
Tra le altre testimonianze raccontate da don Cozzi, l’incontro con Gaspare Spatuzza, ora collaboratore di Giustizia dopo essere stato membro di Cosa Nostra e artefice delle stragi mafiose che video la morte di Borsellino e Puglisi: “Quando lo incontrai rimasi a guardarlo per 20 minuti senza riuscire a parlare. Era completamente cambiato, anche nei suoi discorsi e nel suo parlare del passato, di cui non parla mai volentieri e tenendo un certo rispetto per quelle vittime innocenti. Esperienze come questa – ha raccontato don Cozzi – mettono tutti noi in discussione, perché, pur essendo giusto che un criminale come lui debba pagare per quanto fatto, di fronte avevo una persona completamente diversa. Siano essi pentiti di mafia o testimoni di giustizia – ha concluso – abbiamo bisogno di loro per la lotta alle mafie perché la battaglia di Libera è innanzitutto confiscare i beni ai mafiosi e il loro utilizzo per fini sociali. I mafiosi odiano venga tolto loro i beni confiscati, ma il bene più prezioso che dobbiamo impegnarci a togliere loro sono i loro uomini, solo così riusciremo a eliminare davvero la criminalità”.