Intervista ad Alessio Arena: quando l’arte ha molteplici sfumature
Il giovane scrittore e cantautore napoletano, tra presentazioni del suo ultimo romanzo e concerti, racconta parte del suo universo artistico
Napoli – Alessio Arena, scrittore e cantautore partenopeo, nato nel 1984, ha già dimostrato di possedere un variegato talento, che gli ha consentito di riscuotere successi letterari e musical-canori. È originario del Rione Sanità, ora vive a Barcellona da diverso tempo, dove ha lavorato anche nel mondo teatrale, ma non ha mai dimenticato Napoli, dove torna periodicamente e con piacere. Infatti, martedì 9 dicembre alle ore 18:00, presso la sede del caffè letterario “IntraMoenia” di Piazza Bellini, parteciperà a “La voce dello scrittore”, leggendo personalmente passi scelti delle sue opere letterarie. In questa occasione Alessio Arena racconta, attraverso questa intervista, ai suoi lettori come nasce il suo ultimo romanzo “La Letteratura Tamil a Napoli”.
Cosa ti ha ispirato e spinto a scrivere “La Letteratura Tamil a Napoli”?
Il fatto che nessun romanzo avesse mai raccontato la comunità srilankese di Napoli, e l’aver scoperto che in seno a tale comunità si nascondevano delle storie che avevano davvero dell’incredibile.
Ne “La letteratura Tamil a Napoli”, come anche nel tuo primo romanzo “L’infanzia delle cose” (Manni, 2009), dai voce a delle minoranze etniche. Cosa ti spinge ad occuparti di questi argomenti?
Forse mi sento una “minoranza etnica” pure io. Non so. Non me lo sono mai chiesto. È più il tema dell’emigrazione che mi interessa. L’incontro/scontro di mondi diversi.
Questo tuo ultimo romanzo ha una costruzione molto particolare, composto da dieci libri, scritti da dieci diversi personaggi. Tale particolare costruzione letteraria a che esigenze risponde?
L’intreccio potrebbe essere labirintico, i personaggi sono tanti, non c’è un vero protagonista, ma una coralità sotterranea che si contraddice continuamente e che aggiunge sempre scorciatoie per portare il lettore fuori dalla trama principale. La costruzione invece è rigida, composta. Ho tentato di fare ordine, insomma.
Credo che per scrivere “La Letteratura Tamil a Napoli” sia stata necessaria un’intensa attività di ricerca. Quali fonti hai utilizzato?
Innanzitutto ho cercato di avvicinarmi a singalesi e tamil di Napoli, li ho seguiti, intervistati, indagato e scoperto la loro vita quotidiana a Napoli, il loro cibo, etc… Poi, dovendo raccontare un modo letterario così lontano dalla mia formazione, ho contattato la maggiore indologa italiana, una professoressa dell’Università di Pisa. Lei mi ha indicato fonti preziose, alle quali non sarei mai arrivato da solo.
Nel libro crei interessanti forme di sincretismi, sia religiosi che culturali, come immagini di madonne con le proboscidi e le code di elefante. Sono solo opere di fantasia o ne hai riscontrato l’esistenza all’interno della comunità Tamil di Napoli?
No. Non ne ho visti in giro. Ma in una città così azzardata e impavida come Napoli, una città che mischia continuamente le sue carte, che è facile alle trasfigurazioni, non è stato tanto complicato immaginare che nelle edicolette votive dei quartiere del centro, insieme ai Padre Pio, ai santi, ai morti del quartiere, ci fossero nuovi oggetti della spiritualità napoletana.
A tuo avviso, quali sono i punti di forza del tuo romanzo?
Non saprei dirtelo. Lo hanno già fatto i critici. Io ho amato scrivere questo libro, mi sono divertito, ho appreso tante cose, e credo rappresenti pienamente il modo che ho di raccontare storie.
Sei già concentrato su una nuova fatica letteraria? Se si puoi anticiparci qualcosa?
Ho da poco terminato un testo per il teatro, per tre attrici. Si chiama “Teorema de la probabilidad total” e, con un po’ di fortuna, andrà in scena a Madrid l’anno prossimo. Sto già lavorando al prossimo romanzo, sì, ma per adesso posso dire che si tratterà di una storia che, sempre partendo da Napoli, va molto lontano. Ci vado con calma, però, perché attualmente lavoro a quella che sarà la mia prima traduzione. Si tratta di “Una madre” dello scrittore catalano Alejandro Palomas, che uscirà in primavera.
Oltre ad essere uno scrittore, sei un apprezzato cantautore. Infatti, il tuo ultimo album “Bestiario Familiare” è stato candidato al Premio Luigi Tenco come Miglior Album d’esordio. Quale forma di espressione artistica senti che ti appartiene di più e perché?
Il Premio Luigi Tenco ha un’organizzazione disastrata ed è la pura espressione di come funzionino le cose nel nostro paese. Ho smesso di parlare di questa candidatura, perché per me non ha alcun valore. Il disco, però, era già stato battezzato con la Targa AFI al Miglior Progetto Discografico e dal Premio al Vincitore Assoluto di Musicultura 2013.
Nessuna delle due espressioni mi appartiene di più. Nei miei libri la musica è una presenza costante. Nella mia musica lo strumento principale sono le parole.
In conclusione ricordo che Alessio Arena sarà protagonista di un altro importante evento a Napoli, presso la sede di The Golden House, in via Toledo 55, con il suo concerto “La voce sotterranea”, alle ore 21.30. Si tratta di un concerto a voce nuda, libero da cavi e microfoni.
Di seguito, un assaggio del suo ultimo album “Bestiario Familiare”, con la canzone “Tutto quello che so dei satelliti di Urano”
di Davide MARENA