Avellino – “L’altro Natale 2014″, la fotografia diventa documento della nostra storia

Da oggi parte la seconda edizione de "L'altro Natale", un'iniziativa culturale che attraverso le foto (e non solo) permette di rivivere la storia dell'Irpinia

l'altro nataleAvellino - Un tempo in Irpinia, immagini del passato. questo il tema della seconda edizione di L’altro Natale, una rassegna di mostre ed eventi che da oggi 3 Dicembre 2014 e fino al 15 Gennaio 2015 si susseguiranno presso il Carcere Borbonico di Avellino.

A fare da protagonista a questa meravigliosa iniziativa, promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali, è la fotografia, intesa in questo caso come vero e proprio documento di un’epoca ormai lontana. Ad introdurre l’incontro Gennaro Miccio, Soprintendente BAP di Salerno ed Avellino: “Questa è un’iniziativa finalizzata a favorire il patrimonio del nostro territorio. Ci siamo riuniti – ha spiegato Miccio – per riproporre questo modo di rappresentare il territorio e alcuni fatti che hanno visto protagonista l’Irpinia, in un arco temporale breve che va dai primi del ’900 al 1980, anno del terremoto. ‘L’altro Natale’ è un contenitore in cui confluisce sia la mostra che inauguriamo stasera che le altre iniziative, gestite dai gruppi che ci accompagnano in queste nostre attività. Fra questi l’Unicef con cui collaboriamo spesso, il Parco Regionale del Partenio e le altre istituzioni come il Comune attraverso il Museo civico di villa Amendola e la provincia con la sua Biblioteca che mette in mostra giornali d’epoca. Abbiamo inteso – ha concluso -, attraverso strumenti come la fotografia, l’archivio di Stato, la raccolta capillare di immagini custodite anche dalle famiglie e molto altro di riproporre oggi la storia di chi ci ha preceduto considerando, appunto, le foto come dei veri e propri documenti storici”.

A dare il proprio contributo alla presentazione la sovrintendente di beni architettonici e paesaggistici Maria Cristina Lenzi: “Si è creata una grande sinergia con le colleghe dell’archivio di Stato con cui riusciamo a portare a termini progetti molto interessanti come quello di oggi. Il nostro obbiettivo – ha aggiunto Lenzi - è aprire a iniziative culturali e ricreative il Carcere Borbonico, un luogo che sembra fatto apposta per coniugare tante idee e metterle in pratica per realizzare iniziative come questa. Le mostre saranno affiancate da altre attività quali laboratori ricreativi che coinvolgeranno anche le scuole, saggi di danza e performance teatrali. Insomma – ha concluso - sarà un connubio di diverse attività atte a valorizzare il territorio e la storia dell’Irpinia”.

Presente anche il Direttore dell’Archivio di Stato di Avellino Michelina Sessa: “La scelta di dedicare attenzione al materiale fotografico è  dovuta alla volontà di individuare un patrimonio particolarmente fragile, considerando le foto come documento che non solo commuove e ci fa immedesimare ma anche come informazione su usi e costumi. Tanti i comuni – spiega Sessa – che hanno collaborato e hanno dato il permesso di digitalizzare le foto degli album di famiglia; ed è proprio grazie a questi che abbiamo presentato una mostra in cui abbiamo individuato vari settori come scuola, personaggi, eventi, ritratti, in grado di farci immediatamente rivivere un epoca che non esiste più“.

Tra coloro che hanno collaborato all’iniziativa anche il Presidente del Parco Regionale del Partenio Zampino il quale ha contribuito portando avanti un progetto finanziato atto al restauro del Santuario di Montevergine anche attingendo ai documenti fotografici che lo ritraggono nel dopoguerra insieme ad un documento in cui viene illustrato un vero e proprio progetto, allora approvato da tutti gli enti di riferimento.

Entusiasmo anche da parte della dott.ssa Adele Campanelli, Soprintendente Archeologico di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta: “Un piacevole appuntamento che ci fa incontrare in un edificio che sembra nato apposta per coniugare, anticipando ciò che il Ministero ci invita a fare, ovvero la collaborazione con organi periferici. Ognuno di noi – prosegue - ha un specifico di trattazione del patrimonio con specifici mezzi e tecniche che non sono facilmente integrabili. Ciò che ci unisce è la voglia di dimostrare che “la cultura è uno spazio aperto”, in cui c’è posto per tutti. Bisogna aprire le porte e alla condivisione con questa città così appartata, anche se orgogliosa e nobile, alla società civile che da qui deve ripartire per capire il senso della conservazione. Le foto sono memoria visiva di come erano le città; quelle stesse città terremotate hanno bisogno di rivedersi nello spazio urbano così com’erano e non sono più. Tutti noi abbiamo il DOVERE di tramandare tutto questo al futuro, non abbiamo scelta, e dobbiamo farlo in condizioni migliori di come l’abbiamo trovato. Cosa che non sta accadendo a causa di risorse economiche e umane insufficienti”.

Atteso l’intervento di Rosario Petrosino, direttore del Mudif (Museo Didattico della Fotografia): “Finora raramente mi sono trovato in un evento in cui si trattava di Avellino in posa e del ricordo attraverso immagini dell’Irpinia. Sono rimasto estremamente colpito dalle mostre – ha dichiarato il direttore Mudif – e ho avuto conferma di cose di cui sono cosciente da sempre occupandomi di restauro e archiviazione di fotografie. Ho notato nell’esposizione l’affrancarsi dall’utilizzo per cui in genere le foto sono state prodotte; la foto, infatti, devono vivere di luce propria. La fotografia va vista in primis come oggetto estremamente complesso per ciò che rappresenta e, infine, come documento. Oltre ad essere ammirata, una foto va con attenzione anche letta. Per fare ciò c’è bisogno delle disponibili, non solo della sovrintendenza, ma anche del patrimonio di foto considerate povere, o conosciuta dagli addetti ai lavori come fotografia vernacolare, cioè auto – prodotta in ambito familiare e dai piccoli atelier di provincia. Questi sono – ha concluso Petrosino - degli enormi patrimoni che vanno riscoperti, un giacimento culturale di cui dobbiamo assolutamente riappropriarci”. 

Source: www.irpinia24.it