Processo Why Not – De Magistris: “Cantelmo secretò il nome di Napolitano”

rosario cantelmo

Roma – Nuovi particolari emergono nell’inchiesta che vede coinvolto l’attuale primo cittadino di Napoli, Luigi De Magistris. Durante l’udienza del 9 maggio a Roma del processo Why Not quest’ultimo avrebbe citato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano in riferimento ad una “secretazione” che lo riguardava quando era presidente della Camera.

Stando a quanto emerso Napolitano venne iscritto, vent’anni fa, sul registro degli indagati della Procura di Napoli durante il periodo di Tangentopoli in riferimento all’inchiesta condotta negli anni 1993 e 1994 sulle tangenti per la realizzazione della Metropolitana collinare a Napoli. Un’iscrizione secretata dai pm partenopei che poi disposero l’archiviazione del procedimento non avendo trovato riscontro alle dichiarazioni di un imprenditore. Tra i pm che avrebbero secretato il nome del Capo dello Stato oltre al nome di Nicola Quatrano compare il nome dell’attuale Procuratore della Repubblica, in servizio ad Avellino, Rosario Cantelmo.

A spiegare le motivazioni dell’azione è lo stesso de Magistris che a pag 88 del verbale, riportato da RaiNews si leggerebbe: “Siccome avevo elementi per ritenere collegamenti strettissimi tra gli altri di Pittelli con il procuratore della Repubblica, tanto è vero da fare una società col figlio del procuratore, ritenni di secretare. Atto sicuramente forte, mi sono posto il problema se potessi secretarlo, mi sono anche consultato, c’era stato un precedente alla procura della Repubblica di Napoli dove il mio magistrato affidatario, il dottore Cantelmo oggi procuratore della Repubblica e un altro magistrato oggi componente d’esame, Quatrano, mi dissero che anche loro durante l’inchiesta di Tangentopoli procedettero a secretare un’iscrizione, in particolare quella dell’allora presidente della Camera, Giorgio Napolitano e secretarono per evitare che ci potesse stare una fuga di notizie”.

L’iscrizione di Napolitano avvenne successivamente alle dichiarazioni dell’ingegnere Vincenzo Maria Greco il quale sostenne che erano stati consegnati 200 milioni di lire al ministro Paolo Cirino Pomicino che sarebbero dovuti essere distribuiti ad esponenti di altri partiti, tra cui politici della corrente migliorista del Pds a cui all’epoca faceva capo Giorgio Napolitano. Accuse smentite dallo stesso Pomicino nel corso di un confronto con l’ingegnere Greco. L’assenza di riscontri portò i magistrati, dopo alcuni mesi, all’archiviazione della posizione di Napolitano.