Istituto Amabile – Perlingieri: “la legalità non è fatta di formalismi, ma di contenuti”
Avellino – Si è svolta questa mattina, presso l’Istituto Tecnico Economico Luigi Amabile, una lectio magistralis di Pietro Perlingieri.
Ad accoglierlo il Dirigente Scolastico, Nicolina Silvana Agnes. Presenti anche Fabio Benigni, Presidente dell’ordine degli avvocati di Avellino, e il Prof. Paolo Ricci, docente ordinario di economia aziendale.
Perlingieri, giurista, avvocato, docente universitario, senatore della Repubblica per il Partito Popolare Italiano nella XII legislatura, è nato a Napoli nel 1937, da Giovanni Perlingieri (1906-1972), membro dell’Assemblea Costituente. A soli 28 anni divenne il più giovane rettore d’Italia, guidando l’Università di Camerino. Nel 2010 è stato nominato Professore Emerito di Diritto civile dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. È autore di più di 500 pubblicazioni di diritto civile, teoria dell’interpretazione e delle fonti e diritto costituzionale. Esponente autorevole del personalismo, è considerato il fondatore della dottrina del “diritto civile nella legalità costituzionale”, che ha esercitato notevole influenza sulla riflessione dottrinale e sull’elaborazione giurisprudenziale italiana.
L’avvocato Benigni oggi, introducendo la lectio di Perlingieri dal titolo “La legalità costituzionale”, ha detto: “la diffusione della cultura della legalità deve partire anche dai cittadini perché omettere un comportamento corretto significa commettere un’illegalità”. Poi è intervenuto Ricci, docente presso l’Università degli Studi del Sannio (università che Perlingieri fu tra i primi ad auspicare), che ha affermato: “Questo Paese regge ancora perché regge ancora un po’ la Costituzione. Il problema delle scuole non è solo l’edilizia, ma anche i contenuti. Infatti, la politica, la cultura, l’economia sono le basi della democrazia, basi che non possono trascurare la legalità. Il fine dell’uomo è l’umanità, cioè vivere in mezzo agli altri, però l’economia ha disumanizzato le persone e nella politica è mal interpretato il senso di lungimiranza e di responsabilità”.
Perlingieri, quindi, ha chiarito che la legalità ha bisogno di un aggettivo (come costituzionale), necessita di contenuti, altrimenti non si può regolare la società: “una filosofia della vita, dunque, è necessaria. Il Codice del 1942 trova nell’impresa ispirata alla produttività il centro dell’ordinamento. Prima c’era una legalità di tipo produttivo. Lo Stato napoleonico aveva superiorità sui cittadini, come pure il padre sulla moglie ed i figli. Tutto ciò ci portò alla seconda guerra mondiale e venne così l’epoca del costituzionalismo. Non a caso nel 1948 si ebbe la Carta dei diritti dell’uomo e poi una classe politica nobile portò alla Costituzione italiana. Lo Statuto albertino era una legge ordinaria che affermava la sacralità della proprietà privata. Ma i diritti inviolabili dell’uomo sono fondamentali e la Costituzione repubblicana portò ad uno Stato servente per salvaguardare la dignità della persona umana. Cambiò tutto a cominciare dal diritto civile e penale. Con il Trattato di Roma si parlò di mercato unico europeo (1957): sembrava prevalere la categoria dell’avere sull’essere. Ma l’Europa divenne un organismo che tende a salvaguardare i diritti dell’uomo e non la cultura mercantile. La legalità costituzionale, perciò, è aperta a ciò che viene prodotto fuori del Paese. Si parla oggi di Stato inadempiente: sembra violata la sovranità statale, ma ci sono convenzioni internazionali”.
Poi parlando dell’art.11 della nostra Costituzione che ci dice che possiamo limitare la nostra sovranità per fini pacifici, Perlingieri ha ricordato che Stato e Regioni, secondo la giurisprudenza, devono rispettare sia la Costituzione, sia il diritto comunitario, sia le convenzioni internazionali: “il diritto è cultura, non la legge. E fortunatamente prevalgono sempre più i principi fondamentali, rispetto alle regole. Piero Calamandrei disse agli studenti che l’art.34 è il più importante perché parla della meritocrazia. Bisogna porre la scuola come priorità assoluta perché formare una persona è più importante del formare una buona azienda. Calamandrei segnalò che solo se si realizza la meritocrazia c’è democrazia, se no resta solo la repubblica”.
In più, considerando che spesso la dottrina della giurisprudenza anticipa il legislatore, Perlingieri ha parlato del concetto di inadempienza: “si può parlare di obbligazione tenendo conto dei principi fondamentali della persona (tutela del più debole nei confronti dei furbi). L’ordinamento parla di merito di tutela: non più una concezione individualista, ma solidaristica. Il giudice italiano, dunque, deve essere anche giudice europeo che in un caos di formule deve scegliere quella più adeguata al caso concreto. Infine, la prima parte della costituzione parla di principi, la seconda parla della repubblica e, se necessario, andrebbero riformati tutti e tre insieme i poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario. Baldassare, allievo di Aldo Sandulli, segnalò che i principi della seconda parte della costituzione vanno adeguati alla prima parte, e quindi lo Stato deve essere servente”.
In conclusione Perlingieri ha spiegato: “occorre il dovere inderogabile di solidarietà. Non si può costruire una società solo sui diritti, ma anche sui doveri. La legalità non è fatta di formalismi, ma di contenuti in parte attuati, il resto spetta a noi: adempiendo i nostri doveri e anche partecipando, con il gusto di impegnarsi in politica, non per interessi, ma per passione. Per rivendicare la meritocrazia bisogna anche viverla. Non ho mai accettato raccomandazioni, né le ho mai fatte: per dignità vostra non chiedetela, né fatela mai, altrimenti fondiamo la Repubblica sulla raccomandazione”.