Nasce Forza Campania. Ecco il documento politico

nappi_ruggiero-615x381-464x240Da Forza Italia nasce Forza Campania. Questo il documento politico della costituzione del neonato gruppo:

A distanza di 4 anni dal mandato elettorale che, nel 2010, gli elettori vollero affidarci per cambiare una regione oramai in bancarotta, aggredita da criticità occupazionali, ambientali, sociali ed economiche, crediamo sia giunto il momento di analizzare e valutare la strada fin qui percorsa e stilare un onesto bilancio che contenga le cose buone, che pure ci sono state, ma anche i nodi irrisolti e le zone d’ombra.

Certamente, è stata ereditata una situazione difficile dal punto di vista economico-finanziario, ma la scelta di privilegiare manovre finalizzate solo alla contrazione della spesa e degli investimenti, emulando quella perniciosa filosofia di austerità alla tedesca che spesso si traduce in depressione e povertà piuttosto che “spendingreview”, non ci convince.

E’ mancata, e va detto con rammarico, la capacità di programmazione e di selezione delle priorità. Non c’è ancora stata, insomma, quella svolta coraggiosa che avrebbe avviato una stagione di riforme e di rilancio per la nostra regione.

La circostanza che queste nostre riflessioni arrivino nell’ultimo scorcio di legislatura dimostra la fiducia e la speranza che noi tutti abbiamo riposto nell’Amministrazione regionale fino ad oggi, convinti com’eravamo che, prima o poi, si sarebbe verificato l’auspicato cambio di passo.

Ad oggi, purtroppo, non è stato così.

La stessa presentazione del Bilancio Previsionale 2014, alla cui  votazione non abbiamo partecipato,  ha confermato questo “modus operandi” – fatto di una ingiustificata dilazione dei tempi d’intervento da parte della Giunta regionale e di sostanziale galleggiamento – obbligandoci a prendere una posizione pubblica.

Il Consiglio regionale non è l’organo notarile della Giunta, ma è luogo di confronto per eccellenza oltre che di produzione legislativa. Di fatto, in occasione dell’approvazione del bilancio 2014 è stato espropriato sia  dell’uno che dell’altra. Non abbiamo discusso i contenuti del Bilancio, non siamo stati messi al corrente delle “strategie programmatiche” che lo avrebbero ispirato, ci è stato solo imposto il count-down per la “vidimazione” in commissione e in Aula, ventiquattr’ore prima della fine dell’anno. Alla fine è stato approvato un  Bilancio che manca di prospettive.

La Campania è una delle regioni a più alto rischio ambientale d’Europa, e non solo per la terribile piaga della Terra dei fuochi. È un’area sofferente che deve essere tutelata e protetta. Per la difesa del suolo e il recupero ambientale sono stati previsti appena 22 milioni di euro, soltanto due dei quali destinati a investimenti. È troppo poco. Così come non condividiamo la scelta di destinare appena 3 milioni all’ordine pubblico e alla sicurezza; solo 10 milioni al turismo (ma non dovrebbe essere la marcia in più della nostra regione?); e addirittura 2 soltanto allo sviluppo economico e al potenziamento della competitività delle nostre imprese. E poi  25 milioni per diritti sociali, politiche sociali e assistenza alle famiglie possono davvero far fronte alle piaghe della povertà, della disoccupazione e del precariato che stanno divorando il futuro della nostra comunità? Ecco, non abbiamo partecipato alla votazione sul Bilancio per queste evidenti incongruenze che diventano ancor più drammatiche se confrontate, ad esempio, con i 16 milioni dei fondi Pac previsti per il “fallimentare progetto” del Forum delle Culture del sindaco di Napoli Luigi de Magistris. E i termini di paragone potrebbero essere anche più numerosi.

A questo punto speriamo solo che queste “scatole” di risorse siano poi effettivamente riempite di programmi e di contenuti e di iniziative meritevoli quando arriverà il momento di distribuirle.

 

Siamo convinti sostenitori del primato della politica,  che sia però una politica esercitata da chi ha diretto e quotidiano rapporto con il territorio e che sappia interpretare, anche alla luce della propria sensibilità, le esigenze e le istanze delle comunità rappresentate.

Il tempo di rodaggio dell’Amministrazione regionale è terminato, così com’è giunta a conclusione, a nostro avviso, l’esperienza della Giunta tecnica. È necessario offrire ai consiglieri regionali, che è bene ricordare si sono confrontati sul campo, raccogliendo decine di migliaia di preferenze personali, la possibilità di mettersi al servizio dei bisogni dei cittadini e diventare finalmente protagonisti, anche se per poco più di un anno, di meccanismi decisionali e di scelte operative che, fino ad oggi, ci sono stati negati.

Non si può più tollerare che il Consiglio venga bypassato sistematicamente e ridotto a semplice organo consultivo (nella migliore delle ipotesi). E quanto accaduto, a inizio anno, con l’approvazione nel collegato alla finanziaria, da parte della Giunta, di due proposte di legge sugli accorpamenti degli Iacp e delle Adisu, argomenti già al centro di discussioni nelle Commissioni I e IV, è testimonianza della scarsa considerazione di cui soffre la massima Assise elettiva territoriale.

Il Consiglio Regionale è oggi associato, ingiustamente, da una parte non minoritaria dell’opinione pubblica, all’idea di un centro di spesa incontrollato dove regnano sperperi, consulenze e benefit da mille e una notte su cui sono state aperte anche inchieste della magistratura (riferite, però, solo a questi ultimi due anni e non, come pure ci si aspetterebbe, alle precedenti gestioni). Non è vero: siamo una regione virtuosa. Ben prima degli obblighi imposti dal Governo centrale, il Consiglio della Campania ha varato tagli assai robusti a stipendi e accessori di cui oggi nessuno si ricorda. Anche su quest’aspetto la politica dovrebbe provare uno scatto d’orgoglio e rispondere a queste mistificazioni con l’unico strumento che ha a disposizione: il buon governo. L’arte di coltivare l’interesse comune e la res publica.

Per questi motivi, nel tempo in cui la Casta e la sua autoreferenzialità sono tramortite dai colpi dell’antipolitica e del populismo grillino anche e soprattutto per la incapacità a trovare risposte efficaci alle esigenze delle comunità amministrate, mettere in discussione il Governo regionale, da componenti della maggioranza, non è un semplice malinteso, come qualcuno ha cercato di minimizzare, ma un atto politico forte e pienamente consapevole su cui bisogna aprire immediatamente una approfondita riflessione.

Non bisogna minimizzare o far finta di non vedere il malcontento che vive l’elettorato di centrodestra a quattro anni dall’insediamento dell’Amministrazione Caldoro; a cui, è vero, come detto, bisogna riconoscere l’attenuante dei danni ereditati dalla precedente, dissennata, gestione ma senza per questo sollevarla dalle responsabilità che l’hanno caratterizzata fino a questo momento. A legislatura quasi conclusa, non si può ancora chiedere pazienza perché i guai sono tanti.

Una cosa deve essere comunque chiara: nessuno di noi è interessato alle poltrone o alle strategie politiche e, ancor meno, al manuale Cencelli. Il tema di fondo è uno solo: chi vorrà ricandidarsi, al prossimo giro, mettendoci la faccia, che cosa dirà di aver portato, come crescita, al territorio? Nulla, purtroppo. E questa, secondo noi, non è la politica per cui ci siamo – tutti – impegnati in prima persona. Noi consiglieri regionali dobbiamo rispondere del mandato affidatoci dai nostri elettori. Un mandato che è al tempo stesso idea, passione, progetto e visione politica da mettere in pratica e non solo da annunciare.

La nostra naturale allocazione è nell’area moderata perché ci riconosciamo nella visione politica di democrazia liberale del Presidente Silvio Berlusconi, ma tale posizione non ci impedisce di avviare una riflessione, traendone le opportune conseguenze, sul profilo programmatico che ha caratterizzato finora l’attività e, in tanti casi, l’inattività dell’Amministrazione regionale.

Restiamo, certamente, all’interno del centrodestra e assicuriamo il sostegno a questa maggioranza e al suo Presidente, ma siamo convinti che vada instaurato un processo dialettico all’interno della stessa coalizione di Governo che funga da pungolo e sollecitazione laddove le esigenze lo richiedano.

D’altronde, il modello comportamentale scelto dal Presidente Caldoro, per tenere i rapporti con il Parlamento regionale non ci convince. Il Governatore ha scelto specifici punti di riferimento, con i quali interfacciarsi, piuttosto che creare momenti e punti di aggregazione con i gruppi e, quindi, con i consiglieri che sono e restano l’anima dell’Amministrazione regionale.

E si sgombri il campo da dietrologie e letture postume per evitare che questo nuovo spirito critico, che caratterizzerà la nostra attività politica, venga strumentalmente collegato alla scelta del nuovo coordinatore regionale, al quale auguriamo buon lavoro. Valuteremo, con rinnovata attenzione, tutti gli atti e le manovre dell’Amministrazione regionale decidendo, di volta in volta, quei provvedimenti meritevoli che, a nostro avviso, saranno rispondenti ai nostri principi guida.

Proporremo, altresì, proposte e soluzioni alternative cercando di allargare l’offerta politica e legislativa attuale.

Fin d’ora assicuriamo che la nostra posizione sarà sempre costruttiva e mai distruttiva, ma rivendichiamo il diritto, in assoluta libertà di coscienza, di non adeguarci al “pensiero unico”. Sarà un utile esercizio politico e di democrazia, considerato anche che l’opposizione di centrosinistra ormai è quasi del tutto scomparsa in Consiglio.

In ragione di quanto sopra si costituisce in seno al Consiglio Regionale  il gruppo Forza Campania a cui aderiscono  Antonia Ruggiero, Luciana Scalzi, Paola Raia, Mafalda Amente, Massimo Ianniciello, Sergio Nappi, Pasquale Giacobbe e Carlo Aveta con il partito La Destra, a sostegno sempre dei valori e principi del presidente Berlusconi. Seguirà il giorno 13 gennaio 2013 una conferenza stampa per comunicare il nome del Presidente del neo costituito gruppo Consiliare.