Decreto Legge ” Destinazione Italia ” – le preoccupazioni dei carrozzieri

onofrioAvellino – La Cna di Avellino ha incontrato stamattina il senatore Cosimo Sibilia e gli onorevoli Giuseppe De Mita, Giancarlo Giordano, Valentina Paris e Carlo Sibilia per esprimere le preoccupazioni dei carrozzieri irpini a seguito della adozione, da parte del governo, del decreto legge “destinazione Italia” nella parte in cui procede al riassetto in materia di assicurazione RC Auto.

“L’insieme di novità normative che ivi si introducono – ha sottolineato ai presenti il responsabile Onofrio Catalano –  vengono presentate come un intervento necessario, teso a calmierare i costi del comparto, anzi producendo da subito, all’atto stesso della loro entrata in vigore, dei vantaggi economici a favore dell’utente attraverso uno sconto significativo sul costo della polizza.

Sembra una misura che nella sua semplicità e concretezza consegue un risultato auspicato da tutti, quello di abbassare gli esosi costi di polizza a tutto vantaggio dell’utente, attraverso un provvedimento dettato dal solo buon senso.

Ed è così che la lobby delle assicurazioni presenterà la novità: la prova di un impegno tangibile delle compagnie per dare un taglio ai costi con vantaggi effettivi, immediati per il consumatore.

Peccato che non sia così: il risarcimento in forma specifica, così come introdotto dal decreto, è assolutamente irrilevante rispetto alla eliminazione della differenza di costo della RCA Auto, rispetto agli altri Paesi europei, e scarica i suoi effetti negativi dirompenti non solo su chi tale taglio è chiamato a subire, le officine di auto-riparazione, ma anche sull’utente, sotto forma di riduzione della sicurezza del veicolo riparato.

Infine introduce un terzo devastante effetto, quello di costruire un polo unico dell’autoriparazione, un vero e proprio monopolio con il controllo anche del mercato dei pezzi di ricambio, le cui conseguenze a lungo termine sono facili da immaginare.

Il meccanismo è semplice: all’utente viene proposto un risparmio sulla polizza immediato e tangibile. L’apparente libertà di scelta (accettare o rifiutare il nuovo tipo di contratto) è fasulla: in una condizione di gravi difficoltà economiche il risparmio offerto è allettante e saranno solo “mosche bianche” coloro che si sottrarranno all’allettamento ed è difficile per noi una campagna di orientamento capace di far capire le conseguenze.

Già oggi, dietro le quinte di una normativa ancora non definitivamente approvata, è partita una contrattazione dura delle assicurazioni con gli autoriparatori. Siamo al ricatto: tagli della remunerazione del lavoro dell’autoriparatore dal 30% al 50%; ed una selezione discriminatoria delle officine. Saranno costrette a chiudere migliaia e migliaia di officine.

Se l’artigiano non vorrà chiudere la sua officina, sarà costretto a recuperare margini cercandoli nelle modalità di esecuzione dei lavori: minore accuratezza; raffazzonamento, a tutto scapito non tanto del risultato estetico finale, ma della qualità della riparazione; a tutto scapito della sicurezza.

Si tratta di una ristrutturazione selvaggia. La fa il mercato? il libero gioco della concorrenza? Se così fosse sarebbe inevitabile. Noi non intendiamo difendere l’indifendibile. Una ristrutturazione a misura dell’utenza diffusa, a misura dell’automobilista che sceglie assieme prezzo e qualità del lavoro che gli viene offerto, la riteniamo inevitabile e salutare. Una ristrutturazione alle condizioni di un soggetto monopolista, di una committenza monopolista che detta le condizioni unicamente per il proprio tornaconto, la riteniamo mortale.

Qui, da noi, la crisi industriale ha lasciato per strada migliaia di operai, molti dei quali del settore dell’auto.

Senza lavoro, senza prospettive, con una cassa integrazione che non copre le esigenze familiari, molti di loro sono tornati alle primitive occupazioni. Tanti garage sono diventati officine improvvisate dove operatori “in nero” si barcamenano a sbarcare il lunario. Alle difficoltà già esistenti si è aggiunta quella della concorrenza sleale di chi non paga tasse, né contributi previdenziali.

Tante officine in regola hanno già chiuso o si sono inabissate nell’illegalità. Oggi noi paventiamo il pericolo che, di fronte alle condizioni capestro delle assicurazioni, chi sarà costretto a convenzionarsi avrà la necessità di quadrare i conti e sarà tentato di farlo proprio utilizzando in parte canali di questo tipo che già esistono, di rivolgersi a lavoratori che non saranno assunti regolarmente, né assicurati: un bel contributo all’irregolarità ed alla precarietà!

Il rischio è che, di fronte a provvedimenti come quello di cui stiamo discutendo, la sua valenza nazionale faccia perdere di vista che il Paese è sommatoria di tanti territori più piccoli.

Il rischio è che si ragioni su macro-cifre, perdendo di vista che se in Italia chiuderanno 5-7000 officine, di queste molte decine saranno nostre, con altre centinaia di lavoratori che non hanno mai chiesto aiuti pubblici, ma che, a causa di provvedimenti legislativi i cui effetti sono stati male intesi, si troveranno per strada.

Poiché tocca al Parlamento la parola finale, abbiamo voluto esternarvi le nostre preoccupazioni; abbiamo voluto chiedervi di guardare anche queste carte, con la massima attenzione; di non fermarvi alla loro apparente coerenza ed affidarne l’esito ai cosiddetti esperti.”