In memoria del sisma del 1980, la nota di Tony Lucido

terremoto 1980Avellino - Oggi parlare del terremoto, per alcuni, sembra dover far ricorso all’archeologia della memoria, ma non é così, oggi come allora é forte ed indistruttibile il ricordo di tutte le vittime del sisma, ogni nome, ogni volto, tante piccole grandi storie, la vita stessa dei nostri paesi, delle nostre comunità, sono parte integrante di tanti di noi.

La storia di come eravamo prima, di ciò che siamo diventati dopo, di ciò che saremmo voluti divenire, il dolore e la tragedia, i morti ed i feriti, l’emergenza e le testimonianze di tanti, dei volontari in modo particolare, appartengono ai nostri cuori. Sono i ricordi più cari, sono la tristezza di un passato, ma anche la voglia di un domani migliore! Ricordo per tutti, oltre ai miei familiari scomparsi,Zia Maria,Zia Rita,Zia Enza,Zio Ernesto,Zio Franco,il piccolo Luigi,le le sorelle di mia cognata Adriana,Wilma Fabiano con il fidanzato Alfonso, ecc.ecc. inconsapevoli eroi di grandi silenziosi gesta, Don Bruno Mariani, Don Michele Di Milia, Don Ruggero Mastrilli, Il Capitano dei Carabinieri Tonino Pecora,Il Sindaco Guglielmo Castellano,I bambini nati da poco all’Ospedale, fra i tanti il piccolo Montemarano, nato il mattino del 23, i dott Luigi Loro, Arbucci, Scalzullo, altri Medici, Infermieri Strazza, Toglia, Nicoletta, Giammarino, pazienti e familiari, le 25 “orfanelle” e le suore di Santa Maria, tra le tante ragazze Tina De Vito, che pur ormai adulta, aveva voluto far ritorno all’Istituto per aiutare altre ragazze, Alba Maggio, praticamente una vita vissuta sin dai primi giorni in orfanotrofio, le sorelle Lucio travate abbracciate e così sepolte, Biancamaria Fonso e tante altre.

Ricordo le famiglie totalmente scomparse addirittura anagraficamente come quella del farmacista D’Anna, dell’Agente di custodia Forgetta, del geom Cafaro, ecc.ecc. Un pensiero va ai ragazzi scomparsi, che da poco mi avevano salutato alla Radio Libera RAID: Luigi Martinelli e Felice Cetta. Il mio caro ricordo ai giovani che con me condivisero i tragici momenti del terremoto che, abbracciandoli forte, incitavo a stare uniti, stretti, vicino a me sperando di salvarli tutti: Assunta e Silvana Fasano, Marilena Tresca, Gerardo Pizzirusso,Carmine Masullo,Antonio Vettese,Daniela Minicucci,che in quegli attimi perdeva il papà Luigino, la mamma Amina, e due fratelli Raffaele e Luca,ed ancora Annabella Donadio e tanti altri,..poi l’abbraccio con Michele Vespasiano che disperato per l’incerto destino dei suoi, rientrava dalla piazza De Sanctis parlandomi di una sorta di ‘Apocalisse incombente.

Gerardo Chiusano che, giocando, era finito sotto una ruota di un camion parcheggiato in piazza Unberto I, tratto in salvo velocemente con l’aiuto di diverse persone, tra i tanti che intervennero Italo Imbriano. Riecheggiano nella mia mente le invocazioni di aiuto del carabiniere Gallotta, sepolto con tutta la sua famiglia sotto le pesanti macerie. La certezza della morte di Pinuccio Alloro,vigile comunale, con i suoi familiari che con il padre Agostino tentammo di estrarre dalle macerie. Ricordo ancora la corsa verso casa, verso le palazzine in via Criscuoli, l’ansia per i miei familiari, mia sorella Anna era salva ma i miei genitori stavano a Napoli, mio fratello Gabriele era tenente dell’esercito di stanza ad Avellino, erano salvi? tanta l’angoscia di sapere come e dove stavano.

Tutto il mio impegno nel trarre in salvo Natalino Verderosa dalle scale completamente spaccate del suo palazzo pericolante, e poi l’abbraccio con Franco Mocella e la sua famiglia. La corsa disperata verso la casa di mio fratello Vincenzo e della sua famiglia, arricchita da poco della nascita del piccolo Francesco, il dramma della casa di mio zio Ernesto sotto le macerie con zia Antonietta ed il piccolo nipote Marco Marandino, salvato da un meraviglioso estremo gesto d’amore del nonno. Ero lì a scavare con i cugini, e poi alzando lo sguardo verso il palazzo Japicca scopro la luna al suo posto.

E allora, con il cuore che scoppiava dalla disperazione, riprendo la corsa verso la casa di mio fratello, lungo questo tratto scorgo i morti sotto le balconate del palazzo Iapicca ridotto ad un sandwich, le invocazioni d’aiuto della Signora Maria che trovai incastrata tra i pilastri, la quale mi invitò a cercare il marito, il dott. Ettore Criscuoli, ma purtroppo lo trovai già morto. Mons. Chiusano che, con una lampada a neon, mi chiese di accompagnarlo nel dare le estreme unzioni, ma quasi subito lo lasciai per soccorrere chi aveva bisogno di aiuto. Un rapido giro di ricognizione dei familiari. L’incontro con Erio Matteo e Tonino Palumbo in piazza Umberto I, con il Vescovo Miglietta con i seminaristi e con don Armando impaurito, poi la ricerca di Don Bruno.

Il corpo di don Bruno fu estratto dalle macerie la sera di mercoledì, l’indomani con Franco Mocella ed il fratello Alfonso lo trasportammo a Morra de Sanctis dopo una serie di vicissitudini con vigili e militari che presidiaviano il cimitero, proteggendo da sciacalli e ladri,i quali rubavano addirittura i beni dai cadaveri. Dovetti farmi autorizzare dal Procuratore Franzì, su un foglio volante per il trasporto. Ricordo anche ragazzi generosi e dinamici,tra i tanti Vincenzo formato, che nel tentativo di salvare il padre Beniamino, liberò diverse persone da morte certa per soffocamento.

Poi incontri, abbracci con i sopravvissuti, la disperazione per quanti scoprivamo deceduti, e lacrime per il mio paese, per la mia terra che era stata violentata e distrutta, tantissimi sono i volti ed i nomi che mi passano per la mente mamme, papà, che tiravano su le famiglie con tanta speranza, bambini che si affacciavano al mondo, nonni speranzosi per i nipoti per un futuro di pace e di prosperità, innamorati che sognavano un futuro comune, sportivi entusiasti per la squadra dell’Avellino, contadini fiduciosi della semina per un raccolto mai visto, quanti aspettavano il Natale per il ritorno dei familiari emigrati, quanti hanno provato ogni speranza spezzata via, a quanti hanno con grida invocato aiuto, a quanti dall’apertura dell’ Ospedale vedevano sorgere una nuova prospettiva di qualità della vita, quanti vedevano anche nella politica e nell’impegno delle nuove generazioni un nuovo potenziale di crescita di Sant’Angelo come centro di riferimento e di servizi, quanti si erano formati e vivevano l’esperienza de “il dialogo”, con la sua emittente libera Radio RAID, il giornale, il circolo e le molteplici attività, insomma a tutti il mio caro, affettuoso, vivo, commosso ricordo!

Un caro grato pensiero va a quanti, in ogni modo e con ogni mezzo, hanno espresso solidarietà, generosità,sostegno e vicinanza ai superstiti del sisma del 23 novembre 1980.Vigili del Fuoco, Esercito,da queste parti ancora più presente per opera del Gen. Repole, Polizia, Carabinieri, Volontari cattolici, Caritas, Sacerdoti, Laici, Sindacati, lavoratori e gente generosa e disponibile, grazie a tutti! Non si può dimenticare anche la presenza di strutture regionali di assistenza giunte grazie a Mario Sena, Assessore Regionale alla Sanità in quel tempo. Ricordo alcuni giorni dopo quando don Armando Venezia, impaurito dal sisma non volle attraversare il soccorpo per entrare in Cattedrale e mi invitò a prelevare dal Tabernacolo dell’ Altare Maggiore, coperto di macerie, la Pisside con le ostie benedette/consacrate dal caro don Bruno domenica sera, che emozione; Don Armando poi quando venne riaperta al culto la Cattedrale, con un significativo gesto, insieme a Mons. Nunnari, senza dare spiegazioni, volle che io portassi, per un certo tratto nella Cattedrale la pisside che ritornava al suo Tabernacolo.

Ma questa é un’altra storia, come tra le tante che, non vengono celebrate, come il grande generoso infaticabile impegno di un giovane Tenente dell’Esercito Italiano Gabriele Lucido, impegnato senza sosta nei soccorsi, nella gestione dell’emergenza, nell’assistenza, dando senza risparmio, tutto se stesso, coordinando i soldati a lui assegnati, ma sempre sacrificandosi in prima persona. Ricordo quando con i giovani della radio salvammo la pregevole statua di Gesù morto, dell’Addolorata, e “l’Ecce Omo” dalla distruzione ad opera dei tedeschi della Chiesa di San Nicola. Nel cuore c’è una speranza: che le promesse di solidarietà, di laborioso impegno tra i cittadini dei nostri amati paesi possano prevalere sulla storica faziosità, settarietà, litigiosità ed individualismo proprio di questa nostra terra e un sussulto nuovo di pace, di impegno, di attaccamento alla nostra Comunità possa aiutare tutti a riscoprire nuovo senso di appartenenza e nuovo protagonismo della gente d’Irpinia e di Sant’Angelo dei Lombardi.

Solo in questo modo, credo, possiamo onorare i morti e ricordare la nostra storia! Con il cuore gonfio di emozioni, con i ricordi che si affollano nella mente, con struggente nostalgia, il mio ricordo va a quanti oggi non ci sono più: vi voglio tutti bene e vi porto nel cuore, ora come allora!