Riassetto A.T.O., Filctem-Cgil propone: “per un’efficiente gestione del servizio idrico è necessario un A.T.O. regionale campano”

FILCTEMCGILL’approvazione del Disegno di Legge Regionale per il Riordino del Servizio Idrico Integrato, recentemente pubblicato sul B.U.R. della Regione Campania, ha riportato al centro dell’attenzione politica e “mediatica” il problema della gestione delle acque in Irpinia.

Dopo aver parlato delle criticità connesse al trasferimento ad altre regioni, e mai ad altre province, di una risorsa essenziale, quale è sicuramente l’acqua, oppure della necessità di proteggere le falde sotterranee da potenziali inquinamenti derivanti dalle più disparate attività umane civili ed industriali (dalla gestione del ciclo dei rifiuti alla ricerca di combustibili fossili, ad aziende altamente inquinanti tanto per intenderci), ci troviamo oggi a commentare e contrastare, una proposta di “riordino” del Servizio Idrico Integrato che, a nostro avviso avrebbe effetti ancora più pericolosi rispetto a quelli discussi ed affrontati in passato.

L’acqua potabile è un bene “finito”, cioè che si esaurisce, e le acque quindi non possano essere considerate come una risorsa “facilmente” rinnovabile, questo deve essere chiaro a tutti cittadini e “governanti”, il pianeta Terra non potrà sempre dare la stessa disponibilità idrica.

Sappiamo  bene che le problematiche legate all’inquinamento  possono deteriorare la qualità delle acque disponibili per il consumo umano fino a renderle inutilizzabili, così come pure che i cambiamenti climatici, anch’essi conseguenti a forme di inquinamento, determinano scompensi nella distribuzione della risorsa, con conseguenti rischi di desertificazione di aree geografiche che, solo fino a qualche decennio fa, non venivano associate a tale tipo di problematica.

Per questi motivi, la gestione delle acque partendo da territori ricchi di questo bene, come l’Irpinia, così come quella di altre risorse non rinnovabili, deve seguire una rigorosa programmazione finalizzata a garantirne il mantenimento e la possibilità di utilizzo anche da parte delle generazioni future e, proprio in virtù delle peculiari caratteristiche delle acque (soprattutto se destinate al consumo umano), è necessario che la stessa programmazione non possa prescindere da una politica di tutela ambientale che investa anche tutti gli altri settori strettamente connessi alla protezione delle risorse idriche sotterranee, le falde.

Le gestione del Servizio Idrico Integrato in ambito regionale, quindi, rappresenta solo un aspetto del problema: non a caso, infatti, con il nuovo Codice Ambientale (D.Lgs. 152/2006) sono state introdotte le Autorità di Bacino Distrettuali, con l’obiettivo di ampliare l’oggetto della pianificazione, dal momento che le caratteristiche fisiche ed idrogeologiche dei territori non coincidono, nella stragrande maggioranza dei casi, con i limiti amministrativi degli stessi.

Ma, purtroppo, da una prima analisi del disegno di legge regionale, non sembra che questi concetti siano stati recepiti dalla Giunta Regionale; infatti i limiti dei tre nuovi A.T.O. continuano a “ricalcare” i limiti provinciali (in un caso accorpando tre provincie), sebbene siano presenti talune eccezioni che, comunque, non ci convincono in quanto “utili” ad un ragionamento politico di messa in sicurezza di aree densamente abitate e accorpando aree con gravi problemi di inquinamento accertato delle falde a territori demograficamente deboli, con falde seppur super sfruttate “ancora” .

Questo è l’accorpamento in un unico A.T.O. di Avellino, Benevento, Caserta, soluzione che comporterà la necessità di individuare dei “sottoambiti omogenei”, con ulteriori costi e problemi burocratico-istituzionali.

Con riferimento alla Provincia di Avellino, infatti, sembra eclatante il fatto che non sia stata adeguatamente valutata la presenza di infrastrutture acquedottistiche esistenti,  se si pensa che le principali fonti di approvvigionamento dell’Acquedotto Pugliese (cioè le sorgenti di Cassano Irpino e Caposele) o dell’ex Arin (Napoli) o della depurazione come l’agglomerato del Distretto della Concia verranno a trovarsi in ATO differenti. In definitiva i Comuni ricadenti in un’unica fisiografica o idrogeologica vengono ad essere assegnati a differenti A.T.O. Con aggravi di costi e difficoltà amministrative.

Riteniamo a questo punto, e proponiamo, che deve esser data:1) concreta attuazione all’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale, a cui affidare la pianificazione  generale per l’utilizzazione della principali risorse idriche nonché delle principali opere infrastrutturali (soprattutto quelle di rilevanza interregionale), di individuare le principali criticità ambientali da affrontare; 2) creare un A.T.O. Regionale campano, capace di operare una programmazione a scala regionale, e di proporre una divisione del territorio in aree omogenee, in cui organizzare una efficiente gestione operativa del Servizio Idrico Integrato;

Queste proposte, se attuate, possono tutelare l’Ambiente dei Territori in cui insistono sorgenti e falde di Acqua potabile, capaci di programmare vere azioni di manutenzione e gestione infrastrutturale delle reti e degli impianti (sia potabili che depurativi-fognari) evitando aumenti di costi in bolletta, o travaso di risorse, per il ristoro da accordo di programma, ad altre aree territoriali, per l’utilizzo delle sorgenti e falde di Acqua Potabile, come accadrebbe invece con questo piano di riorganizzazione (disorganizzazione) che è quindi meramente utilitaristico per alcuni politici e non determinante per azioni e programmazioni virtuose del Bene Acqua.