L’intervento – Urge una destra più coerente
Essere di Destra significa accettare prima di tutto l’idea di condividere un’etica pubblica e sociale; si tratta non di una scelta, ma di una vocazione, di un modo di essere alla base del quale ci sono valori il cui rispetto impone sacrifici e che, a volte, attira insulti e pregiudizi.
Essere di destra significa credere in una comunità legata da vincoli di spirito piuttosto che da meri interessi materiali; significa perseguire un modello di società di valori, di solidarietà, di partecipazione di impegno responsabile piuttosto che un sistema impregnato da logiche utilitaristiche ed opportunistiche.
Essere di destra significa, quindi, sforzarsi di rendere vivi, anche nella vita amministrativa, i detti principi, pur nella consapevolezza della differenza esistente tra il mondo delle idee e quello delle cose, con la convinzione, però, che le cose partecipano delle idee.
Le elezioni avellinesi hanno dato il riscontro che personalmente temevo. La crisi della pseudo Destra irpina, il dileguamento di quell’entusiasmo che prima si percepiva, sostituito solo da tanta delusione in chi realmente ha creduto, giorno per giorno, di poter contribuire all’ammodernamento delle logiche amministrative, da ispirare al concetto di servizio sgombero da quei condizionamento che, purtroppo, da troppi anni asfissiano la città.
Gli elettori non hanno gradito i passi falsi più volte commessi nell’amministrazione di questa città, per cui non hanno accettato un messaggio che, piuttosto che esprimere un’idea di cambiamento, viceversa ha trasmesso l’opposta idea della conservazione di un sistema non tollerato.
Né ha giovato il proliferare di liste e di candidati che hanno contribuito a rendere più confuso il quadro politico e, di fatto, hanno impedito un ragionamento ed una proposta politico-amministrativa, offuscata dal prevalere di scelte parentali o vicinali.
L’errore commesso dalla destra irpina, che pure ha messo in campo buone risorse, è stato quello di lasciare, paradossalmente, ad altri il compito di farsi paladini di un “rinnovamento” che, peraltro, di fatto appare quanto mai gattopardesco.
E’ stato stucchevole osservare gli esercizi dialettici, nemmeno tanto forbiti, di tutti i candidati alla carica apicale, tesi a sforzarsi di farsi portatori di novità, laddove, al contrario, espressione della gestione vuoi quarantennale, vuoi decennale, della vita amministrativa cittadina.
Eppure la destra irpina, piuttosto che cogliere l’occasione di farsi interprete di un messaggio coerente con le proprie battaglie e col proprio bagaglio di cultura sopra descritta, si è a sua volta appiattita su posizioni, come detto, di conservazione svilendo, così, la sua missione e tradendo, quindi, le aspettative e gli entusiasmi.
Né è il caso di abbandonarsi al pessimismo che nasce dall’osservazione della natura umana e delle dinamiche consequenziali e fatalmente ripetitive.
Da ogni sconfitta bisogna, viceversa, trarre la forza e l’intelligenza di far tesoro degli errori per rimuoverne gli effetti; ma ciò presuppone una visione meno esclusiva della gestione e più aperta al confronto ed all’apporto, meno ripiegata su se stessa e più disponibile al dialogo e, soprattutto, più coerente.
di Michelangelo Freda