Comunali Avellino, Arace: “Il Pd e la città: un gesto d’amore”

nadia arace“Cominciare un percorso nuovo, andare in mare aperto, avere il coraggio di rinnovare pure a mani nude. In una straordinaria primavera democratica. Questo significa per me vivere un tempo nuovo, un tempo veloce, un tempo di cambiamento che merita risposte coraggiose, un linguaggio nuovo eppure tessuto di parole semplici, essenziali, ma dense di senso”. E’ quanto afferma, in una nota, Nadia Arace in corsa alle Primarie in città per la scelta del candidato sindaco.

“E’ questo il Partito Democratico che si incrocia con le istanze del mondo moderno, ne accoglie le sfide, lanciando il cuore oltre l’ostacolo. E non è solo una sfida che trova il suo terreno nello scontro generazionale, seppure è espressione di un punto di vista che pianta il suo centro negli occhi di una giovane donna che ha scelto di non partire da questa provincia, ma di costruire qui il futuro, di ricucire i fili di un dialogo interrotto con la comunità, di operare affinché si costruisca una nuova umanità. E’ una sfida che chiama in questo viaggio tutte le forze migliori, le intelligenze, le esperienze di una vecchia generazione a cui chiedo non di fare un passo indietro, ma di fare un passo di lato, in un patto di solidarietà intergenerazionale. Non sono sola in questo viaggio, con me c’è Carmine, Nicola, Daniela, Luca, Gaetano, mamme in attesa e giovani precari, madri e padri che non vogliono che i loro figli vadano via da Avellino nella speranza di un lavoro. Siamo consapevoli che si reagisce alle urgenze dell’oggi e si disegna l’orizzonte del domani attraverso la messa in rete di idee, entusiasmi, di passione, insieme a parole come merito, competenze, professionalità. Ci rivolgiamo ai delusi, a chi oggi è più stanco di ieri, non vogliamo solo rispondere e in troppi casi risvegliare le loro attese di rinnovamento, vogliamo costruire un nuovo orizzonte per Avellino. Si esce fuori dal precariato esistenziale, dalle vecchie e nuove povertà, dalle solitudini se siamo in grado di trovare una risposta collettiva, se creiamo soluzioni comuni e condivise a problemi complessi, se parliamo di sviluppo e non solo di crescita, se parliamo di coesione territoriale, economica e sociale e non di interventi assistenzialistici, se parliamo di programmazione della dimensione urbana condivisa e partecipata, attivando una governance multilivello, che è cooperazione orizzontale tra gli attori locali e sussidiarietà verticale, se reagiamo all’esclusione sociale che assegna all’anziano una condizione di marginalità parlando invece di invecchiamento attivo e di silver economy. Se costruiamo una città europea, che non si limiti soltanto ad utilizzarne le opportunità finanziarie, ma che faccia sistema con i principi dell’Agenda 2020, in termini di crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Se costruiamo un’Avellino dei diritti, un’Avellino più aperta, e democratica in cui ogni pezzo di mondo sia parte attiva e solidale di un cambiamento che è già in corso. I tempi ci chiamano a entrare a gamba tesa su questioni che meritano dignità di risposte politiche, penso all’Isochimica e al dramma delle vittime dell’amianto, alla disperazione delle loro famiglie, al bisogno di giustizia e di memoria, ad un sito mortificato da una fabbrica killer che a distanza di 25 anni resta ancora da bonificare. Penso alla mediocrità dell’offerta sociale e all’urgenza di programmare un piano di Politiche Sociali che siano attive e non solo assistenzialistiche. Quanto è più produttivo investire in Politiche attive per il Lavoro, fatte di orientamento all’imprenditoria giovanile, attraverso uno sportello municipale che offra assistenza giuridica e fiscale, counseling e pianificazione del progetto imprenditoriale per chi decide di aprire una attività. Immagino per questo una riorganizzazione della Pubblica Amministrazione, che metta a sistema le risorse umane che vi lavorano rendendole parte attiva del cambiamento, ridisegni i settori nel segno dell’efficienza, operi con trasparenza perché prima di ogni altro risponde al cittadino, ed è chiamata ad accoglierlo con maggiore umanità. Immagino un’Avellino che torni ad essere capoluogo di provincia, che torni ad esercitare il suo ruolo di guida dei 119 comuni, governando un protagonismo irpino coesivo su battaglie comuni, come la mobilità su ferro, la sanità, i rifiuti. E credo che non si parli davvero di talenti, dei tanti cervelli in fuga, costretti ad abbandonare la propria terra per cercare altrove ciò che qui non c’è. E mi rivolgo soprattutto ai genitori di quei talenti, che hanno tirato su i propri figli crescendoli allo studio e al sacrificio per poi vederli allontanare, probabilmente per sempre. Infine immagino Avellino città della Cultura e dei servizi alla cultura, capace di coglierla come opportunità di sviluppo. Valorizzare e mettere in rete le eccellenze che il territorio offre, come il Guido Dorso e il Victor Hugo. Ci sono esperienze di successo che testimoniano che quando una generazione giovane si mette alla prova, è in grado di dare risposte e di convertire in segno positivo la Cultura. E penso ancora a idee ambiziose che vedano Avellino dotarsi finalmente di una Università, quella del Cinema, da collocare all’Ex Gil mettendo a valore il lavoro e il supporto delle associazioni cinematografiche da tempo impegnate nella battaglia per la restituzione dell’opera alla città. E immagino una città che faccia del ritorno dei suo migranti, magari delle seconde e terze generazioni, una nuova occasione di sviluppo, declinando il tema del turismo sentimentale e delle radici attraverso un piano che contempli un archivio della memoria insieme alla promozione del territorio, delle sue identità e dei suoi mille paesaggi. Immagino un nuovo spazio urbano, sostenibile, che ponga le periferie al centro, riconvertendo il patrimonio esistente nel segno del risparmio energetico e idrico in linea armonica con spazi verdi partecipati, secondo la formula degli orti-giardino capaci di fare comunità.Tutto questo è il senso del mio impegno. Un atto d’amore per Avellino, un atto d’amore per gli invisibili di questa città!”, conclude Arace.