Camorra: distributori carburante sequestrati anche in Irpinia

Sicurezza del mercato - La tutela del mercato dei prodotti energetici

Due società riconducibili all’ imprenditore di Marcianise Vincenzo Salzillo, ritenuto vicino a clan camorristici del casertano, sono stati sequestrati dal Gico della Guardia di Finanza di Napoli. Alle due società fanno capo 13 distributori di carburanti ubicati nelle province di Benevento, Avellino, Frosinone, Campobasso ed Ancona.

Salzillo era proprietario della catena di distributori ‘Ewa’, confiscati nel giugno del 2012. Il sequestro è stato disposto su richiesta della Dda di Napoli dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sezione misure di prevenzione – che lo scorso anno aveva applicato a Salzillo anche la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno presso il Comune di residenza per due anni, ritenendolo persona socialmente pericolosa.

Le due societa’, ‘Kendoil srl’ e ‘Fermar Services srl’, sono state costituite qualche giorno dopo i sequestri che il 19 maggio e il 6 luglio 2010 colpirono le aziende di Salzillo operanti nel settore del commercio al dettaglio di prodotti petroliferi. La Kendoil, la cui iniziale sede legale a Marcianise coincideva con quella della società Ewa Oil s.p.a., già oggetto di sequestro e confisca, è stata costituita da Jessica Salzillo, figlia dell’imprenditore marcianisano, che ha assunto anche la carica di amministratore. Alla ragazza si è poi affiancato il fratello Charles Salvatore Maria Salzillo, mentre procuratore speciale è stato nominato Luciano Macolino, barista ma soprattutto ex dipendente della ‘Ewagrill spa’ di Salzillo.

I due fratelli, hanno accertato i finanzieri, non avevano mai percepito alcun reddito e non avevano le disponibilità finanziarie necessarie per la costituzione dell’impresa e la successiva gestione di 11 impianti di medie dimensioni. L’altra società sequestrata, la ‘Fermar Services srl’, con sede legale a Dragoni (Caserta), cui fanno capo due impianti, è stata invece costituita, è stato appurato durante l’inchiesta denominata “Charles”, da un collaboratore dello stesso Salzillo, Michele Miranda, e dalla figlia Maria Rosalia, risultati possessori di redditi insufficienti per la gestione della società.