L’analisi del costituzionalista, De Angelis: “La soluzione è un Governo di scopo”

Carmine De AngelisDopo il voto che fare? Lo chiediamo al costituzionalista Carmine De Angelis, docente dell’Università di Roma IV. E’ chiaro: dopo il voto nessuna coalizione o forza politica è in grado di governare. Come se esce? Il costituzionalista e docente di diritto pubblico all’Università Roma IV, Carmine De Angelis, prova ad analizzare il voto e fare il punto ala luce, anche, dell’impossibilità di nuove elezioni in quanto in concomitanza della fine del mandato del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Elezioni senza vincitori, come se ne esce professor De Angelis?
“Queste elezioni hanno un unico vincitore: Grillo. Un vincente che perde: Bersani. Un perdente che vince: Berlusconi. Uno sconfitto senza alcuna rilevanza: Monti. Tuttavia, a perdere in queste elezioni è l’Italia e, soprattutto, gli italiani che stanchi della vecchia politica hanno creduto a un’affascinante quanto perversa idea di rinnovamento senza meditazione. Chiedere a un partito nato nella protesta di governare è come voler pretendere che un ladro prima di rubare bussi alla porta e magari chieda il permesso”.

Cosa succederà adesso?
“Difficile dirlo. Le elezioni ci hanno consegnato sia la fine del bipolarismo conflittuale che l’idea di un centro terzo e manovratore. Complice il sistema elettorale Tripartitismo, semestre bianco e ingovernabilità diventano i tre incubi per l’Italia!”

Nuove elezioni allora?
“Non è possibile ! Napolitano non può sciogliere le Camere, perché è in semestre bianco. Occorre eleggere un nuovo Capo dello Stato e poi si vedrà”.

Napolitano potrebbe dare un mandato a Bersani e quest’ultimo tentare un governo di minoranza.
“La forma di governo parlamentare italiana si fonda su una fiducia costitutiva, ovvero il presupposto di sussistenza di un governo si esplicita quando Camera e Senato accordano all’esecutivo una fiducia di programma. infatti, il Governo dopo aver prestato giuramento davanti al Capo dello Stato deve obbligatoriamente ottenere la fiducia delle Camere. L’ipotesi paventata di un governo di minoranza se dal punto di vista della Costituzione formale appare fattibile, tramite l’uscita dei deputati dal Senato, non può dirsi percorribile dal punto di vista della Costituzione materiale: sia per le evidenti discrasie con il principio di fiducia programmatica del parlamentarismo italiano ( differente da quello Inglese e Tedesco); sia dal punto di vista della praticabilità dell’attività parlamentare alla luce della equa e proporzionale distribuzione dei gruppi nelle commissioni parlamentari. O si realizza un accordo di programma o è meglio un governo tecnico di scopo ( 5-6 mesi) che realizzi legge elettorale e riduca l’indennità dei parlamentari con la contestuale abolizione dei connessi requisiti pensionistici”.

Ma il Movimento a cinque stelle potrebbe uscire dall’aula e votare su singoli provvedimenti.
“Se il M5s rende possibile un governo di minoranza la sua presenza nelle commissioni come deve essere valutata: di minoranza o maggioranza? Mi spiego: a chi affidare la presidenza delle commissioni di garanzia (vigilanza, Copasir, etc) ai grillini che sono minoranza in Parlamento in quanto non hanno espresso fiducia al Governo, ma allo stesso tempo consentono la permanenza del governo tramite l’uscita dall’Aula? Senza inutili tatticismi o c’è stabilità o è meglio tornare al voto”.

Quindi lei ritiene che occorra trovare un’intesa tra Pdl e Pd per un governo di grossa coalizione?
“Non proprio. Credo che Bersani non debba accettare alcun mandato esplorativo, un governo debole non porta da nessuna parte. Occorrono tre semplici cose: l’elezione di un Presidente di alto profilo, un governo ampio che faccia tre riforme: il dimezzamento dell’indennità parlamentare, magari equiparandola a quella dei Sindaci dei comuni superiore ai 15 mila abitanti, con la connessa eliminazione dei requisiti pensionistici per i parlamentari; la riduzione di alcuni sprechi come l’abolizione dei consorzi ed enti ( come contenimento della spesa); una nuova legge elettorale con doppio turno: non tanto il modello francese quanto quello dei comuni e delle province che ha funzionato garantendo rappresentatività e governabilità”.

Dopo Bersani chi sarà il nuovo leader del Pd e chi vincerà le prossime elezioni?
“Nella vita di ogni partito vi sono strumenti di organizzazione democratica che rendono concreta l’alternanza di gestione, difficile dirlo per il Pdl che vive grazie ed esclusivamente al potere carismatico di Berlusconi. Personalmente non sono affascinato dai leader carismatici o mediaticamente efficaci: il sistema ha bisogno di competenza ed equilibrio. Alla guida del Partito democratico vedrei molto bene il ministro Fabrizio Barca sia per la sua tensione morale che per la sua indubbia capacità. Barca incarna un modello di socialdemocrazia europea, aperta al futuro e capace di far sintesi. Quanto alle elezioni, non avendo alcuna dote di veggenza, è difficile prevederlo. Viviamo stagioni di cambiamenti a complessità aggravata, dove ogni minimo fattore influisce in modo esponenziale sugli eventi”.

Gli eletti irpini sono molto giovani e poche sono le riconferme .
“Certo, un cambio c’è stato ma si è trattato di un mutamento segnato più da decisioni di apparato che da valutazioni del corpo elettorale. Non mi appassionano il giovanilismo e il dilettantismo. I neo parlamentari irpini, putroppo, entreranno in un Parlamento a “part – time”, ovvero in una legislatura non piena, e quindi sarà difficile valutarne con oggettività competenza, merito e risultati”.

L’Italia del dopo elezioni come si prospetta?
“Caotica e umorale. Un Paese che vive senza memoria e cambia direzione a seconda delle convenienze. Senza essere Soloni, non è difficile prospettare uno scenario greco per il bel paese. In tal senso, e’ proprio vero: non abbiamo una cultura politica, ma solo un’estemporanea pulsione delle viscere!”.