Bisaccia, Scompare Raffaele Solimine

Raffaele Solimine con il Ministro Barca

«La scomparsa di Raffaele Solimine strappa a Bisaccia ma a tutta la storia dell’Irpinia un protagonista, un testimone della lotta per l’occupazione delle terre tra il 1945 e il 1950. Un movimento che Sergio Cofferati in una pubblicazione della Cgil di Avellino e Associazione Tempi Moderni di Avellino definì come: “Una prima e straordinaria occasione d’identità meridionale e dove per la prima volta il problema meridionale diventa visibile”. Raffaele Solimine, per tutti Zio Raffaele, quelle pagine di storia le portava addosso come un macigno che diventava più sopportabile se le raccontava e le condivideva, anche perché insieme a tanti altri il costo è stato altissimo durante i durissimi anni di carcere, scontati per una battaglia di democrazia che tentava di dare la possibilità a migliaia di persone di migliorare le proprie condizioni di vita. Ma zio Raffaele è stato soprattutto un compagno che la sinistra non l’ha mai abbandonata, partecipando a tutte le mutazioni che da Gramsci ad oggi si sono avute tanto da aderire e sostenere il Partito democratico».

Così, Pasquale Gallicchio dirigente provinciale del Partito democratico, consigliere comunale di Bisaccia ricorda Raffaele Solimine morto a 92 anni a Bisaccia, dove si svolgeranno i funerali lunedì 18 febbraio alle ore 11.00 presso la Chiesa Cattedrale.

Proprio rispetto a quella pubblicazione del 2001 dal titolo “L’occupazione delle terre in Alta Irpinia 1945-1950” a cura di Paolo Speranza, con presentazione di Sergio Cofferati e il coordinamento editoriale di Pasquale Gallicchio, Raffaele Lieto e Giovanni Villani, lo stesso Gallicchio dichiara: «Ricordo bene gli incontri durante i quali ho raccolto le sue memorie e anche quelle di sua moglie Gerarda Nigro Solimine, anche perché non bisogna dimenticare che le donne sono state e continuano ad essere le coprotagoste se non le protagoniste della nostra Irpinia. Non scorderò mai zio Raffaele con quale sofferenza narrasse dell’occupazione delle terre e delle vicende più dolorose. La stessa manifestata al ministro Fabrizio Barca durante un incontro con zio Raffaele, quando il rappresentante di governo ad ottobre ha trascorso un’intera giornata a Bisaccia. La rivolta, la latitanza, il carcere per zio Raffaele sono stati i tre momenti che lo hanno segnato per sempre ma che non ha mai rimosso anche perché nella pubblicazione a cui ho partecipato così descrisse ciò che lo spingeva a sopportare tutto: “Ripensare a quei momenti mi fa provare una grande emozione. E’ come rivivere certi momenti. Ripenso a quando non c’era pane. Intanto, quando la terra è andata ai contadini e le condizioni economiche sono migliorate, la gente era cresciuta, più consapevole della sua forza e anche la fame si era fatta meno feroce. Dopo la gente ha abbandonato le terre, c’è stata l’emigrazione e chi aveva la terra o se l’è venduta o è stato costretto a vendersela”. Parole che oggi dovrebbero aiutare a riflettere sul perché questa terra abbia bisogno sempre di più di una costante difesa e di una immediata rinascita. Uomini e donne della generazione di zio Raffaele hanno contribuito a migliorare condizioni di vita determinando un ampliamento dei diritti, alle generazioni successive è chiesto uno sforzo maggiore, sempre e solo con l’obiettivo di tutelare gli interessi generali. Credo, che siano ancora valide le parole di Antonio La Penna in una intervista rilasciata a Paolo Saggese per la stessa pubblicazione del 2001 e che è stata ripresa nel libro di Antonio La Penna, di recente pubblicazione, curato da Paolo Saggese e Nino Gallicchio dal titolo “Memorie e discorsi irpini di un intellettuale disorganico: “La crescita della libertà e della democrazia deve molto a chi ha pagato per quella lotta. Non vanno ricordate solo le vittorie, ma anche le sconfitte: anche le lotte perdute incidono nella storia, se alimentano nella coscienza civile quegli ideali per cui furono combattute».