Avellino – Asor Rosa: “Muscetta fu un grande critico letterario”
Anche Sabino Cassese ha ricordato il decennale della morte di Carlo Muscetta, la cui biblioteca è attualmente al Centro di ricerca Guido Dorso di Avellino
Avellino - Studenti e docenti del classico e dello scientifico nella sala conferenze della Camera di Commercio, insieme al presidente camerale Costantino Capone e all’assessore alla cultura Nunzio Cignarella. Su iniziativa del Centro “Guido Dorso”, presieduto dal prof. Sabino Cassese, si è svolta una lezione del prof. emerito di letteratura Alberto Asor Rosa su Carlo Muscetta, critico e storico avellinese (1912-2004).
Cassese, nell’introdurre Asor Rosa, definendolo public moralist, ha segnalato come “nel XIX sec. la borghesia avellinese è stata poco propensa al cambiamento, dunque conservatrice. Il secolo successivo, quello di Dorso, Muscetta e Maccanico, invece ebbe un ceto medio illuminato, aperto, innovatore. Con leggero ritardo ricordiamo il decennale della morte di Muscetta, studioso di Francesco De Sactis. La biblioteca di Muscetta è attualmente al Centro Dorso a disposizione di tutti”.
“Quando nel 1951 mi iscrissi all’università di Roma, facoltà di lettere - ha esordito Asor Rosa – ad insegnare letteratura italiana c’era Natalino Sapegno, che ogni settimana teneva lezioni estremamente sapienti e soporifere. Accanto a lui c’erano personaggi più giovani come Muscetta. In quel momento ci separavano 20 anni: Muscetta era un 40enne di una vivacità straordinaria, capace di spaziare dai ragionamenti culturali a quelli di vita civile e nazionale senza confonderli mai, né schiacciare uno di questi livelli sull’altro. Io riuscì a fare una tesi di letteratura contemporanea con Sapegno sul fiorentino Vasco Pratolini, il cui primo romanzo fu “Cronache di poveri amanti”. Era una trilogia su Metello, personaggio che provoco un conflitto di grave portata. Il critico letterario Carlo Salinari scrisse una recensione entusiasta, sostenendo che con questo libro si passava dal neorealismo al realismo. Tuttavia, apparve poi un saggio di Muscetta a contestare tale posizione: Metello portava al ritorno del vecchio idillio toscano (narrativa ottocentesca), con struttura narrativa che teneva conto della critica progressista di quel tempo. Salinari era il principale assistente della cattedra di Sapegno e tali posizioni mi fecero andare incontro a un problema oltre che culturale, anche esistenziale. Nella mia tesi alla fine scelsi la posizione di Muscetta, con scandalo di Salinari e Pratolini (con cui dialogai e che non gradiva la mia conclusione vicina a Muscetta). Questo dibattito si può trovare in ‘Realismo e controrealismo’ di Muscetta (1958)”.
“In Muscetta si trova lo storicismo, l’illuminismo, il meridionalismo e l’azionismo - ha continuato Asor Rosa – illuminismo perché in Muscetta gli elementi fondamentali della cultura da Voltaire a Montesquieu sono sempre stati presenti. Poi la sua carriera di comunista, critica e insubordinata (1947-1956), non cancella i tratti fondamentali della vocazione azionistica. In ‘Guido Dorso o Machiavelli’ emerge la libertà d’espressione, partecipazione civile, afflato sociale; un carattere perpetuamente impegnato, vigile, acceso fino all’ira quando necessario. Lo storicismo, poi, è una visone del mondo che riconduce le azioni umane e la loro comprensione al grande movimento della storia umana, e in Muscetta c’è un rigoroso desanctitismo. A Muscetta si deve l’edizione Einaudi di tutta l’opera di De Sanctis, una dialettica tra forma e sostanza. Muscetta studiò Torquato Accetto, Saverio Pettinelli, Vincenzo Monti, Niccolò Tommaseo; come anche Pierpaolo Parzanese, Vincenzo Padula, Carlo Levi, Rocco Scotellaro (con cui ebbbe uno scambio epistolare). E poi Moravia, Pratolini, Alfonso Gatto. Scrisse ‘Malaparte l’arcitaliano’, ‘Elogio della pazzia meridionale’ (cfr.Tommaso Fiore)”.
“Muscetta ha scritto su Leopardi, su Boccaccio e Gioacchino Belli – ha aggiunto Asor Rosa – gli interessavano scritti comici perché il comico è grande metafora dell’esistente umano. Nell’introduzione ala sesta giornata dei motti di Boccaccio la ragione è attribuita alla donna. Si segnala ‘Cultura e poesia’ di Belli (1961), con il suo sonetto ‘La verità’ che è come la cacarella (emerge la consapevolezza che il popolo, nonostante il suo degrado, era detentore di una parte dei lumi). Ai 32mila versi della raccolta belliana Muscetta ha dedicato un’interpretazione che ha cambiato radicalmente il giudizio su questo poeta, affiancandolo al milanese Porta. Muscetta è stato proprio un grande critico letterario”, ha concluso.