Letteratura e storia: Barra presenta il “neonato” Regno delle due Sicilie

Circa un secolo di storia è ripercorso nell'ultimo lavoro del professore Barra, che regala ai lettori un altro grande contributo alla conoscenza delle proprie radici.

fotoIl Carcere Borbonico ha ospitato stasera il Professore Francesco Barra, che con “Il Regno delle due Sicilie (1743-1861)” si conferma storico di prim’ordine, tra i maggiori studiosi della nostra epoca, “un uomo fortunato appassionato di ricerca – come lui stesso si definisce dalla scrivania dei relatori – che ha avuto la possibilità ed è riuscito a trasformare la propria passione in professione“.

Un incontro, quello di stasera, che significativamente si è tenuto presso l’Archivio di Stato di Avellino, alla presenza di una nutrita schiera di cultori di storia e di storia locale in particolare, interessati alla Questione meridionale, dunque, e a quel Mezzogiorno, il nostro, che non sa se fissare la propria appartenenza all’Europa o al Medio Oriente.

Ha aperto il convegno Maria Amicarelli, Direttrice dell’Archivio che, dopo i saluti all’ultimo sforzo editoriale di Barra, ne ha tessuto le lodi per aver sempre istruito le giovani generazioni sull’importanza degli archivi in un serio lavoro di ricerca. Il Direttore del Quotidiano del Sud, Gianni Festa, ha moderato gli interventi di Paolo Saggese, fondatore e animatore del “Centro di Documentazione sulla poesia del Sud”, degli storici Fiorenzo Iannino e Raffaele La Sala, del professore Barra.

La storia del Regno delle due Sicilie è considerata, in questo che si presenta come il primo volume di un’opera monumentale, in rapporto al contesto internazionale ed europeo. Il Sud Italia e il resto del mondo, dunque, con le peculiarità e le eccellenze che lo fecero grande, fino a un certo punto e nei limiti delle sue effettive potenzialità geografiche, naturali, e di conseguenza economiche; ma anche con le criticità e gli accadimenti che progressivamente condussero il Regno alla fine. Fu un crollo che svelò, appunto, come sottolinea l’autore, la triste realtà di un Mezzogiorno debole, povero, carico di problemi e di difficoltà.

Frutto di un fine e attento lavoro d’archivio, il libro del professore Barra, che sembra dar voce a una terra piena di malanni, ma anche ricca di suggestioni, si candida, dalle parole degli esperti, ad essere uno strumento di interpretazione della storia del Mezzogiorno rivolto ai giovani e agli studenti, in un’epoca in cui la disaffezione nei confronti della materia è evidente e quasi istituzionalmente giustificata.

E’ il professore a soffermarsi su quella che definisce “una grande tragedia del nostro tempo, il dramma della perdita dello spirito critico e della memoria, che ha sancito la nascita del “barbaro tecnologico”, capace solo di vivere di nozioni e del tutto privo di un bagaglio culturale, sociale, umano ed antropologico che gli consenta di interpretare la realtà“.

Perché l’uomo è ciò che ricorda e non esiste civiltà senza memoria – continua Barra -, per cui una transizione infinita è quella in cui si stagna, condannato a vivere un eterno presente, chi non conosce la propria storia“.

Passione per la ricerca, gusto della scoperta d’archivio, capacità di leggere e interpretare il documento per dar vita a quella sintesi leggibile e accessibile ai più che è la ricostruzione storica: “Penso a quello che si scrive oggi – ha dichiarato Gianni Festa – e vedo tante emozioni, sensazioni, ma poco documento. Per questo il lavoro di Barra è un punto di riferimento eccezionale, frutto dell’impegno, della dedizione, della cura e del rispetto di chi svolge questo lavoro con grande senso civile“. Spostando, poi, la lente d’ingrandimento ai giorni nostri, “il problema di fondo del Mezzogiorno – afferma – è che da almeno un ventennio non esiste una classe dirigente che sia competente e in grado di salvarlo dalla deriva; ma la radice del male – conclude – è nei Meridionali, che non hanno avuto mai la capacità d’indignarsi“.

 

di Eleonora Fattorello

Source: www.irpinia24.it