“Signorina, permette una preghiera?” Il galantomismo di Ciro Del Gaudio ci riporta al tempo dell’amore
L'innamoramento adolescenziale che diviene amore per la vita nonostante gli ostacoli e gli addii; il ritratto di un mondo dal cuore buono, in cui i poveri erano anche i più ricchi.
Avellino – “2′ e 42″ Il tempo dell’amore” del Prof. Ciro Del Gaudio, edito da Il Papavero, è stato presentato stasera al Carcere Borbonico, alla presenza dell’autore, dell’avvocato e scrittore Claudio Sara e dell’editrice Donatella De Bartolomeis. E’ la storia di un amore adolescenziale che nasce nell’Irpinia degli anni ’50 e varca i confini del tempo, tanto forte da non conoscere barriere di sorta, tanto vero da non esaurirsi mai.
“Quella che stai per leggere è una grande storia d’amore. Amore sbocciato allora, consolidato poi. Amore che, a tutt’oggi, si ingigantisce ancora. E non dare molta importanza allo stile, alla forma espositiva, a eventuali errori o a qualche accenno di non pura verità. Cogline l’essenza, invece, manipolane il cuore, tira fuori i palpiti di questa nostra storia. Se alla fine della lettura, qualcosa non ti dovesse risultare chiara, prova a rileggere e vedrai di che dimensione è fatto questo mio raccontare. Storia di due vicini, storia di noi due, storia di un grande amore… Amore a non finire!“: è quanto si legge alla pagina 9 del libro, rivelando già il carico esplosivo di sensazioni ed emozioni di cui ogni parola sarà portatrice. In un’epoca, la nostra, in cui la crisi culturale e la penuria di valori si presentano come l’antefatto drammatico della crisi economica, Ciro Dal Gaudio ci consegna un vero e proprio documento che recupera il bello, raccontando la delicatezza, il pudore, gli sguardi e le lettere d’amore, riscoprendo per i lettori le tradizioni, la religiosità, i principi che facevano la ricchezza di un tempo.
“Vorrei che il libro servisse alle persone di una certa età per fare un salto nel passato - ha dichiarato l’autore - e leggere qualcosa che riguardi anche la loro storia. Non è direttamente ai giovani che mi rivolgo; non capirebbero, ma non è colpa loro, poiché vivono in una società che mira a concedergli una stentata sopravvivenza, trascurando di insegnargli ad accarezzare i sentimenti. E’ una società caina, che li penalizza raffreddandoli e la mia è una reazione spontanea a questa deriva“. Quanto all’autobiografismo della storia, l’autore afferma che “chi si impegna nella scrittura fa inevitabilmente i conti col proprio passato, ma non è importante quanto di autobiografico ci sia in un libro, perché ciò che conta è che il lettore vi si ritrovi, si riconosca e si emozioni”. E’ poesia a tutto tondo quella che si percepisce ricamata tra le righe di questo racconto, una poesia che recita la testimonianza non solo di un amore autentico, ma anche, nelle parole dell’autore, di ”un modo di portare avanti l’esistenza”, in una sorta di richiamo alle origini, che grida il confronto col presente di una società che travolge tutto e tutti. ”Quella era piuttosto grama, c’erano povertà e miseria, ma anche tanta felicità, perché a noi bastava poco per essere felici”.
Lo stile asciutto, essenziale e mai sopra le righe, Del Gaudio scrive con una semplicità che avvince; colpisce fin dalle prime righe l’estrema cura e pulizia nella scelta delle parole e nella costruzione delle frasi. L’avvocato Sara parla di “una storia garbata e delicata, un racconto piacevolissimo, che inizia nei giorni nostri per poi saltare nel passato senza che il lettore si senta mai disorientato”. E di quel passato l’autore trasferisce su carta le atmosfere peculiari e particolari, raccontando le consuetudini e la purezza, di pensiero e di animo, nella storia dell’Irpinia e dell’Avellino dell’epoca.
Presente per l’occasione anche il Sindaco di Mercogliano Massimiliano Carullo, che nel suo intervento ha marcato un profondo “tratteggio umano” di Ciro Del Gaudio, “uomo e personaggio dall’umiltà e dalla sensibilità umana e culturale spiccata, cui va il ringraziamento per aver contribuito a rendere prestigioso il profilo culturale di Avellino. Già punto di riferimento per il passato e per il presente, lo sarà anche per il futuro, perché i suoi libri ne tramanderanno la voce autorevole, che sia da insegnamento anche per le generazioni che verranno”.
Ed è proprio rivolgendo il suo pensiero al futuro che Del Gaudio dedica il libro ai tre nipotini, Davide, Francesco e Mattia, con la raccomandazione ai genitori di conservarlo fino al compimento dei diciotto anni, lasciando loro un’eredità importante, il testimone che gli consenta, da adulti, di rovesciare la tendenza attuale allo sfascio: “perché siano messaggeri di pace e di buoni sentimenti”.
di Eleonora Fattorello