La Buona Scuola – Cos’è la Teoria del Gender? Esiste davvero? Facciamo chiarezza

Cos'è la Teoria del Gender? Cosa propone la Buona Scuola in merito all'educazione sessuale? Facciamo chiarezza.

GenderPartiamo da un principio importante: la Teoria del Gender non esiste, è antiscientifica.

Secondo la comunità scientifica, infatti, questa teoria non ha alcun fondamento. Intanto, nelle ultime settimane, visto l’inizio delle attività scolastiche, l’argomento è saltato all’occhio più di prima in particolare a seguito dell’attenzione posta dai genitori, preoccupati per i propri figli. La preoccupazione, ovviamente, nasce dalla poca conoscenza della questione ed è proprio la grossa fetta dei disinformati che rischia più di tutti. La confusione sull’argomento è dietro l’angolo ed è giusto fare chiarezza. 

Cominciamo col dire che la cosiddetta Teoria del Gender sostiene la dissociazione fra l’identità sessuale e l’identità di genere non più decisa dagli organi genitali bensì dagli stereotipi recepiti dalla società. In parole povere, la gonna è da donna, il pantalone è da uomo. Detto ciò, proseguiamo con la conoscenza dell’opinione anti-Gender.

Secondo il metodo proposto da La Buona Scuola e ispirata nell’ormai nota “Strategia nazionale LGBT” vedrebbe la scuola, appunto, fare da tramite per permettere ai bambini di allontanare questi stereotipi al fine di liberarsene completamente e rendere fluida la visione della sessualità. Attraverso la liberazione dagli stereotipi, il bambino sarà libero di essere se stesso e di non preoccuparsi, con la crescita, di essere “diverso” in quanto la diversità non verrà più concepita in quanto tale. 

Come interviene la scuola in questo? Gli esempi portati avanti (con somma preoccupazione) dai movimenti contrari alla “teoria”, si riferiscono anche a favolette e a nuove formulazioni degli esercizi scolastici. I problemi di matematica, ad esempio, non vedranno più soltanto “la mamma di Marco a far spese al mercato”, ma anche “i due papà di Marco”; altro esempio, favole che avranno come protagoniste famiglie costituite da genitori omosessuali, e altro ancora. Insomma, per i bambini tutto ciò diventerebbe parte integrante e naturale della quotidianità.

Detto questo, i movimenti contrari al Gender si pongono il problema delle conseguenti “crisi di identità”. Temono, cioè, che i bambini possano confondersi e “diventare gay, transgender” e chi più ne ha più ne metta. “Proteggiamo i nostri bambini”, questo il motto diffuso durante il #FamilyDay e dai rappresentanti di questi movimenti di minoranza nei loro incontri esplicativi, alcuni dei quali frequentabili anche nella nostra provincia in queste ultime settimane. L’interpretazione fatta da questi movimento anti-Gender è facile da comprendere: l’unica sessualità riconosciuta è quella eterosessuale, tutte le altre sono considerate, come dire, “deviazioni”.  

C’è un’altra interpretazione di questa realtà, sostenuta da chi non considera valida tale teoria. La sessualità è una caratteristica dell’individuo, del suo essere sin dalla nascita. Un omosessuale, un transgender, un bisessuale non scelgono di essere tali né tanto meno un bambino lo diventerà “a causa di” questa nuova formula scolastica. Un etero nasce etero come un omosessuale nasce omosessuale, che piaccia o meno è così. Non è una malattia che si “contagia”. O lo si è oppure no. Inoltre, questa strategia promossa dalla Buona Scuola non vuole insegnare nulla né convertire i bambini a qualcosa di pericoloso. Anzi, il contrario. 

L’obbiettivo ultimo, come spiegato dal documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dal titolo “Standard per l’educazione sessuale in Europa”, è quello di insegnare ai bambini che i propri sentimenti di amicizia e amore sono naturali e importanti.  I bambini, inoltre, saranno educati alla gestione della gelosia, della rabbia, dell’aggressività, della delusione, a comprendere la differenza fra amicizia e amore, a gestire la privacy e a dare ai propri sentimenti il nome corretto. Il tutto strutturato in varie fasce d’età fino a raggiungere l’adolescenza.

Per quanto riguarda la sessualità, la sfera incriminata insomma, il piano prevede fra le varie cose l’educazione alla scoperta del proprio corpo, delle sensazioni piacevoli e spiacevoli che esso dà, l’acquisizione della consapevolezza dell’identità di genere, un atteggiamento positivo verso il proprio corpo  e tutte le sue funzioni ma, soprattutto, il rispetto verso gli altri. 

Tra le altre cose previste dal piano, c’è l’insegnamento a scuola, raggiunti 15 anni di età, dell’educazione sessuale non solo finalizzato alla comprensione delle malattie a trasmissione sessuale, alla gravidanza, al rapporto sessuale in sé e all’uso dei contraccettivi, ma anche al ruolo che giocano, in caso di gravidanza, sia la donna che l’uomo. Gli adolescenti, insomma, saranno educati a capire che la gravidanza non è una responsabilità esclusiva della donna ma lo è altrettanto per l’uomo. 

Insegnamenti, questi, sani e utili a prevenire fenomeni di bullismo e di isolamento, spesso a rischio suicidio, di bambini e adolescenti. Nulla a che vedere, insomma, con “deviazioni sessuali”, pornografia, oscenità, eccetera eccetera.

Tutti noi dobbiamo farci un’opinione, qualunque essa sia, l’importante è che si basi sulla conoscenza dei fatti. L’invito, dunque, è quello di leggere con attenzione la proposta dell’OMS, scaricabile anche cliccando qui

 

Rita Mola

 

 

 

Source: www.irpinia24.it