Urbanistica – Il vincolo paesaggistico non è per tutti

Ad un anno dal sequestro di palazzo Iandolo permangono le incongruenze, solo alcuni edifici sequestrati

rampa Santa Maria delle Grazie AvellinoAvellino - Il 25 giugno 2014 veniva sottoposto a sequestro preventivo dal Tribunale di Avellino il costruendo palazzo di proprietà della Costruzioni Ing. G. Iandolo s.r.l., sito in via Rampa Santa Maria delle Grazie, perché privo dell’autorizzazione paesaggistica.

Quest’ultima, secondo la tesi della Procura, sarebbe necessaria, in quanto l’edificio è distante meno di 150 m dal rio San Francesco e , pertanto, si troverebbe in un’area vincolata.

La normativa di riferimento è la legge n. 431/1985 ed il d.lgs. n. 42/2004.

Il primo atto normativo impone l’autorizzazione paesaggistica per le aree vincolate, mentre il successivo decreto contiene delle disposizioni di raccordo e di deroga, volte ad evitare la creazione di assurdi normativi.

Infatti, l’art. 142 del d.lgs. 42/2004 (articolo così sostituito dall’art. 12 del d.lgs. n. 157 del 2006, poi modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 63 del 2008), prescrive l’inapplicabilità della normativa a tutela delle aree di interesse paesaggistico (L. 431/1985), ad “aree che alla data del 6 settembre 1985:

a) erano delimitate negli strumenti urbanistici, ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee a e b; 

b) erano delimitate negli strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone a e b, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate

Lo strumento urbanistico vigente nel Comune di Avellino alla data del 06/09/1985 era quello adottato con delibera di c.c. n. 7 del 08/02/1969 ed approvato con d.m. n.3141 del 09/12/1971.

Tale strumento urbanistico non è stato redatto secondo le prescrizioni del succitato decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, indicato dalla normativa di raccordo e di deroga, ma ai sensi della precedente disciplina. Solo successivamente è stato adeguato alle innovazioni normative.

 Pertanto, le zone omogenee definite nel p.r.g. vigente nel Comune di Avellino alla data del 6 settembre 1985, non possono essere classificate ai sensi del d.m. n. 1444/68, in quanto, il p.r.g. del 1971 non è stato redatto secondo i criteri statuiti dal  d.m. citato.

D’altra parte, dovendosi compiere ugualmente una classificazione delle aree, l’organo competente, il Comune di Avellino, ha rilasciato una certificazione con cui si attesta che “- l’area interessata, per effetto delle trasformazioni avvenute e per il grado di urbanizzazione aveva le caratteristiche delle zone b, come peraltro confermate dallo strumento urbanistico immediatamente successivo (adottato il 30/4/1987);

- che sulla scorta di tali considerazioni, per l’area in questione, sussistono le condizioni di disapplicazione del vincolo di tutela ai sensi dell’art.142 comma 2 e succ. mod. ed int.”

Non poteva che essere così.

In effetti, si può affermare che gran parte della città di Avellino sia stata costruita in prossimità del rio San Francesco, che,  è bene precisare, è tombato da svariati decenni.

Soprattutto, sembra che il palazzo immediatamente adiacente al costruendo fabbricato Iandolo, pur presentando le medesime caratteristiche in tema di tutela paesaggistica – anch’esso è stato costruito dopo il 1985 ed anch’esso difetta dell’autorizzazione paesaggistica -, non sia meritevole delle stesse conseguenze penali a cui è stato assoggettato il palazzo sequestrato .

La medesima considerazione potrebbe farsi per il teatro Gesualdo, il palazzo dei testimoni di Geova e tutti gli edifici presenti nell’area considerata.

Non solo, il Tribunale del riesame (presidente dott.ssa Eva Troiano, giudice relatore estensore dott. Gennaro Lezzi, giudice a latere dott. Pierpaolo Calabrese), in un’analoga situazione (stesso fiume, stesso vincolo, stessa problematica) ha accolto parzialmente il ricorso dell’indagato e dissequestrato l’immobile di sua proprietà, evidenziando l’irrilevanza paesaggistica del torrente San Francesco. Lo stesso collegio (con la sola sostituzione del presidente nella persona della dott.ssa Sonia Matarazzo), successivamente, pronunciandosi in merito al palazzo Iandolo, ha improvvisamente cambiato orientamento – pur non essendo intervenuti mutamenti di fatto né di diritto –  e ha confermato l’esistenza del vincolo paesaggistico.

Perché, allora, dopo un anno di indagini è ancora  solo il palazzo Iandolo ad essere sottoposto a  sequestro?

La peculiarità del caso in esame è ancor più evidente se si considera che, qualora si abbattesse il palazzo de quo, per poi ricostruirlo secondo lo stesso progetto e nello stesso luogo, con in più la sola autorizzazione paesaggistica (innegabile, visti gli edifici ubicati nelle più immediate vicinanze ed in tutta la zona!), in tal caso la costruzione sarebbe legittima – oltre ad essere la prima e l’unica ad avere tale autorizzazione nell’area considerata!

Source: www.irpinia24.it