Luigi Caputo: “Macaluso l’ultimo Togliattiano”

Le parole di Luigi Caputo, Comitato Politico Provinciale Federazione di Avellino

prc1Emanuele Macaluso se ne è andato alla vigilia del centenario della fondazione del Partito Comunista, in cui aveva militato dal 1941 fino al suo scioglimento.  Faceva parte della generazione di militanti e dirigenti emersi con il partito nuovo togliattiano, della cui segreteria era l’ ultimo superstite. Già  queste scarne note offrono l’idea di uno straordinario bagaglio di esperienze politiche ed umane. Nato a Caltanissetta nel 1927, si forma nell’ ambiente della Sicilia dei braccianti,  degli zolfatari,  dei contadini spesso autodidatti, di qualche intellettuale, che lo avvicinano al Partito Comunista fin dal periodo della clandestinità.  La Sicilia era allora caratterizzata dallo strapotere mafioso, spesso vicino politicamente a liberali e DC ma nello stesso tempo  pronto a giocare la carta di un separatismo beneficiario di diffusi consensi nell’isola. Una mafia che spesso controllava anche la politica,  pretendendo di imporre le proprie regole e di stroncare   ogni tentativo  di progresso ed emancipazione sociale, essendo sorta ed avendo sempre prosperato sull’arretratezza di rapporti semifeudali; una mafia che sparava contro le sinistre, come ebbe modo di  sperimentare  Girolamo Li Causi ( quindici anni nelle carceri fasciste), inviato da Togliatti in Sicilia a riorganizzare il partito. Macaluso era con lui nel 1944  per un comizio a Villalba,  feudo del mafioso Calogero Vizzini. Ebbene, quando Li Causi cominciò  a parlare,  dalla sezione della DC furono lanciate  delle bombe a mano ed esplosi svariati colpi di pistola. Li Causi rimase ferito, ma non si mosse dal tavolo del comizio. “DC -mafia”,  la definisce Macaluso nel suo libro di memorie “50 anni nel PCI”. “Quando dico DC-MAFIA,   fotografo una realtà  di fatto,  un intreccio fortissimo,  evidente, tra potere mafioso, agrari,  Chiesa, apparato statale”  (p. 40). Nel 1947 è  segretario regionale della CGIL (lo sarà  fino al 1956). In questa veste tiene una delle orazioni funebri per le vittime di Portella delle Ginestre del Primo Maggio di quell’ anno,  da diversi storici considerata la prima strage di Stato della Repubblica italiana. Nello stesso periodo è protagonista del grande movimento per l’occupazione delle terre. Eletto deputato regionale nel 1951,  sarà  tra i principali artefici,  nel 1958, della controversa “operazione Milazzo” ( elezione di un presidente regionale dissidente DC con l’ appoggio dei partiti di sinistra e di destra,  con la DC ufficiale all’opposizione), scelta che rivendichera’  anche negli anni successivi). Nel 1963 viene eletto per la prima volta deputato ( sarà  parlamentare fino al 1992) ed entra a far parte della segreteria del PCI,  così  composta: oltre  a Macaluso e al segretario Togliatti, Luigi Longo,  Pietro Ingrao,  Giancarlo Pajetta, Mario Alicata,   Giorgio Amendola, Alessandro Natta,  Enrico Berlinguer. Il  trasferimento a Roma,   per gli incarichi di partito e istituzionali, non gli farà  però  mai recidere il legame con la Sicilia.

Dopo la scomparsa di Togliatti e il IX congresso del PCI (1966 ), segnato dal confronto dialettico tra Ingrao e Amendola, si riconosce nelle posizioni di quella che nel corso del tempo si caratterizzerà  come   area riformista e che si ispirera’ alle posizioni del secondo: un riformismo che Macaluso declina comunque sempre con una forte connotazione meridionalista,   in assonanza con il suo maestro Giorgio Amendola,  con una spiccata sensibilità  verso il tema dei diritti civili,  con un immutato gusto per la ricerca culturale che lo porta a ricercare un costante contatto con gli intellettuali. A tal riguardo basta ricordare l’intensa amicizia con Leonardo Sciascia,   in nome non solo della sicilianita’ o della passione per l’ arte e la letteratura, ma anche di un comune spirito critico, avverso a autolimitazioni o censure. Sarà  anche grazie a Macaluso, e ad un suo brillante pamphlet  del 2010, “Leonardo Sciascia e i comunisti”, che  sarà  confutata l’immagine di intellettuale anticomunista del grande scrittore di Racalmuto,  artificiosamente costruita da alcuni mass- media.  Dal 1982 al 1986 è  direttore dell”Unità “. Nel 1989 si schiera a favore della svolta di Occhetto, il che non gli impedisce di formulare giudizi spesso severi sia nei confronti del PDS,  sia soprattutto,  del PD,  del quale , nel corso dell’ intensa attività  pubblicistica degli ultimi anni, evidenzia a più riprese  l’estraneità  non solo alla tradizione comunista ma a una pur pallida identità  di sinistra. Addio,  compagno, spirito libero combattente e anticonformista.”

Luigi Caputo -  Comitato Politico Provinciale Federazione di Avellino

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