La Gadit punta il dito sul problema serio dello smaltimento delle mascherine e dei guanti

Si tratta di rifiuti inquinanti potenzialmente pericolosi

ImmagineAvellino – Per strada, nei parcheggi, nei parchi, persino in mare: è dove finisco spesso mascherine e guanti usa e getta che, se ci proteggono dal coronavirus, non proteggono certo l’ambiente. L’allarme era arrivato già a fine febbraio quando Gary Stokes, cofondatore di OceansAsia. Ripulendo le spiagge delle isole Soko, al largo di Hong Kong, si era imbattuto in un nuovo rifiuto: le mascherine. La storia si è ripetuta anche in Italia dove da giorni sui social spopolano foto di mascherine e guanti abbandonati per strada, spesso fuori dai supermercati.

Dal primo marzo ad oggi, si stima, sono stati distribuiti dalla Protezione Civile circa 159 milioni di materiali sanitari di cui ben 150 milioni riguardano solo mascherine e guanti,una punta dell’iceberg destinata ad aumentare esponenzialmente nella fase 2 quando questi oggetti diventeranno parte integrante della nostra nuova quotidianità. Secondo il rapporto “Imprese aperte, lavoratori protetti” del Politecnico di Torino, per la ripartenza serviranno un miliardo di mascherine, mezzo miliardo di guanti e oltre 9 milioni di litri di gel igienizzante al mese.

“Il tema dei rifiuti abbandonati non riguarda solo le mascherine e i guanti – dichiara il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa–. Le persone che abbandonano oggi questi oggetti sono le stesse che prima abbandonavano altri rifiuti per strada senza alcun rispetto né per la salute né per l’ambiente.Certo che oggi, dato il tipo di rifiuto potenzialmente infetto, questo atteggiamento è ancora più grave. Serve un’azione di contrasto, ma anche di educazione ai rifiuti – conclude il ministro Costa –. Certamente nella fase 2 la gestione dovrà essere affrontata in modo più organico”.

Il danno è prima di tutto ambientale. Per cominciare, ad oggi la maggior parte delle mascherine in dotazione ai cittadini è monouso e questo aumenta a dismisura la quantità di rifiuti prodotti: si stima che in Europa ogni persona produca in media mezza tonnellata di rifiuti l’anno, 20 chili a settimana per abitazione. A ciò si aggiunge la pericolosità ambientale dei materiali che compongono le mascherine (spesso di origine plastica come il polipropilene). Se non correttamente smaltite, rischiano di alimentare l’enorme problema della plastica in mare: oltre 8 milioni di tonnellate all’anno, oggetti che si trasformano lentamente in microplastiche per ritornare infine sulle nostre tavole attraverso il pesce che ingeriamo.

Oltre  il potenziale danno sanitario. A fronte dell’impossibilità di mappare ad oggi tutti i portatori asintomatici del coronavirus, mascherine e guanti sono da considerarsi rifiuti potenzialmente infetti e vanno per questo smaltiti nell’indifferenziato. Sebbene secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie non ci sia evidenza scientifica che i rifiuti domestici contribuiscano alla trasmissione del virus, le indicazioni dell’Istituto superiore di sanità sono chiare: tutti i soggetti positivi, in isolamento o in quarantena obbligatoria devono interrompere la raccolta differenziata e raccogliere i propri rifiuti (dalle mascherine ai fazzoletti, dall’organico al vetro) insieme in almeno due sacchetti, uno dentro l’altro. Per tutti gli altri la raccolta differenziata deve proseguire, con mascherine, guanti e fazzoletti da gettare nell’indifferenziato.

“Al momento stiamo lavorando alle regole per lo smaltimento dei rifiuti nella fase due –, spiega Federica Scaini, ricercatrice del gruppo di lavoro Ambiente e rifiuti dell’Iss nell’inchiesta –. Il problema è enorme dal punto di vista delle quantità e speriamo di fornire il prima possibile delle indicazioni”. Evidenziando il fatto che continuando a stressare e a danneggiare con questa scellerata condotta dell’abbandono indiscriminato,di rifiuti  sia di materiali indifferenziati o scarti di lavorazione/officine  o quant’altro, che per nostra incuria o per scarsa educazione civica, ci dimentichiamo in giro per la città, non capendo che con questo modo di fare, in primis danneggiamo il nostro ambiente inoltre   si creano lesioni alle  casse e alla organizzazione dei governi territoriali.

La Gaditsez Avellino e sempre in prima linea,con i suo volontari che con servizi mirati pattugliano la città,e spesso fungono anche da amico di quartiere,dedicando tempo all’ educazione ambientale rispondendo alle tematiche che porgono gli abitanti. Il Gadit sez Avellino nei suoi limitati compiti cerca sempre di essere presente,e di dare il proprio e volontario contributo,a qualsiasi causa che gli viene espotta.Anche se non si deve trascurare il fatto che i volonatari del Gadit,operano escrusivamente su base volontaria,e in piu occassioni si sono autotassati per portare avanti il progetto associativo,per questo che il presidente P.T  A .P e fiero di rappresenatre questi uomini e queste donne,che si sacrificano e vigilano sul bene comune.

Source: www.irpinia24.it