Il comitato Rodotà per la difesa dei beni comuni
Difendere i beni comuni contro il saccheggio della natura da parte delle multinazionali
Vorrei parlarvi della grande economista Elinor Ostrom perché è stata determinante nel campo dello studio dei beni comuni. La Ostrom ha messo in luce la dicotomia fra Stato e Mercato e ha ipotizzato che si può evitare il sovrasfruttamento delle risorse collettive e la loro distruzione. Come sostiene Elinor Ostrom, il dilemma dei beni collettivi può essere affrontato – e in buona parte risolto – lasciandone la gestione alle comunità, e cioè alle persone che usano quelle risorse e che sono quindi interessate a non distruggerle. Ma questo è possibile solo a ‘certe condizioni’, quali il riconoscimento delle comunità e la non ingerenza dello Stato, che si sovrappone alle persone appropriandosi di scelte che non è in grado né di fare né di far rispettare e a volte lo Stato svende i beni comuni. E per queste sue teorie è stata insignita del premio Nobel. La Ostrom rifiutò gli aspetti dogmatici e totalizzanti del modello dell’homo oeconomicus ( cioè l’uomo che cerca di ottenere sempre il maggiore vantaggio per sé) e dell’individualismo proprietario. Nel 2009, data di attribuzione del Nobel alla Ostrom, il mondo era già dentro la crisi finanziaria globale innescata dai mutui subprime statunitensi, e la scelta dell’Accademia svedese sembrò voler mandare il messaggio che dalla crisi si può uscire, a condizione che gli economisti percorrano strade nuove, diverse da quelle delle principali correnti.
Tutti i beni comuni incorporano un sistema di relazioni sociali basato sulla cooperazione e sulla partecipazione, che è l’esatto contrario dell’individualismo proprietario competitivo, su cui si fonda il sistema capitalista: ma solo i beni comuni naturali sono “sistemi di sostegno della vita”, che nessun laboratorio può produrre o riprodurre. Se la terra fertile scompare perché cementificata e inquinata – come sta avvenendo a un ritmo sempre più veloce – la sicurezza alimentare è a rischio e con essa l’esistenza della vita sulla terra. La terra non si governa con le leggi dell’economia ma con le leggi della natura. Avere trascurato il vincolo della natura, soprattutto in questa fase storica di crescita sostenuta della popolazione mondiale e di forte pressione sulle risorse naturali, ha permesso alle grandi multinazionali – e ai governi e alla finanza che le sostengono – di realizzare un modello di produzione e di consumo che massimizza il profitto nel mentre saccheggia la natura e depotenzia i lavoratori, rendendoli dipendenti dal salario e quindi dalle scelte delle imprese.
La natura e le comunità sono state negate per favorire una modernità fondata sul dominio dell’uomo sulla natura. Le comunità – che sono il soggetto interessato e capace di usare le risorse naturali senza distruggerle – hanno perso ogni diritto, a cominciare dal “diritto ad avere diritti” per usare una frase famosa coniata da Hannah Arendt . La privatizzazione del patrimonio naturale e culturale italiano compromette il suo controllo democratico, e priva le generazioni future di opportunità e sicurezza. Il futuro dell’Italia dipende da come proteggiamo i beni comuni dalle ondate di privatizzazioni che da decenni interessano il nostro paese. Il comitato Rodotà vuole riconsegnare il futuro dell’Italia in mano ai suoi cittadini, creando i meccanismi giuridici per opporsi alla sua svendita. Con due firme e un euro si potrà portare in Parlamento la legge di iniziativa popolare sui beni comuni oltre che entrare a far parte della prima società di mutuo soccorso intergenerazionale Delfino. Ci saranno diverse occasioni per raccogliere le firme in Irpinia.