A Mirabella Eclano i racconti fantastici di Paolo Saggese

All'incontro di venerdì 3 Novembre verranno presentati “Lettera a un Giudice” e “Il processo

paolo-saggeseIl Pop UP CO dell’ingegnere Rosanna Di Paola (Mirabella Eclano, Avellino) e l’Università popolare dell’Irpinia presentano, venerdì 3 novembre, ore 17.30, i racconti fantastici di Paolo Saggese “Lettera a un Giudice” e “Il processo” (Magenes Editoriale, Milano).

Alla manifestazione interverranno: Michele Ciasullo, Presidente UPI, Tonino Morgante, Segretario UPI, Mariagrazia Passamano, Avvocato specializzato in corruzione internazionale, Paolo Saggese, autore dei racconti

A proposito di questi libri, Mariagrazia Passamano ha scritto:

“Alcuni libri sembrano attenderti da sempre, appaiono un po’ come i grandi insegnanti capaci di leggerti dentro, di sognarti diverso, migliore. Rappresentano quell’incontro che avresti sempre voluto fare, quell’amico che sogni di riabbracciare, quello che ti va di ascoltare quando tutto sembra perso e rassegnato dentro e fuori di te. I grandi romanzi sono luoghi che ci aspettavano pazienti, un appuntamento con l’inconscio, con la parte del nostro Io più taciturno. Alcuni romanzi rimangono circostanza, contingenza, ti sfiorano appena. Sono storie, storie di altri. Altri invece, quelli che io definisco i grandi romanzi, ti attraversano l’anima, ti emozionano a tal punto che non riesci a distaccartene, non fino a quando non hai raggiunto l’ultima pagina. I grandi romanzi parlano di noi, delle nostre vite, dei nostri dubbi martellanti, ci raccontano le nostre inquietudini, ci scuotono e ci aiutano a “cogliere il mondo come una domanda”. Questi gli effetti dei grandi romanzi, questi gli effetti dei romanzi “Lettere a un giudice” e “Il processo” di Paolo Saggese (Magenese Editoriale, Milano).

Si tratta di racconti fantastici, che narrano la storia di una sconfitta. Il protagonista, Candido, nome ispirato all’omonimo personaggio di Pangloss di Voltaire, non è che un ingenuo, un uomo onesto, un “utopista”, uno che per partecipare ad un concorso studia, studia tanto.  È “l’uomo dei mulini al vento”, il principe Myškin della Repubblica dei Pomodori, è colui che lotta contro il cinismo, contro il clientelismo, contro la logica della raccomandazione, contro l’assenza dei diritti e le pratiche corruttive. Il suo dolore è il dolore dei giusti, un dolore che ricorda l’amara sorte del giovane Werther, la poetica intensità della pregustazione della grazia assoluta e poi del baratro come conseguenza di quel bagliore, di quella sfiorata e poi negata beatitudine.

Candido sembra condividere con il giovane Werther e anche con Jacopo Ortis il conflitto tra ideale e reale, tra ciò che è e come si vorrebbe che fosse e altresì quell’individualismo, quella solitudine, dell’eroe che combatte titanicamente contro le convenzioni della società e contro un destino che sembra già segnato. 

Sullo sfondo vi è la corruzione, che come antagonista indiscussa arriva a falciare, a spazzare via i sogni, le speranze, la progettazione futura del protagonista.

L’autore, attraverso la sofferenza di Candido, mostra chiaramente, quali possono essere gli effetti lesivi a livello esistenziale della corruzione. Evidenzia, attraverso il suo racconto fantastico, quanto la fenomenologia corruttiva possa, di fatto, impedire il raggiungimento degli obiettivi di soddisfacimento e di realizzazione personale.

Queste caratteristiche contenutistiche e tematiche si riflettono sulla struttura del romanzo, che nella “Lettera a un giudice” è di genere epistolare. Nelle lettere che Candido scrive al Giudice, il quale assume in tal modo quasi il ruolo del confidente, si sviluppa un lungo monologo da cui emergono tutti gli aspetti sfaccettati della personalità del protagonista e della sua “resistenza”.

Ne “Il processo”, invece, il tono diventa ironico, indizio, come direbbe Pessoa, “del fatto che la coscienza è diventata cosciente”. Lo scrittore, infatti, riesce ad insinuarsi in quella che è la dimensione oscura del fenomeno corruttivo, svelandone, attraverso una narrazione ipotetica e fantastica, i retroscena. Lo fa con disinvoltura, mostrando, attraverso lo strumento delle intercettazioni, il lato impercettibile della connivenza omertosa che lega il corrotto al corruttore.

Ed è proprio attraverso questa rappresentazione fittizia che Paolo Saggese riesce a cogliere delle sfumature inedite del fenomeno corruttivo, come ad esempio il carattere plurioffensivo dello stesso.

In tutte e due i racconti lo stile è alto, ma non diventa mai puro virtuosismo estetico, non assume un carattere “elitario”. Sono dei romanzi che non si dissociano autisticamente dalla realtà anzi, al contrario, si mostrano come sentieri aperti al grido indignato dei vinti e come rifugio fraterno e consolatorio degli uomini che, come scriveva Pasolini,“preferiscono perdere piuttosto che vincere in modo sleale”.

 

Source: www.irpinia24.it