C’era una volta….una serie TV. Una passione che unisce milioni di spettatori

Niente The Jackal o Effetti di Gomorra, anche se non vediamo l'ora arrivi la terza stagione, ma qualche curiosità sul "duro lavoro" di chi guarda le serie TV

IMG_9jkolgAvellino – Dedichiamo, certamente a ragione, molto spazio e tempo alla narrazione delle vicende locali, alla vita del capoluogo e a quello che si muove nella nostra provincia e di rado ci focalizziamo su questioni che in realtà coinvolgono una grossa fetta di umanità.

E’ fine settimana e questo mi serve l’occasione di introdurre il mio argomento. Cosa fanno gli italiani per rilassarsi nel weekend? Cosa accomuna studenti, lavoratori, madri e padri di famiglia? Show televisivi, reality, film e serie tv naturalmente. Le serie TV, in particolar modo, appagano la domanda di milioni di persone per la durata dei loro episodi (difficilmente si va oltre i 60 min) e soprattutto per la loro continuità, che consente di instaurare un vero e proprio legame emotivo con i personaggi. Stagione dopo stagione, infatti, il pubblico si affeziona a uno dei protagonisti, buono o cattivo che sia, si appassiona alla sua storia e alla sua evoluzione, probabilmente perché molto vicina alla propria o direttamente proporzionale al suo desiderio di cambiamento nella vita. Chiaramente il genere influenza molto questi fattori.

Per esempio, nei teen-drama e nei fantasy, dove i protagonisti sono adolescenti alle prese con le prime cotte o eroi umanizzati, che vivono amori epici, la percentuale di persone che empatizza con loro è molto più alta. Diciamocelo, qualunque sia l’età che abbiamo, c’è sempre un amore televisivo che ci fa sussultare, un amore per il quale abbiamo tifato, maledicendo gli autori quando la storia prendeva un’altra piega, un amore che ci ha fatto sospirare, sperando di trovarne uno simile nella nostra vita. Un amore che ci ha fatto chiudere in camera interi weekend a rivederne i momenti salienti, che ci ha fatto dire dalle nostre famiglie “Di nuovo quell’episodio?”, che ci ha fatto assillare i nostri amici, quasi preoccupati per la nostra salute mentale.

Ma del resto noi amanti delle serie TV siamo anche quelli “pigri”, che a una superserata tra la gente preferiscono il pigiama e Netflix (astenersi da giudizi, prego). Siamo quelli che non vogliono essere additati per un modo di staccare la spina e rilassarsi, per una passione il cui effetto è quello di farci provare emozioni sane e lecite. Grazie al web, poi, incontriamo virtualmente altri come noi, con cui condividere percezioni, stati d’animo, ipotesi, news e finanche spoiler (!!!!) sulla serie preferita. Una comunità che assomiglia di più a una grande famiglia, in cui molti sentono come tu senti. Interagisci con loro e costruisci una sorta di complicità che ti porta a cercarle, a coinvolgerle quando qualche “folle” idea ti passa per la testa ( loro non solo ti capiscono, ma vale il principio che l’allievo supera sempre il maestro). Risate assicurate, insomma, mentre la settimana scorre e si aspettano le 2.00 a.m. del giorno X per seguire l’episodio in diretta con gli USA, perché per noi maratoneta significa questo.

E nelle sfiancanti attese su rinnovi, cancellazioni e conclusioni a cui non siamo mai, mai pronti, ci si inventa modi per tenere alta la speranza e l’umore, magari arrivando a un kind and innocent stalking (persecuzione social gentile e innocente) del canale produttore della serie e degli autori. Tra l’altro ottima palestra per l’inglese, per chi vuole cominciare a masticarlo e per chi lo ha un po’ arrugginito. Non starò qui a convincervi dei benefici di attività per fan sfegatati, ma se voi che leggete vi riconoscete in questa descrizione non temete, ma andate e cercate la vostra casa!

Ringrazio le supporters di Once Upon A Time Italia per aver ispirato questo pezzo che potrebbe suscitare l’ilarità di molti, anche la nostra, e ringrazio loro perché sono una comunità eccezionale, immersa in un mondo di fantasia e di sentimenti genuini, in cui tutti attendono un lieto fine e nessun cattivo è assolutamente cattivo.  

Quando G.K. Chesterton scriveva “Le favole ci insegnano che i draghi possono essere sconfitti” non intendeva esclusivamente e banalmente che il villain alla fine perde, ma che nelle favole, come nella vita, ognuno ha i suoi draghi, i suoi punti di oscurità da combattere per diventare una persona migliore.

Di F.C.

Source: www.irpinia24.it