Lettera a Noi, a chi affolla i corsi e le piazze e non vuole morire

La terribile strage della Promenade di Nizza ci spinge ancora una volta a riflettere sulla società che stiamo costruendo e sul futuro che intendiamo scegliere

nizza-attentato-14-luglio2001-1000x600Avellino – Siamo attoniti, piegati dalla paura, anche se le nostre piccole comunità sembrano ad alcuni luoghi più sicuri dove vivere. Ieri notte a Nizza un camion ha trascinato con sé, spezzandole, le vite di tanti innocenti, con i quali geograficamente o mediaticamente riusciamo ad entrare più in empatia. Non è una bugia, non è disprezzo di altre tragedie.  Ora, però, c’è troppa stanchezza per ragionare dove la ragione non è arrivata.

C’è la percezione che il mondo si stia abituando a questo genere di eventi, quasi come se il terrorismo fosse qualcosa con cui convivere e non solo a causa dell’immobilismo politico ecc. Basta aprire i social network per farsi un’idea della società che noi stessi contribuiamo ogni giorno a creare, in questa guerra, innanzitutto virtuale, fatta di bollini ed etichette e che vede costantemente impegnati “Buonisti contro Sciacalli” . Anche noi, qui dietro alle nostre scrivanie a raccontare, talvolta dimentichiamo le responsabilità che abbiamo e scegliamo un percorso narrativo che ci presta a quello stesso mondo di stereotipi. Non siamo impeccabili. Le nostre penne intingono anche alla pancia. 

Oggi ho sentito ragazzi come me parlare delle vacanze. Costa Azzurra, qualcuno ha disdetto. Altri non vogliono negarsi la vita, perché di questo si tratta. E’ che tipo di vita desideriamo che siamo chiamati a discutere più che mai a 25 anni. Per noi vivere, ci diciamo, non può essere solo la mera sopravvivenza in entroterra poco noti e scegliere per le ferie mete turistiche,per ora, fuori dal cerchio del terrore. Vogliamo poter credere alla fatalità, che tutto accada se deve, a prescindere dalle città in cui abitiamo o dai viaggi che facciamo, consci che la sicurezza è un bene profondamente legato alla società di cui facciamo parte. Dove nulla ha distrutto il terrorismo in senso stretto, troppo ha danneggiato la follia dei singoli. 

Assistiamo, quasi quotidianamente, anche nel nostro Paese alla spirale omicida di mogli, mariti, ex amanti, figli, vicini di casa. Una degenerazione sintomatica di un’epoca di disagio profondo, le cui cause non sfuggono alla nostra intuizione. Allora che cos’è la sicurezza? Cos’è la sicurezza, se non anche la nostra capacità di captare malesseri e creare reti di recupero e solidarietà. Cos’è la sicurezza, se non la saggezza di non additare gli altri, con un’incontrollata ansia di giudizio. Cos’è la sicurezza, se non la volontà di migliorarci come esseri umani, per riuscire a convivere più serenamente con gli altri. Poi è ovvio, c’è “l’Intelligence”, ci sono le professionalità preposte, ma ci siamo anche noi. Ci siamo anche noi. 

Camminiamo lungo corsi e piazze, incrociando sguardi, e ci sentiamo bloccati. Forse ognuno sospeso a immaginare cosa possa significare compiere un gesto ordinario e sparirci dentro. Qualcuno scrive “hanno già vinto”, qualcuno twitta “vinceremo noi” e non c’è nessuna parte da cui stare davvero. Siamo a metà tra la paura e i sogni, dove l’umanità stessa, talvolta, ci spinge a stare. Allora raccontiamo di questa vita, che non è sempre l’estremo di un atteggiamento, di un’idea, di un culto. Una vita che non è sempre e solo un’immagine cruda o un dipinto di rara bellezza. Cogliamo le imperfezioni, le sfumature. Facciamolo per non negarci la possibilità di avere paura senza essere fraintesi o di pretendere un mondo di pace senza diventare invisi a qualcuno. 

Restiamo umani significa questo. 

di Francesca Contino

Source: www.irpinia24.it