La Sanità delle suggestioni e delle “Chimere” raccontata da Annavera Viva

L'autrice si sofferma sui motivi fondamentali delle sue storie, di cui Rione Sanità è scenario e protagonista

chimere (2)Napoli – Dopo i grandi riconoscimenti avuti dalla critica col romanzo “Questioni di sangue”, Annavera Viva, scrittrice di origini pugliesi e cittadina di Napoli, aggiunge un altro pezzo al puzzle con la stesura di “Chimere”. I suoi gialli nel panorama di Rione Sanità offrono non solo ai lettori di genere, ma a tutti, uno spazio descrittivo e narrativo molto più complesso. Lo ha spiegato la Viva in una breve intervista concessa a Irpinia 24.

Dopo il primo libro “Questioni di Sangue” ritorna in libreria con “Chimere”. Ciò che balza immediatamente all’occhio è che, già a partire dai titoli, c’è un preciso indirizzo nei suoi romanzi. Chimere cosa sta a significare in questo contesto?

In questo secondo romanzo Padre Raffaele indaga nel mondo delle Drag Queen, che non sono travestiti o transessuali come erroneamente si crede a volte, ma artiste di alti livelli, che interpretano le grandi dive del passato, offrendo spettacoli molto ricchi e coreografici. Nel nostro caso ci sono anche gli omosessuali e quello che è definito classicamente il “femminiello napoletano”. Nella narrazione la Drag Queen rappresenta una chimera, sia perché è qualcuno che non è né uomo né donna dal punto di vista fisico, sia perché, inoltre, si tratta di un personaggio che insegue dei sogni impossibili, che non vede mai realizzati. Nel titolo, dunque, c’è l’essenza del romanzo, così come per Questioni di sangue, dove ci si riferisce letteralmente al legame tra consanguinei, per chimere si intende sia l’illusione di una figura inesistente, sia i sogni e le speranze.

Nei suoi libri le metafore sono figure retoriche ricorrenti e fra queste forse la più forte è proprio la scelta dell’ambientazione: Rione Sanità. Un rione in cui si alternano personaggi molto diversi tra loro e che è un po’ il simbolo della contraddizione di Napoli.

Non è solo la contraddizione di Napoli, è l’eterna contraddizione umana. Rione Sanità è il protagonista principale, ma i moti che si sviluppano al suo interno sono moti comuni a tutti gli uomini. La Sanità è una specie di isola a Napoli, un quartiere degradato, ma anche ricco di riferimenti culturali e artistici. Non è considerata come i quartieri spagnoli, per esempio, eppure è una realtà per niente avulsa dal contesto storico, una zona pregna di suggestioni e passioni. Nel conoscerla, soprattutto al Nord, moltissimi sono rimasti piacevolmente colpiti, specie perché si parla molto della Secondigliano di Saviano e non si fa menzione a tanti altri luoghi, con le loro sfumature diverse.

Mentre Saviano narra di un certo mondo, con le sue dinamiche violente e figure terribili, nei suoi romanzi non c’è un vero e proprio cattivo, ma si rintracciano per lo più personaggi la cui umanità rimbalza dal positivo al negativo, con accenti decisamente “umani”.

Non c’è manicheismo nei miei personaggi e non c’è il cattivo completamente cattivo e il buono del tutto buono. Anche il prete,Don Raffaele, che è il protagonista, è mosso da un istinto di giustizia, ma pur di far giustizia non utilizza sempre metodi ortodossi. Allo stesso modo anche Peppino,il fratello boss, nel suo essere criminale non sempre è ingiusto, anzi ,a volte, si sostituisce nella difesa dei più deboli o se li ricatta da un lato, dall’altro poi sopperisce a uno Stato mancante. Sono personaggi del tutto calati nella loro dimensione di umanità e che, perciò, non rappresentano esclusivamente la gente del Rione, ma sono lo specchio di alcuni meccanismi psicologici che possono scattare in ognuno di noi.

Qual’è la difficoltà di raccontare storie come queste, con personaggi e ambientazioni al confine con la realtà?

Sostanzialmente i miei sono dei romanzi gialli per pretesto, nel senso che c’è un’indagine nel corso della storia che consegna quell’idea, ma alla fine si tratta di scorci sulla vita quotidiana, delineati nel profondo della percezione dei personaggi. E’ per questo che non si può parlare solo di quartiere e di chi lo abita, ma piuttosto di vere e proprie dinamiche, come dicevo poc’anzi, che si concretizzano nell’animo umano. Infatti quando scrivo il sentimento che mi ispira e guida è la volontà di descrivere un ambiente, con i protagonisti che vi ruotano intorno, tracciandone la complessità e la varietà di sentimenti. In questo senso, dunque, non riscontro particolari difficoltà, perché da parte mia non c’è intento di trasmettere un messaggio definito e definitivo. Lascio alla storia e ai lettori l’interpretazione finale. E’ la trama che fa sorgere le domande, non il contrario.

Che rapporto c’è tra don Raffaele e Peppino suo fratello? Sono due personaggi opposti, ma che al contempo si completano…

Don Raffaele e il fratello Peppino sono similissimi, anche se non se ne rendono conto. Il loro è un amore inevitabile, nonostante ognuno viva l’altro come un pericolo per la vita che si sono costruiti. E’ il legame del sangue, delle radici, della famiglia. Un amore viscerale che provano l’uno per l’altro  e che è quasi contro la loro volontà.  Credo sia proprio questo il senso dell’affetto vero, continuare ad amare fortemente anche persone che sappiamo non essere adatte a noi, che addirittura possono recarci danno, ma che sono amori irrinunciabili.

Ritroveremo questi personaggi nel terzo libro? Può darci qualche anticipazione?

L’ambientazione sarà sempre la Sanità e ovviamente non mancheranno i personaggi principali Peppino, Raffaele e Assuntina. Posso rivelare soltanto che Don Raffaele questa volta indagherà nel mondo degli astrologi e dei maghi, un mondo assai vicino alla cultura napoletana.

di Francesca Contino

Source: www.irpinia24.it