23 novembre 1980. Per non dimenticare, tra ricordi ed emozioni di Tony Lucido

Nel trentacinquesimo anniversario del devastante terremoto che colpì l’Irpinia, il ricordo del Presidente della Pro Loco di Sant’Angelo dei Lombardi

terremotoSant’Angelo dei LombardiNel trentacinquesimo anniversario del devastante terremoto che colpì l’Irpinia, il ricordo del Presidente della Pro Loco di Sant’Angelo dei Lombardi, Tony Lucido.

“Oggi parlare del terremoto, per alcuni, sembra dover far ricorso all’archeologia della memoria, ma non é così, oggi come allora é forte ed indistruttibile il ricordo di tutte le vittime del sisma, ogni nome, ogni volto, tante piccole grandi storie, la vita stessa dei nostri paesi, delle nostre comunità, sono parte integrante di tanti di noi. La storia di come eravamo prima, di ciò che siamo diventati dopo, di ciò che saremmo voluti divenire, il dolore e la tragedia, i morti ed i feriti, l’emergenza e le testimonianze di tanti, dei volontari in modo particolare, appartengono ai nostri cuori. Sono i ricordi più cari, sono la tristezza di un passato, ma anche la voglia di un domani migliore!

Ricordo per tutti, oltre ai miei familiari scomparsi, le zie Maria, Rita ed Enza, gli zii Ernesto e Franco, il piccolo Luigi, le sorelle di mia cognata Adriana ,Wilma Fabiano con il fidanzato Alfonso Cipriano, ecc. tanti inconsapevoli eroi di grandi silenziose gesta, Don Bruno Mariani,  parroco tanto amato e mai dimenticato, Don Michele Di Milia, Don Ruggero Mastrilli, Il Capitano dei Carabinieri Tonino Pecora, il Sindaco Guglielmo Castellano, i bambini nati da poco all’Ospedale, fra i tanti, il piccolo Montemarano, nato il mattino, i dott/ri Luigi Loro, Sebastiano Arbucci, Vencenzo Scalzullo, Infermieri ed operatori vari Maria Antonietta Strazza, Vitantonio Toglia, Lucia Nicoletta, Rocco Giammarino, Angelo Castellano, pazienti e familiari, le 25 “orfanelle” e le Suore di Santa Maria,Suor Luisa, Suor Anna De Filippis, tra le tante ragazze Tina De Vito, che pur ormai adulta, aveva voluto far ritorno all’Istituto, per aiutare altre ragazze, Alba Maggio, praticamente una vita vissuta sin dai primi istanti in orfanotrofio, le tre sorelle Lucio trovate abbracciate e così sepolte, così pure le sorelle Gallo di Andretta, Ciriello di Grottaminarda, Biancamaria Fonso e tante altre. Ricordo le famiglie totalmente scomparse, addirittura anagraficamente, come quella del farmacista D’Anna, dell’Agente di custodia Forgetta, del geom Natola.

Un pensiero va ai ragazzi scomparsi, che da poco mi avevano salutato alla Radio Libera RAID: Luigi Martinelli e Felice Cetta. Il mio caro ricordo ai giovani che con me condivisero i tragici momenti del terremoto che, abbracciandoli forte, l’incitavo a stare uniti, stretti, vicino a me sperando di salvarli tutti: Assunta e Silvana Fasano, Marilena Tresca, Gerardo Pizzirusso, Carmine Masullo, Antonio Vettese, Daniela Minicucci, che in quegli attimi perdeva il papà Luigino, la mamma Amina, e due fratelli Raffaele e Luca,ed ancora Annabella Donadio, Rocco Aquilone, Ciro D’Argenio e tanti altri.

Poi in piazza Umberto I, l’abbraccio con Michele Vespasiano che, disperato per l’incerto destino dei suoi, rientrava dalla piazza De Sanctis, mi parlava di una sorta di ‘Apocalisse incombente”. Gerardo Chiusano che, giocando, era finito sotto una ruota di un camion lì parcheggiato, tratto in salvo velocemente con l’aiuto di diverse persone, tra i tanti che intervennero Italo Imbriano. Riecheggiano nella mia mente le invocazioni di aiuto del carabiniere Gallotta, sepolto con tutta la sua famiglia sotto pesanti macerie. La certezza della morte di Pinuccio Alloro, vigile comunale, con i suoi familiari che con il padre Agostino tentammo di estrarre dalle macerie.

Ricordo ancora, la corsa verso casa, la mia casa, verso le palazzine, in via Criscuoli, l’ansia per i miei familiari, mia sorella Anna era salva, ma i miei genitori stavano a Napoli, mio fratello Gabriele era tenente dell’esercito di stanza ad Avellino, erano salvi? Tanta l’angoscia di sapere come e dove stavano. Tutto il mio impegno nel trarre in salvo il caro Natalino Verderosa dalle scale completamente spaccate e pericolanti del palazzo dove abitava, e poi nello stesso edificio l’abbraccio ed il soccorso  a  Franco Mocella e la sua famiglia salva.  L’incontro con mia cugina Lina Caputo-Sepe. La corsa disperata verso la casa di mio fratello Vincenzo e della sua famiglia, arricchita da poco della nascita del piccolo Francesco, il dramma della casa crollata di mio zio Ernesto sotto le macerie con zia Antonietta ed il piccolo nipote Marco Marandino, salvato da un meraviglioso,estremo,gesto d’amore del nonno Ernesto.

Ero lì a scavare con i cugini, e poi alzando lo sguardo verso il palazzo Japicca, scopro la luna al suo posto! E allora, con il cuore che scoppiava dalla disperazione, riprendo la corsa verso la casa di mio fratello, lungo questo tratto scorgo i morti sotto le balconate del palazzo Iapicca, 5 piani ridotti a sandwich, le invocazioni d’aiuto della Signora Maria che trovai incastrata tra i pilastri, la quale generosamente mi invitò a cercare il marito, il dott. Ettore Criscuoli, che purtroppo trovai già morto. Riecheggiano nella mia mente le disperate invocazioni di Antonietta Avallone all’indirizzo della casa crollata, alla ricerca dell’adorato nipotino.Non meno strazianti gli appelli di Maria Luigia Mustone-Verderosa alla ricerca della figlia Elena e di Toni

Mons. Chiusano che, con una lampada a neon, mi chiese di accompagnarlo nel dare le estreme unzioni ai morti o moribondi, ma quasi subito lo lasciai per soccorrere chi aveva ancora bisogno di aiuto. Un rapido giro di ricognizione dei familiari. L’incontro con Erio Matteo e Tonino Palumbo in piazza Umberto I, con il Vescovo Miglietta con i seminaristi e con don Armando impaurito, poi la ricerca di Don Bruno….

Il corpo di don Bruno fu estratto dalle macerie la sera di mercoledì, l’indomani poi con Franco Mocella ed il fratello Alfonso Mariani lo trasportammo a Morra de Sanctis, dopo una serie di vicissitudini con vigili e militari che presidiaviano il cimitero, proteggendo da sciacalli e ladri, che rubavano addirittura i beni dai cadaveri. Dovetti farmi autorizzare dal Procuratore della Repubblica Franzì, su un foglio volante, per il trasporto fuori comune.

Ricordo anche ragazzi generosi e dinamici, tra i tanti Vincenzo Formato, che nel disperato tentativo di salvare il padre Beniamino, liberò diverse persone da morte certa per soffocamento. Poi incontri, abbracci con i sopravvissuti, la disperazione per quanti scoprivamo deceduti, e lacrime per il mio paese, per la mia terra che era stata violentata e distrutta.

Tantissimi sono i volti ed i nomi che mi passano per la mente: mamme, papà, che tiravano su le famiglie con tanta speranza, bambini che si affacciavano al mondo, nonni speranzosi per i nipoti per un futuro di pace e di prosperità, innamorati che sognavano un futuro comune, sportivi entusiasti per la squadra dell’Avellino, contadini fiduciosi della semina per un raccolto che non avrebbero mai visto, quanti aspettavano il Natale per il ritorno dei familiari emigrati, quanti hanno provato ogni speranza spezzata via,  quanti hanno con grida invocato aiuto.

Quanti dall’apertura dell’ Ospedale vedevano sorgere una nuova prospettiva di qualità della vita, quanti vedevano nella politica e nell’impegno delle nuove generazioni un nuovo potenziale di crescita di Sant’Angelo, come centro di riferimento culturale e di servizi, quanti si erano formati e vivevano l’esperienza de “il dialogo”, con la sua emittente libera Radio RAID, il giornale, il circolo e le molteplici attività, ideate, realizzate e sostenute da Don Bruno, Franco Mocella, Mario Sena, Erio Matteo,Vincenzo Lucido, Michele Vespasiano, Alfredo D’Andrea e poi da Tobia, Armando e Generoso Raffone, da giovani come Marcello e Giuseppe Siconolfi, Giuseppe Caputo, Ermanno Vespasiano, Ciro Mariella, Alfredo Tresca, Modestino Coppola, Celeste e Pinuccio Belvedere, Racchino Chiusano, ed ancora tanti altri,  ancora più giovani, insomma a tutti il mio affetto, per chi non c’è, il vivo e  commosso ricordo!

Un caro grato pensiero va a quanti, in ogni modo e con ogni mezzo, hanno espresso solidarietà, generosità, sostegno e vicinanza ai superstiti del sisma del 23 novembre 1980: Vigili del Fuoco, Esercito,da queste parti ancora più presente,attivo operativo e solidale per opera del Gen.Enrico  Repole, Polizia, Carabinieri, Volontari cattolici, Caritas, Sacerdoti, Laici, Sindacati, lavoratori e gente generosa e disponibile, grazie a tutti!

Non si può dimenticare anche la presenza di strutture regionali di assistenza giunte grazie a Mario Sena, in quel tempo Assessore Regionale alla Sanità, con cui fu drammatico e commovente l’abbraccio, alle prime luci del 24 novembre, con me ed i suoi amici salvi. Forte fu pure la presenza nei giorni e nei mesi successivi dell’Istituto Case Popolari di cui Franco Mocella era amministratore.

Senza sosta fu l’impegno dei medici e personale ospedaliero, prima tra le macerie e poi per portare assistenza: Dott/ri Pierro, Masi, Ammendola, De Simone, Frieri, De Vizia, Zerbino, Picardo, Maranca,DiFilippo,Albano,DiMarino,Torsiello,Ventola,Ciaccio,Punzetto,Testaverde,ecc..tanti altri.

Ricordo alcuni giorni dopo, quando don Armando Venezia, impaurito dal sisma non volle attraversare il “Soccorpo”la Cripta, per entrare in Cattedrale e mi invitò a prelevare dal Tabernacolo dell’ Altare Maggiore, coperto di macerie, la Pisside con le ostie benedette/consacrate dal caro don Bruno domenica sera, che emozione! Don Armando poi, quando, diciannove anni dopo, venne riaperta al culto la Cattedrale, con un significativo gesto, insieme a Mons. Nunnari, senza dare spiegazioni, volle che io portassi, per un certo tratto nella Cattedrale la pisside che ritornava al suo Tabernacolo.

Ma questa é un’altra storia, come tra le tante che, non vengono celebrate, per noi, allevati in famiglia da genitori Luisa e Saverio, alla scuola del sacrificio, della generosità, dell’umiltà e disponibilità verso tutti, l’impegno e la disponibilità é solo una testimonianza concreta, un atto d’amore, dovuto alla propria terra ed alla sua gente, senza protagonismi e celebrazioni; come il grande generoso infaticabile impegno di un giovane Tenente dell’Esercito Italiano Gabriele Lucido, impegnato senza sosta nei soccorsi, nella gestione dell’emergenza, nell’assistenza, dando senza risparmio, tutto se stesso, coordinando i soldati a lui assegnati, ma sempre sacrificandosi in prima persona, additato ad esempio dal Commissario Zamberletti.

Ricordo, quando con i giovani della radio Gerardo,Carmine,Rocco  salvammo la pregevole statua di Gesù morto, dell’Addolorata, e “l’Ecce Omo” dalla distruzione ad opera dei tedeschi della Chiesa di San Nicola.

Questi sono solo frammenti di un vissuto, scritti con il cuore gonfio di emozioni e con lacrime agli occhi. Nel cuore c’è una speranza: che le promesse di solidarietà, di laborioso impegno, tra i cittadini dei nostri amati paesi, possano prevalere sulla storica faziosità, settarietà, litigiosità ed individualismo proprio di questa nostra terra, perché un sussulto nuovo di pace, di impegno, di attaccamento alla nostra Comunità possa aiutare tutti a riscoprire nuovo senso di appartenenza e nuovo protagonismo della gente d’Irpinia e di Sant’Angelo dei Lombardi. Solo in questo modo, credo, possiamo onorare i morti e ricordare la nostra storia!

Con il cuore ricolmo di emozioni, con i ricordi che si affollano nella mente, con struggente nostalgia, il mio ricordo va a quanti oggi non ci sono più, vi portiamo nel cuore sempre, ora come allora!”

Source: www.irpinia24.it