Avellino – La storia della Diocesi nell’ultimo libro di Zappella

Presenti all'evento anche monsignor Francesco marino e il vescovo di Ariano Irpino Sergio Melillo

ALogo Diocesi Avellinovellino -  Potrebbe sembrare un libro strettamente riservato agli addetti ai lavori quello che il professore Michele Zappella ha presentato quest’oggi al Palazzo Vescovile di Avellino ma, in realtà, Il clero della Diocesi di Avellino e la sua vicenda storica dal 1958 al 1978 (edito da L.e.r.) è, prima di tutto, un testo di storia raccontato attraverso le figure di due importanti monsignori irpini, ossia Gioacchino Pedicini e Pasquale Venezia. È un racconto di cambiamenti che si dipana a partire dalla testimonianza di chi fu coinvolto direttamente negli eventi e nelle cesure che sono oggetto dell’indagine storica condotta dal prof. Zappella. È un racconto che riguarda la variazione del ruolo della Chiesa e dei suoi modi di operare che travalica la spiritualità e si riflette tanto nelle istituzioni dello Stato italiano quanto nel pensiero del popolo da esse amministrato.

Protagonista del libro è, senza dubbio, il rapporto tra il popolo irpino e i suoi pastori ecclesiastici, giacché lo stesso monsignor Francesco Marino ammette che quella di Zappella è una «produzione che va al di là della sintesi storica e stimola alla riflessione teologica e pastorale». Difatti, per Marino, erede dell’operato di Pedicini e Venezia, «c’era bisogno di una produzione di questo genere perché rende accessibili le memorie di un periodo storico travagliato per la nostra Chiesa». D’altronde, lo stesso monsignor Marino, in un’intervista rilasciata prima dell’inizio della conferenza stampa, ha dichiarato che, da allora, «i tempi sono cambiati ma le problematiche sono rimaste le stesse: la Chiesa ha risentito della secolarizzazione e di una visione differente sul rapporto con Dio» e, richiamando una tematica di stringente attualità come l’immigrazione tramite un parallelo tra l’epoca cui si rivolge il libro, in cui «noi eravamo i migranti», e quella odierna, Marino sottolinea anche che «l’accoglienza è un dovere per i cristiani, per cui il Papa fa bene a coltivare questo spirito» perché «da sempre la Chiesa interviene nelle emergenze».

Profondo è l’intervento del vescovo di Ariano Irpino Sergio Melillo, ancora fresco di nomina, il quale si limita a dirigere l’attenzione dei presenti su alcuni fatti importanti che aprono e chiudono il ventennio attorno cui ruota l’analisi di Zappella: «Nel 1958 muore Papa Pio XII e viene eletto Papa Giovanni Giovanni XXIII». Per il vescovo, il semplice passaggio di consegne avvia un «cambiamento che si riflette sulla Chiesa e sullo Stato civile, visto che il 1958 è anche l’anno in cui la Democrazia Cristiana apre a sinistra, verso il Partito Socialista». Melillo ricorda che «monsignor Pedicini scrisse una lettera in cui esponeva la sua contrarietà a tale apertura» e aggiunge che, all’epoca, «la maggior parte dei preti era di vecchia formazione». «Monsignor Pedicini aveva combattuto la Prima Guerra Mondiale – spiega il vescovo – e aveva grandi aspettative dal Concilio». A riprova di ciò, proprio Pedicini «appena tornato dal Concilio si conforma alle novità». E si arriva, quindi, al 1978, che «è l’anno della strage di via Fani, del sequestro di Aldo Moro, di una grande effervescenza del mondo giovanile e anche dei quello ecclesiastico».

Alla luce di ciò, per Melillo, «il testo di Zappella fornisce l’assist per guardare al passato con uno sguardo lungo sul futuro e per mantenere una weltanschauung [visione del Mondo, ndr] cattolica sul Mondo […]. È inutile parlare di una societas cristiana che non c’è più ma questo ci deve spronare ancora di più nel cammino che dobbiamo intraprendere», conclude Melillo. A concludere la presentazione è proprio l’autore del libro, Michele Zappella, che, nel rispondere ad alcune domande postegli in precedenza dalla stampa, ha rivelato che il suo obiettivo era mostrare che «Pedicini e Venezia hanno anticipato il Concilio Vaticano II». Zappella ha evidenziato che sia il monsignor Marino sia il vescovo Melillo, in quanto successori di Pedicini e Venezia, «oggi sono chiamati ad evangelizzare nuovamente le nostre genti per combattere la scristianizzazione che sta distruggendo le nostre famiglie […], che si abbatte anche sui migranti, mossi dalle guerre create dalla finanza liberal-capitalistica».

Zappella ricorda che «la Parola di Dio non è un fine ma un mezzo per entrare in comunione con noi, il che è il fine stesso della Rivelazione cristiana». Per Zappella, «fare storia non è la riemersione del passato ma comprendere il presente con le luci e le ombre del passato per correggere gli errori del futuro» e, a tal proposito, mette in guarda chi crede che «attraverso un partito, uno Stato etico o un movimento si possa cambiare la società civile» perché si cadrebbe nello stesso errore commesso da «i Giovani del Dissenso Ecclesiale, che cercavano di coniugare la Bibbia e il Libretto Rosso di Mao, dimenticando che l’uomo non ha inscritto, nel suo statuto ontologico, il potere di salvare se stesso: solo Cristo ha questo potere, motivo per cui è il Redentore».

Source: www.irpinia24.it