Viaggio in Irpinia: benvenuti a S. Angelo all’Esca, terra natia del filosofo Paolo Raffaele Troiano.

Oggi il nostro viaggio in Irpinia fa la sua tappa domenicale in un piccolo borgo della media Valle del Calore, situato su un declivio collinare : S. Angelo all’Esca. Luogo ideale per un turismo fuori dalla massa ,alla ricerca di una dimensione più autentica, che possa coniugare salubrità e ricercatezza di produzioni tipiche di eccellenza.

sant_angelo_all_escaOggi il nostro viaggio in Irpinia fa la sua tappa domenicale in un piccolo borgo della media Valle del Calore, situato su un declivio collinare: S. Angelo all’Esca. Luogo ideale per un turismo fuori dalla massa ,alla ricerca di una dimensione più autentica, che possa coniugare  salubrità e ricercatezza di  produzioni tipiche di eccellenza.

Il paese sorge su una ridente collina e abbraccia con lo sguardo scorci di una Terra che si tinge di colori cangianti: dal verde imperante alle sfumature delle gialle distese di grano. E – di sera – il rosso di incantevoli tramonti fa da cornice a paesaggi mozzafiato.

Qui, nel cuore dell’Irpinia, Cerere scelse il suo tempio, a rendere floride le sue messi. E Dioniso tinse di rosso le vie dell’aglianico, vitigno autoctono che impreziosisce  le ridenti campagne santangiolesi: chianorangelo, carazita, nomi noti e cari ai viticoltori locali, per l’eccellente qualità del vino che qui si produce.

Una passeggiata tra i campi , a respirare gli arcani silenzi , potrà ritemprare l’animo del visitatore e offrire alla vista uno scenario in cui l’animo e lo sguardo possono sconfinare

Le origini del paese sono avvolte dalla Leggenda, perché non esistono fonti certe cui  fare riferimento. E’ possibile – però –  risalire ad antiche testimonianze,  che rimandano a un insediamento romano della tribù Cornelia: qui, alla sommità della collina fu eretto un tempio a Cerere – dea delle messi – a simboleggiare la fertilità del territorio, assai congeniale alla coltivazione della vite e dell’olivo.

S. Angelo all’Esca beneficiava di una posizione privilegiata: un territorio ricco di acqua, un avamposto per le truppe imperiali stanziate nella vicina città di Aeclanum,  colonia di Roma.

Il nome Esca potrebbe, infatti, derivare da iscas, zona umida, ricca di acqua, o da escara, che in greco stava ad indicare l’altare su cui si immolavano le vittime sacrificali.

Il nome  S. Angelo è invece un omaggio all’Arcangelo Michele, una figura che sostituì il culto del dio guerriero Wotan, caro ai Longobardi, insediatisi nella media valle del Calore.

S. Michele Arcangelo è patrono del paese dal 1776.

Il feudo, facendo parte dell’ager Taurasinorum, seguì le sorti dei vari sovrani che si avvicendarono : nel 1539 i Capece lo cedettero ai Gesualdo e fino a metà del 1600  fu uno dei paesi più produttivi dell’Irpinia.

S. Angelo fu poi in mano ai marchesi Spinelli, che morirono senza lasciare eredi. Il territorio fu venduto ,quindi, a Bruno di Foggia e concesso poi a un suo erede. Con la discesa di Napoleone e la  soppressione delle baronie e della feudalità, il capoluogo dell’antico Principato Ultra fu trasferito da Montefusco ad Avellino.

Con l’avvenuta Unità d’Italia, S. Angelo all’Esca visse sotto lo scettro dei Savoia: in questo periodo (1863) diede i natali al filosofo Paolo Raffaello Troiano , che fu generato in una famiglia di ricchi possidenti terrieri  e  visse  la sua infanzia in una terra semplice e autentica che, ancora oggi, si identifica nei umiltà di costumi e nella nobiltà  ricchezza di tradizioni.

S. Angelo – grazie agli studi su Troiano, ha avuto il privilegio di ospiti di eccezione, tra i quali, i filosofi Giacomo Marramao e Roberto Esposito, due tra i massimi studiosi del pensiero sulla Comunità .

L’evento da non perdereèil Pastiero (ultimo sabato di dicembre): è un momento in cui tutta la comunità si ritrova a condividere un timballo di maccheroni, uova e formaggio, cotto in piazza , in un ruoto di rame. Intorno al fuoco di  un grande falò, si esorcizzano i Mali di un anno che sta per concludersi: in realtà, l’idea  nasce nell’immediato post terremoto, a giovani del luogo che volevano ricostituire un momento di comunanza. Rappresenta  oggi il segno di una identità collettiva, in cui riconoscersi come santangiolesi.

La nostra visita  si conclude a tavola, con un piatto di fusilli e un buon bicchiere di Taurasi.

Alla prossima tappa!

 

Raffaella Luise

 

 

Source: www.irpinia24.it