Antonella Nappa: “La presenza negata delle donne nella musica colta”

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foto.Contrariamente a quanto si pensa la presenza di compositrici nella storia della musica colta è stata sia costante nel tempo, che rilevante qualitativamente e quantitativamente. Perché, allora, nella maggior parte dei testi di carattere musicale non sono menzionate? In un’intervista del 1920 Sir Thomas Beecham, direttore d’orchestra britannico e fondatore della London Philharmonic Orchestrae la Royal Philharmonic Orchestra, asseriva: Non ci sono donne compositrici, non ci sono state e non ci saranno mai!

Non si comprende se egli parlasse per ignoranza o malafede, considerando che la compositrice Cécile Chaminade era sua contemporaneaCécile dovette studiare composizione solo privatamente per l’opposizione del padre, perché convinto che: Nella classe media le ragazze hanno lo scopo di essere mogli e madri. Ciò nonostante non solo divenne compositrice ma, nel 1913, divenne il primo compositore donna  a essere ammessa National Order of the Legion of Honour. Beecham si sbagliava ma, affermando tale assenza, metteva in luce una realtà spesso volontariamente sottaciuta: la presenza negata delle donne nella musica colta.

Il genio femminile, sovente nelle diverse epoche storiche, doveva sottostare a veti e condizionamenti sociali che denotavano una visione mono-culturale maschilista. Mentre per l’uomo comporre musica era una professione, per una donna l’arte musicale doveva rappresentare solo un piacevole passatempo. Tale diffuso e comune pensiero, per molto tempo, è stato preponderante nella sfera musicale ove le donne non godevano di particolare considerazione. Le donne libere, indipendenti e volenterose di accrescere la propria cultura, erano mal viste perché non corrispondevano al cliché della donna quale madre, moglie e custode del focolare domestico.

La musica doveva essere un nobile passatempo per ogni fanciulla di buona famiglia, ma non doveva diventare un’occupazione professionale, che potesse distrarla dal compito primario di madre. In tale prospettiva deve essere letto quanto scrisse il dottore Edward Clark, professore di Harvard, nel suo Sex and Education, pubblicato nel 1873: Le donne potrebbero dimostrarsi capaci di eguagliare o anche surclassare intellettualmente gli uomini, ma poiché la biologia ha dimostrato che tale sviluppo intellettuale si otterrebbe al costo della capacità riproduttiva, ciò doveva essere condannato su basi biologiche.

Nell’European Parliament Resolution regarding Equal Opportunities for Women in the Performing Arts, del 10 marzo 2009, si evince che le donne rappresentano il 50% di coloro che lavorano nell’ambito artistico, ma l’89% delle istituzioni artistiche europee sono dirette da uomini. Inoltre, tale documento evidenzia che le disuguaglianze, riguardo alle prospettive di carriera e alle opportunità tra uomini e donne, sono presenti e persistenti e aggiunge che le donne dedicano tempo ed energie per poter raggiungere obiettivi individuali, con enormi sacrifici personali, sociali e finanziari;  vittime di un sistema  che resiste a eventuali forme di cambiamento e conduce a comportamenti discriminatori.

Il fatto che, ancora oggi, si senta la necessità di fondare delle organizzazioni internazionali non governative, come per esempio la Fondazione Adkins Chiti: Donne in Musica, per riconoscere e valorizzare il contributo delle donne alla cultura musicale, la dice lunga.  Fino a quando la donna dovrà essere tutelata, come avviene per gli animali in via di estinzione, per diritti naturalmente riconosciuti a qualunque essere umano che voglia dare voce e visibilità alla propria creatività artistica, la discriminazione sarà sempre presente. Nello splendido periodo artistico che dal primo Cinquecento arriva alla seconda metà del Seicento, operava un nutrito numero di compositrici: Isabella de’ Medici, Vittoria Aleotti, Eleonora Orsini, Lucia Quinciani, Claudia Sessa, Settimia Caccini, Barbara Strozzi.

La protagonista dell’articolo, Maddalena Casulana, non è stata scelta a caso tra le varie compositrici ma perché detentrice di un primato importante: fu la prima donna, nella storia della musica occidentale, che diede alle stampe opere musicali e che considerò se stessa una compositrice professionista. Oggi 8 marzo, ritengo che un articolo su questa straordinaria compositrice sia un tributo necessario e dovuto.Maddalena de Mezari, detta “Casulana,” fu compositrice, liutista e cantante nel periodo del tardo Rinascimento.

Poco si conosce della sua vita. Maddalena (ca. 1540 – ca. 1590) fu probabilmente chiamata Casulana  perché nacque a Casola d’Elsa (Casula) vicino Siena. Nel 1566 furono pubblicati i suoi primi quattro madrigali a quattro voci: Vedesti Amor Giamai di si bel sole, Sculpio ne l’alm’Amore,  Morir non può il mio cuore,  Se scior si ved’il llacci’a cui dianz’io, apparsi in una antologia di autori vari intitolata Il desiderio; l’antologia comprendeva anche opere di diversi eccellentissimi autori, pubblicati a Venezia da G. Scotto.Il suo nome figura qui accanto a quelli di Orlando di Lasso, Cipriano de Rore, Giovanni Nasco, Annibale Padovano, Costanzo Porta, Gioseffo Zarlino e Stefano Rossetti. Nel 1568, la Casulana ristampò queste composizioni, inserendole nella sua prima opera individuale, il Primo libro de madrigali a quattro voci (Venezia, G. Scotto), dedicato a Isabella de’ Medici Orsini duchessa di Bracciano e coetanea di Maddalena.

Isabella era una persona di notevole cultura e particolarmente amante della musica; essendo cantante e compositrice, poteva ben apprezzare la dedica da parte della Casulana: All’Illustrissima et Eccellentissima Signora, la Signora Donna Isabella De ‘Medici Orsina, duchessa dei Bracciano […] di mostrar also Al Mondo (per Quanto mi Fosse concesso in questa professione della Musica) il vano error de gl’huomini, il Che Degli alti doni dell’intelletto Tanto SI credono Patroni, il Che par Loro, ch’alle Donne non possono medesimamente Esser comunicazione. In queste poche ma incisive parole, la compositrice esprime tutto il suo desiderio di sovvertire il pregiudizio del tempo secondo cui le donne non avrebbero avuto la capacità di comporre musica al pari degli uomini.

La dedica, oltre alla dimostrazione della devozione all’illustre personaggio (anche questo femminile), contiene un’orgogliosa rivendicazione delle possibilità di successo che la donna può conseguire nel campo musicale. La Casulana era consapevole delle barriere di genere e degli stereotipi del tempo che vedevano e volevano la condizione della donna segnata da una netta discriminazione e sudditanza rispetto agli uomini. Il giudizio che la Casulana esprime, nella dedica del suo “Primo Libro de Madrigali a Quattro Voci”, è audace; nessun’altra donna aveva osato tanto.

E’ certamente un caso raro, non preceduto né seguito da simili episodi: la rivendicazione della compositrice di essere presa sul serio come artista donna. Con questa determinazione riuscì a ritagliarsi all’interno di un ambito tradizionalmente maschile uno spazio proprio, senza che ne sia seguita la critica di essere donna troppo ambiziosa. Aveva un’autoconsapevolezza del suo ruolo di compositore “donna” e la preoccupazione di metterlo in luce. La sua dedica a Isabella de’ Medici invita a considerare la sua opera come un lavoro femminile di alto intelletto. Non reclama di scrivere bene come un uomo o nello stile di un uomo ma di possedere, lei “donna”, il dono di un alto intelletto nella stessa maniera in cui lo possiede un uomo.

Appare perciò sorprendente che sia stata una compositrice di successo e ben rispettata, e che non abbia subito critiche di essere una cattiva imitatrice dei compositori maschi o una donna impropria. Appare evidente la sua consapevolezza degli stereotipi di genere nonché, il desiderio di sovvertirli rifiutandosi di lavorare all’interno delle tradizionali sfere musicali femminili. Ciò si evince anche dalla scelta dei testi – di alto livello intellettuale e talora erotici – dalla sua abilità compositiva all’interno del genere del madrigale, dalla sua insistenza sull’importanza che i suoi lavori fossero pubblicati. La scelta di dedicare il suo primo libro di madrigali a una donna (Isabella de’ Medici), anziché a un uomo, era un gesto particolarmente provocatorio per una donna compositrice.

I suoi madrigali rivelano un alto livello sia dal punto di vista della formazione musicale, che sul piano creativo e non solo: attraverso la manipolazione del prototipo del madrigale, emancipa la voce femminile, dandole un ruolo di maggiore rilievo nell’intreccio delle voci. Ormai ben nota negli ambienti di corte e in quelli accademici, nel 1570, Maddalena pubblicò la sua seconda raccolta intitolata “Il secondo libro de’ madrigali a quattro voci”, con dedica ad Antonio Londonio (potente ufficiale governativo milanese del quale riuscì ad assicurarsi i favori con evidente abilità diplomatica). All’apice della notorietà, nel 1583, Maddalena pubblicò l’ultima opera pervenutaci, “Il primo libro de’ madrigali a cinque voci”. Il suo stile compositivo, moderatamente contrappuntistico, si distingue per i cromatismi ma rinuncia alle sperimentazioni estreme dei compositori come Luzzaschi e Gesualdo.

La linea melodica è cantabile e accurata. I testi poetici, scelti dalla Casulana, sono di Francesco Petrarca, Annibale Caro, Serafino Aquilano, Iacopo Sannazaro, Giambattista Guarini, Giambattista Strozzi, Bernardo Tasso, Luigi Tansillo, messi in musica in modo sofisticato e creativo. Della compositrice ci sono pervenuti un totale di 66 madrigali che rivelano una formazione tecnica e musicale abile e creativa, riscontrabile in intricate imitazioni, omofonie e armonie varie. L’esame delle sue opere dimostra una profonda padronanza del genere madrigalistico. L’esperienza musicale di Maddalena Casulana è uno di quei validi casi che smentisce il tòpos circa le donne compositrici.

Ricca di una forte personalità, prese sul serio l’impegno di compositrice, ricevendo il rispetto e la stima dei colleghi maschi, riuscendo a ritagliarsi un proprio spazio all’interno della società maschilista del XVI° secolo, senza soffrire di complessi di inferiorità. Nel Cinquecento le possibilità per una donna di affermarsi nel campo musicale erano limitate. Le più fortunate erano le nobili, le donne di famiglia colta, le figlie d’arte, che potevano trovare uno spazio come virtuose cantanti alle corti o nei teatri, e le monache. La creatività musicale delle donne è sempre stata soffocata dai preconcetti ma, per ironia della sorte, proprio una donna è la patrona della musica, dei musicisti e dei cantanti: Santa Cecilia.   

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