Lecce – Isacco Luongo: “Cosa unisce l’Irpinia alla Puglia messapica?”

Museo_Castromediano_Lecce_002Lecce - Continua il tour dello scrittore Irpino Isacco Luongo, questa mattina è avvenuta la consegna del volume “Compendio S. Paolina Madre-civitas Montefuscoli” alla Biblioteca Provinciale di Lecce, sita nello stabile del Museo Provinciale dell’omonima città.

La consegna del libro non è casuale, perché c’è un grande personaggio leccese che fu tenuto ingiustamente prigioniero nel terribile carcere irpino di Montefusco. E fu lui stesso a parlare della sua tremenda prigionia montefuscana. La sua celebrità è nota ai cultori di storia del risorgimento, infatti parlo di Sigismondo Castromediano che, era originario di Cavallino (LE), e nei suoi scritti descrive Montefusco come “il carnaio”, nel quale le persone venivano gettate come carne a marcire. Questo aspetto non banale della norma penale borbonica, venne eseguita con metodi spregiudicatamente zelanti a Montefusco, e questo stesso aspetto, fu sottolineato in perfetta concordanza, anche da altri autori locali; e tra questi brillano le scritture dell’abate curato di Montefusco, Don Palmerino Savoia che nel 1972 definì la sede della Regia Udienza Borbonica come il luogo del «tormentum» ovvero lo “Spielberg” borbonico dell’Irpinia.

Unitamente a questi collegamenti d’epoca risorgimentale, c’è un lungo filo conduttore che unisce la Puglia messapica all’Irpinia, fra questi elementi bisogna ricordare che gli stessi “Montefuscolo” furono nobili iscritti nel Patriziato della Terra d’Otranto e di Brindisi, e molti di loro amministrarono la giustizia già in epoca federiciana sia in Puglia che in Irpinia. Questo emerge nell’inserto d’appendice di 96 pagine titolato Montefusco fatti & misfatti, che si collega alle scritture della ricercatrice pugliese Stefania Mola, nelle quali si nota che, un cognominato “Montefuscolo” fu incaricato dall’imperatore Federico II di Svevia a costruire quel castello a pianta ottagonale sulle Murge baresi; quello meglio noto ai turisti col nome di Castel del Monte.

“Che altro aggiungere: tra le fonti figurano riferimenti a studiosi pugliesi come Giovanni Alessio e persino il glottologo Ribezzo. – Chiaramente, Plinio il vecchio riportò l’Irpinia nella Regione Apulea e nel libro si ritrovano anche collegamenti Irpino-Japigi molto più antichi, e tra questi figurano le ceramiche decorate a crudo del tipo “Guadone-Tiné” che vedono come termine ultimo la zona di Santa Paolina(AV) e la recente fornace del IX secolo a. Cr., ritrovata dall’autore l’estate scorsa. In questo caso si tratta di una cultura antichissima che non andò mai ad occidente del fiume Sabato e non si diffuse mai nel Partenio e nemmeno nella zona tirrenica della Campania; ma sfiorò l’Irpinia centrale e settentrionale, lungo il confine con le alture che dividono dalla Valle Beneventana. – Quindi si tratta di un “Compendio” multi-disciplinare che collega l’Irpinia anche alla Puglia messapica senza trascurare quei grecismi ancora presenti nei comuni irpini di Savignano, Greci, ed altri piccoli borghi oramai dispersi lungo le alture dell’appennino. Che dire poi della cultura del ricamo del Tombolo e del vitigno “Greco”? Tutto questo si trova tra le pagine di Compendio Santa Paolina ed è stato consegnato alle sapienti mani della dott.ssa Valeria Dell’Anna, responsabile della Biblioteca Provinciale di Lecce, con l’auspicio di rendere fruibili questi temi di ricerca a tutti gli interessati che desiderano conoscere meglio questi aspetti brevemente illustrati.  La Dot.ssa Dell’Anna ha accolto positivamente tra le sue mani questa piccola goccia di Irpinia racchiusa nelle pagine del libro, e si è prontamente attivata per rendere al più presto disponibile il testo al catalogo del Polo Bibliotecario di Lecce, anche online”, così Isacco Luongo afferma in una nota su questa tappa nella Puglia Messapica, ricordando che “i ponti della cultura possono superare gli alti monti che dividono la nostra terra in feudelli o campanili. Ma questi ponti, domani chissà, potranno essere percorsi anche in senso inverso, per interessare futuri studi dove “gocce di Salento” potranno tranquillamente interessare gli studiosi del Partenio Irpino. Se tutto questo avverrà, allora spero di aver dato un modestissimo contributo”.