Irpinia: terra da vivere o da morire ?

irpinia - cartinaLa nostra è una società complessa: il suo nucleo costitutivo non è più rappresentato  dalla famiglia, ma da una molteplicità di componenti e da una fitta rete di relazioni, che danno vita a mescolanze socioculturali  fluttuanti  e in continuo dinamismo. A queste identità multiple e sfaccettate bisogna accostarsi per capire l’essenza costituiva di una convivenza civile che sembra sempre più pervasa dal male di vivere.

C’è una continua sospensione. Tra inquietudine e smarrimento. Esistenze appese a fili sottili, fragili. Alienanti forme di disagio.  Depressione, ansia. Nevrosi di vario tipo: questa la rappresentazione di una società ‘binaria’, per così dire. Che corre in doppia direzione: l’una, verso la Vita. L’altra, verso la Morte. A volte le nevrosi scaturiscono dalle maglie di una società troppo serrata, troppo irrigidita in schemi di valutazione legati all’Apparenza, alla finzione: tali parametri tendono ad escludere chi già vive ai margini della società. O , semplicemente chi ha una visione diversa della Vita e del mondo. E forse, perciò, la percentuale dei suicidi cresce.

L’Irpinia non è immune a questa strisciante forma di alienazione,  che spinge a negarsi l’Esistenza : assistiamo spesso a Morti ‘cercate’, a vite che si spezzano per disperazione, angoscia, solitudine. In 7 mesi 23 morti. Un primato da far rabbrividire, quello che l’Irpinia detiene sul fronte suicidi. Disparate le cause : non solo o non sempre depressione e disagio i fattori  scatenanti. Anche tanta normalità . Esistenze  fragili, ‘apparentemente’ normali che  – per un momento di black out – vacillano fino a spezzarsi.

Si spengono per sempre.Probabilmente,  viviamo  in un mondo  che si trasforma troppo in fretta : l’individuo, all’interno di una dinamica sociale così multiforme e –spesso- frammentaria – non ha più punti di riferimento fissi. Si assiste a una subitanea sostituzione di valori, che può provocare smarrimento e destabilizzare  anche quel senso di sicurezza su cui si fonda l’identità della persona: fattori, questi, che segnano il passo della contemporaneità. E contribuiscono a creare ragioni di disagio, malessere psico/fisico.

Queste ragioni, unite spesso alla mancanza di lavoro, a difficoltà di inserimento sociale, portano a conflitti esistenziali difficili da gestire,  soprattutto se non si è innestati in un solido circuito familiare e relazionale. E se non si ha una tempra  molto solida.

I più vacillano, molti si abbandonano ai viaggi virtuali della droga. E tanti cadono. Nel tentativo di  trovare una via d’uscita. O semplicemente, cercando un modo per affrontare la Vita. Quanto e cosa fanno o potrebbero fare le Istituzioni per lenire il malessere esistentivo sempre più dilagante? Mai abbastanza, perché ora la percentuale dei suicidi  qui in Irpinia è davvero altissima.

La Politica, attraverso la sensibilità dei suoi rappresentanti può e deve interpretare i segnali di disagio che arrivano  da una realtà sempre più sfaccettata,  percorsa da una inquietudine sempre più pervasiva. Non bastano più le tante parole: di cordoglio,  di solidarietà . Di comprensione.

Ora servono i fatti: si deve intervenire sul Sociale , andando a ricostituire un anello di congiunzione essenziale, quello tra individuo e società. Il solidarismo sociale, una politica di comunanza e di unitarietà . Non sono sufficienti il mondo dell’associazionismo e del volontariato a riempire un vuoto strutturale, fatto di piani di zona sociali carenti,  di misure insufficienti a sostenere politiche sociali di ascolto, vicinanza e rispetto per le ragioni dei più deboli.

Spesso manca una seria programmazione , un’azione di monitoraggio costante sul territorio, un’analisi dei bisogni reali, un coordinamento efficace con le strutture sanitarie: i piccoli paesi d’Irpinia -che potrebbero rappresentare un patrimonio per lo sviluppo territoriale- assurgono spesso agli ‘onori’ della cronaca per i casi di suicidio. Urge un confronto serio, un tavolo istituzionale, una concentrazione di forze . Economiche, politiche, sociali. C’è  la necessità di riannodare i fili della stessa politica ad una dimensione etica, che non è una valutazione di tipo morale , ma soltanto una possibilità di farci rivedere il nostro agire.  E volgerlo alla crescita di una condizione di dignità .Volgere lo sguardo  un po’ oltre , distogliendolo da questioni strettamente contingenti, legate a una visione forse un po’ troppo utilitaristica della politica ,che andrebbe rivisitata nella sua interezza.

Urge  un profondo esame di coscienza: soprattutto, per  chi potrebbe intervenire a livello istituzionale. E preferisce – invece –  ‘guardare dall’altra parte’.

 di Raffaella Luise