Centro Storico (Av) – I fratelli Vella raccontano “piazza libertà” e “casa cultura Hugo”

11 magAvellino - Domani mattina ci sarà un nuovo evento, promosso da Social District, per valorizzare il Centro Storico della città. Già domenica scorsa, infatti, ci sono state  guide turistiche, come i fratelli Vella: Lina è dottoressa in Archeologia e Storia delle Arti, invece Generoso, dottore in Lettere, è noto come artista e segretario dell’associazione culturale Europart 94. Lina ha iniziato il tour con piazza Libertà, Generoso lo ha chiuso con la casa della cultura Victor Hugo.

Lina è partita da lontano parlando, in modo dettagliato, di piazza libertà: “il Largo fu abitato a partire dal XIII sec. quando l’Avellino longobarda nasceva su una collinetta, sulla quale venne eretta una chiesa intitolata “Santa Maria degli Angeli” e un piccolo convento abitato da frati francescani (convento che, secondo la tradizione, fu eretto dal santo di Assisi). Dopo la canonizzazione di S. Francesco (1228) la chiesa fu dedicata proprio al Santo. I confini del monastero erano delimitati da una colonna di pietra, sormontata da una Croce di ferro (che  si trovava nei pressi dell’attuale Palazzo vescovile). Agli inizi del ‘300 nei pressi della Croce fu costruito il primo ospedale cittadino, che frate Giacomo Pandenolfi chiamò “Ospedale di Tutti i Santi”. In realtà si trattava di un ospizio per pellegrini e poveri in cerca di rifugio (nel 1618 fu intitolato a Sant’Onofrio). È a partire dal ‘500 che ebbe inizio quel processo di inurbamento del Largo che pian piano diventava il nuovo centro della città. Maria de Cardona (nobildonna italo spagnola e signora di Avellino) sul cavo orientale del Largo fece costruire il monastero domenicano della Santissima Annunziata con annessa una chiesa (che si trovava nell’odierna Prefettura).  Nel 1517 nei pressi dell’Ospedale fu costruito il Seminario diocesano. Nel 1620 Marino II Caracciolo nei pressi del monastero domenicano fece erigere Porta Napoli, da cui prendeva inizio il viale del Miglio (attuale Corso) ombreggiato da due file di pioppi. La principessa Antonia Spinola tra gli ultimi anni del ‘600 e l’inizio ‘700, fece costruire il Casino Spinola, detto volgarmente dal popolo il Palazzotto per la forma tozza, bassa, con un solo piano rialzato. Nel 1709 il Castello di Avellino, residenza dei principi Caracciolo, era in cattive condizioni. Così, la famiglia Caracciolo decise di abbandonare il Castello e fece costruire una nuova residenza nella piazza centrale della città, e fu costruito Palazzo Caracciolo (attuale Palazzo della Provincia). Il Palazzotto divenne una dipendenza di questo Palazzo e fu adibito a scuderia, carcere e poi caserma. Nel 1700 il monastero di S. Francesco a causa del terremoto fu ristrutturato e ampliato grazie a padre Berardino Mallardo. La chiesa aveva eleganti altari e fu arricchita da una cupola rivestita all’esterno da maioliche gialle e verdi. Nel convento vi era un ampio chiostro, con colonnato, e un pozzo scavato nel tufo. Nel 1732 un disastroso terremoto compromise la struttura del seminario che fu trasferito nei pressi della cattedrale. Al suo posto venne costruito il palazzo vescovile”.

Nell’ 800 la soppressione degli ordini monastici (1807) e l’occupazione francese,  – ha continuato Lina Vella – determinarono  profondi cambiamenti nella città, dal punto di vista politico, religioso e soprattutto urbanistico e architettonico. I cambiamenti si riflessero nelle architetture, cambiando il volto della piazza. La piazza si arricchisce di un nuovo palazzo signorile: Palazzo Carpenito (tra palazzo Testa e palazzo Caracciolo). Nel 1806 Avellino diventa capoluogo di Provincia e per prima cosa furono abbattute le porte della città, simbolo del potere feudale. A capo della Provincia vi era l’intendente Mazas, con compiti di amministrazione e governo locale. Il comandante militare della Provincia era Leopold Sigisbert Hugo (il padre di Victor Hugo). Il palazzo vescovile (dal 1807-1816) divenne sede degli uffici dell’intendenza, che passarono al palazzo Testa e poi nella sede definitiva nell’ex convento domenicano (attuale Prefettura). Palazzo Caracciolo divenne sede dei Tribunali civili e criminali, e il Largo assunse il nome di Largo dei Tribunali.  La chiesa dell’Annunziata, dopo l’allontanamento dei domenicani, venne intitolata al Santissimo Rosario. Il monastero di San Francesco divenne caserma, assegnata alle truppe francesi e all’intendente Mazas. Il campanile del convento fu sopraelevato di un piano per accogliere un moderno orologio. L’ospedale di tutti i Santi fu abbattuto per consentire l’accesso alla strada via Due Principati e per costruire il Teatro comunale (voluto fortemente da Mazas) e terminato nel 1817. Il decennio francese portò con sé la nascita di società segrete come la Massoneria e la Carboneria, i cui aderenti inneggiavano alla libertà e alla costituzione. I fermenti rivoluzionari ebbero il culmine nella notte del 1-2 luglio 1820. Infatti, 130 soldati e  20 ufficiali, guidati da Morelli e Silvati , con l’appoggio dell’abate Minichini insorsero contro il dispotismo borbonico. Gli insorti si diressero anche ad Avellino e furono accolti dal comandante Lorenzo de Concilis. Sul campanile della chiesa di S. Francesco venne innalzato il tricolore della Carboneria che sanciva il successo della rivoluzione. In questa occasione il largo dei tribunali fu ribattezzato come Piazza della Libertà. La piazza ufficialmente assunse questo nome solo nel 1864 su proposta del consigliere comunale Tommaso Imbimbo. Durante il fascismo la piazza assunse il nome di piazza della Rivoluzione”. 

“Il ’900 può essere definito come il secolo della distruzione -ha aggiunto Lina – Il teatro nonostante i restauri si presentava in condizioni molto precarie e nel 1925 fu abbattuto e al suo posto fu costruito il Palazzo Sarchiola (tra palazzo Prefettura e palazzo Banco di Napoli). Anche la chiesa del Santissimo Rosario fu abbattuta per creare lo sbocco di Piazza Garibaldi. La Curia inizialmente si oppose, ma si raggiunse un compromesso economico e la nuova chiesa fu costruita al corso, dove è attualmente . Nel 1939 fu abbattuto il complesso di s. Francesco e negli anni ’50 fu costruito il palazzo INA (poi palazzo Ercolino). Nel 1943 le bombe colpirono la città causando 3000 morti. Il palazzo vescovile fu raso al suolo e con esso si distrusse anche il prezioso archivio diocesano. Il palazzo fu ricostruito nel dopoguerra ma subì notevoli danni durante il terremoto del 1980. E solo da pochi anni è stato ristrutturato. Negli anni ’60 in pieno boom economico furono abbattuti i lecci ed istallate le fontane, come segno del modernismo. Dopo il terremoto dell’80 il tribunale lascia la sede di palazzo Caracciolo dove fu istituita la sede della Provincia”.

Lina ha concluso così: “Della bella e ricca piazza del Settecento resta poco e niente. La natura è stata un po’ crudele con i terremoti, ma l’uomo lo è stato ancora di più privandoci delle bellezze della nostra città. La storia della piazza non è ancora finita, si sta ancora scrivendo…”

11 maggGeneroso, invece, per spiegare la casa della cultura Hugo, ha detto: “situato sullo sfondo di via Sette Dolori il Palazzo De Conciliis fu costruito verso la fine del 1700 ad opera dell’architetto Maria Luigi De Conciliis e si presentava allora con una graziosa ed elegante facciata e con un cortile interno, con al centro un piccolo e artistico pozzo in pietra. Certamente più grande di com’è oggi , l’edificio era costituito da stalle, depositi, cantine e numerose stanze per un totale di 20 locali su più livelli e 4 bassi. Appartenuto per secoli alla Famiglia De Conciliis provenienti da San Severino (proprietari anche di Palazzo Amoretti situato nella stessa strada e oggi Camera di Commercio), l’ultima ad abitarlo fu Donna Michelina De Conciliis  che lo donò agli inizi del ’900 all’amministrazione dell’Ospedale locale per poi diventare sede per gli Enti di assistenza all’infanzia e alla maternità.  Alla nobildonna fu dedicata una targa, ancora oggi visibile nel cortile dell’edificio ‘in ricordo della sua generosità a difesa della sofferenza irpina’. Conosciuto per aver ospitato il giovane Victor Hugo quando non aveva neanche 6 anni, il futuro romanziere e poeta ha vissuto nel suo amato ‘palazzo di marmo’ dalla fine  del 1807, per pochissimi mesi, in seguito alla nomina di Governatore della Provincia del padre Col.  Leonard Sigisbert su volontà del re di Napoli, Giuseppe Bonaparte, per combattere il fenomeno del brigantaggio nel Sannio e nell’Irpinia. Ad Avellino il giovane Victor visse momenti  di grande serenità e libertà per la ritrovata unione familiare e per l’ambiente che lo circondava che gli fu assai ospitale e caro alla memoria. In città ebbe i rudimenti di lettere classiche e di matematiche, seguito dal maestro Antonio Preziosi,  e nel tempo libero era solito partecipare coi fratelli a lunghe ‘scorribande’ fra la ricca vegetazione che avvolgeva la collina della terra dove amava soffermarsi a godere della suggestiva visione del borgo medioevale e dell’antico Castello di cui spesso avvertiva nostalgia negli anni successivi. Solo 7 mesi la famiglia Hugo fu ospite del capoluogo, in seguito Victor e i suoi cari lasciarono l’Irpinia per trasferirsi a Madrid dove fu difficile adattarsi ad educatori distaccati e severi e a un mondo così diverso da quello vissuto pochi mesi nella sua breve permanenza ad Avellino. Una targa sulla facciata dell’immobile testimonia l’affetto degli avellinesi per lo scrittore francese e il felice connubio fra la città e il colonnello Hugo. Restaurato dopo il terremoto del 1980, con l’apertura di un ampio auditorium per convegni e concerti, Palazzo De Conciliis diventa Casa della cultura e sede di associazioni culturali e del Centro di documentazione intitolato a Guido Dorso con all’interno la biblioteca dell’illustre scrittore, giornalista, politico e meridionalista avellinese fondatore del Corriere dell’Irpinia e collaboratore storico di ‘Rivoluzione Liberale’ di Torino”.