“Abate affiliato al clan Ranucci – Petito”

di Sandro Feola -

“Un battesimo di fuoco”, così gli inquirenti hanno definito la tentata rapina ai danni della gioielleria ‘Lo smeraldo’ di Avellino. Ieri mattina, durante una conferenza stampa,la Questuradel capoluogo irpino ha illustrato i dettagli dell’operazione che ha portato all’arresto di Gerardo Abate, ventunenne originario di Melito Irpino, che undici giorni fa irruppe nell’esercizio commerciale di via Tagliamento, ‘coadiuvato’ – si è poi saputo – da quattro complici.

 I fatti. Nella giornata di giovedì 5 ottobre, il giovane Abate, seminò il panico in una delle strade più trafficate di Avellino quando, arma in pugno, entrò nei locali de ‘Lo Smeraldo’, intimando al proprietario di consegnargli i gioielli presenti in cassaforte. Abate esplose anche un colpo di pistola dopo aver sequestrato una cliente del negozio. La rapina non riuscì grazie alla pronta reazione del titolare che, a sua volta, esplose un colpo con la sua pistola. Abate e i complici, messi in fuga poi dal tempestivo intervento della polizia, furono subito braccati dagli uomini della squadra mobile di Avellino che, dopo due giorni, li intercettarono all’altezza del comune di Casamarciano. Dopo una fuga rocambolesca, i quattro abbandonarono l’auto per proseguire a piedi, facendo perdere le loro tracce. Dopo pochi giorni, uno degli autori fu arrestato dagli agenti della Questura di Avellino.

 Il clan. Il giovane, in base a quanto riportato ora dagli inquirenti, farebbe parte di una banda di rapinatori legata al clan dei Ranucci – Petito di Sant’Antimo ed è figlio di un pregiudicato attualmente recluso per reati di camorra. Abate sarebbe stato scelto per effettuare la rapina proprio per la sua condizione di incensurato, sfruttando, quindi, un volto per niente noto alle forze dell’ordine. Le operazioni che hanno portato alla sua individuazione sono state condotte in collaborazione con gli uomini del Commissariato di Frattamaggiore, in provincia di Napoli, diretto dal vice questore, Angelo Lamanna. Gli agenti napoletani hanno passato a setaccio gli archivi degli uffici anagrafe dei comuni della zona, fino a quando il titolare della gioielleria e i testimoni hanno potuto riconoscere il volto del rapinatore. Gli inquirenti hanno reso noto, inoltre, che i complici dell’Abate avrebbero un profilo criminale di notevole spessore: un gruppo che un po’ di tempo fa si sarebbe reso protagonista di una rapina a mano armata in una bisca clandestina, minacciando circa cinquanta persone. Il gruppo che ha agito ad Avellino – secondo gli investigatori – fa parte di un sodalizio tra i più efferati della malavita napoletana: se i complici dell’Abate fossero intervenuti nella rapina – hanno dichiarato – , probabilmente le conseguenze sarebbero state molto più tragiche. Se nessuno si è fatto male, infatti, lo si deve prevalentemente alla inesperienza dell’Abate che per la prima volta tentava la rapina di un esercizio commerciale.

Stando a quanto dichiarato dal capo della squadra mobile di Avellino, Paolo Iodice, al momento della rapina all’interno della gioielleria erano presenti, oltre il titolare, anche due clienti i quali, fortunatamente rimasero illesi, nonostante i colpi di arma da fuoco esplosi dal rapinatore e dal titolare. Il capo della squadra mobile, infine, ha voluto sottolineare il contributo fattivo dei cittadini, passanti e testimoni, che è risultato fondamentale per la buona riuscita dell’operazione che ha portato all’arresto di Abate.