Teatro – Al Godot , in scena “Gli Ebrei sono matti”
Il racconto della tragedia delle leggi razziali attraverso un matto vero (e fascista) e un matto falso (e ebreo)
Avellino – Venerdì 23 gennaio 2015 – ore 21.00 presso il Godot Art Bistrot, in collaborazione con “Sciapò. Rassegna di Teatro a Cappello”, sarà di scena il Teatro Forsennato con “Gli Ebrei sono matti”. Uno spettacolo ideato e diretto da Dario Aggioli, con Dario Aggioli e Guglielmo Favilla.Durante il ventennio fascista, Enrico viene ricoverato in un manicomio vicino al confine, lontano dai suoi cari, dalla sua città e dai discorsi del Duce, da lui tanto amati.
Ferruccio, ebreo romano costretto a fuggire per l’ennesima volta, viene ricoverato nello stesso manicomio, sotto un altro nome: Angelo. Il professore che dirige la casa di cura, per insegnargli a comportarsi come un malato di mente, lo mette in stanza con Enrico, uno dei più innocui tra i degenti. Ferruccio, per imparare ad essere un altro, si confronta con Enrico che non riesce più ad essere sé stesso da tempo.
“Gli ebrei sono matti” è il racconto della tragedia delle leggi razziali attraverso un matto vero (e fascista) e un matto falso (e ebreo).
Sciapò è una rassegna di teatro a cappello nata nel 2011 da un’idea di Domenico Santo per il Teatro Civico 14 di Caserta.
Fare cappello significa non pagare prima, ma dopo, e solo in base al gradimento dello spettacolo proposto.
Il cappello è nato nel 1500, con la Commedia dell’arte, quando per la prima volta nella storia dell’umanità, fare l’artista diventa un mestiere, con i cui guadagni si vive. Questa fu una vera e propria rivoluzione, sia artistica che socioeconomica: socioeconomica perché per la prima volta i commedianti non erano più chiamati a rispondere a un signore, ma dovevano farsi imprenditori diretti del proprio lavoro; artistica, per la strettissima interrelazione fra i guadagni e quello che si faceva in scena. Ogni attore sapeva che se avesse sbagliato una battuta sarebbe stato multato dalla compagnia, perché il cappello sarebbe stato più magro; ogni capocomico sapeva che un canovaccio avrebbe continuato a girare di piazza in piazza solo se il cappello lo avesse promosso. Il pubblico, grazie al democraticissimo cappello, era fruitore, giudice e produttore dello spettacolo, e tutta la compagnia lavorava esclusivamente per lui.
Oggi, proprio come nel XVI secolo, le compagnie sono sempre più spesso chiamate a diventare imprenditrici della propria arte: quale strumento migliore del cappello?
Sciapò vuole riportare il cappello nel teatro, per ridare alle compagnie la visibilità che hanno perso, grazie alla creazione di una rete che già per la stagione 2013-14 può vantare 5 piazze in 3 regioni, e per ridare al pubblico il potere di scegliere e il piacere di tornare a teatro.