I giovani e il volontariato – La nota di Antonio Zizza

zizza“L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo”.

Così disse nel lontano quattrocento avanti Cristo un noto tragediografo e poeta greco, Sofacle.

Ecco a distanza di millenni noi riprendiamo questa bellissima citazione del poeta greco e la riportiamo alla nostra quotidianità, che si traduce con la parola volontariato.

Prima di immergermi nel volontariato giovanile, a cui tengo molto a cuore, vorrei, come sono solito fare, partire dall’etimologia e dal significato di questo termine. Il termine volontariato è dato dall’unione dei termini latini “voluntas” + “servitium”. Secondo il mio vocabolario di latino il termine “voluntas” assume i seguenti significati: “volontà, volere, intenzione, desiderio, liberà volontà…”. La voluntas intesa dai latini, infatti, è proprio la libera scelta autonoma che implica il desiderio di mettere a disposizione il proprio tempo, l’impegno, le capacità e le proprie idee a disposizione dell’altro, del prossimo. Ma la volutas latina senza il termine servituim non rispecchia in pieno il vero significato di volontariato. Allora ho cercato anche il termine servitium. Il dizionario, apparentemente deludente,  attribuisce a tale termine il significato di: “servitù, schiavitù, condizione di schiavo”. Si è proprio cosi. Nell’antica Roma i servi/gli schiavi erano tutti coloro che prestavano un servizio senza alcuna retribuzione. Il volontario, infatti, è colui che presta servizio gratuitamente, senza nulla in cambio.

Nel corso della storia, tra malattie, carestie, guerre, difficoltà atmosferiche e così via, la figura del volontariato è cresciuta in tal modo da raggiungere il più grande apogeo, come lo è oggi. Ma nonostante ciò ancora non è abbastanza. Di recente mi sono trovato a parlare con alcuni presidenti di varie associazioni irpine di volontariato e paradossalmente, alla domanda se i volontari in Irpinia sono sufficienti, mi davano tutti la stessa risposta: “…in teoria si, ci sono molti iscritti, ma in pratica sono ancora pochi coloro che agiscono pienamente”. Facendo delle ricerche più approfondite sono giunto a capire che sono pochi perché la maggior parte sono anziani, e, quindi non hanno l’entusiasmo che invece avrebbe un giovane.

Nel mio piccolo paese, ad esempio, per carenza di giovani volontari,  l’associazione nazionale di pubbliche assistenze (ANPAS), di cui io faccio parte, è stata costretta ad accantonare e a demolire l’unica ambulanza che aveva. E questa non è l’unica esperienza di “decadenza”, ma come noi, in Irpinia, ci sono tantissime associazioni che hanno carenze in un “personale gratuito”. Ma i giovani ci sono. E dove sono?

Secondo dati Istat di qualche mese fa in Irpinia è stato attestato che circa il 57% della popolazione sono disoccupati, e perlopiù la maggior parte di loro sono giovani laureati. I giovani, non sapendo cosa fare si rinchiudono in se stessi, cadendo spesso anche in fenomeni che gli psicologi chiamano “depressione”. Io, cosciente di tale realtà che ci accomuna tutti, propongo un alternativa a non cadere in sintomi come la “depressione giovanile” , invitando così i giovani irpini a impegnare il loro tempo nell’aiutare gli altri, e il miglior modo è senz’altro il volontariato.  Molti mi dicono che il volontariato non è retribuito, e “lavorare” senza una retribuzione non è senz’altro piacevole. Ma la retribuzione invece c’è, ed è più grande di quanto una persona possa mai immaginare: la retribuzione morale.

Un celebre autore ottocentesco, Alessandro Manzoni, nel suo romanzo (I promessi sposi), dice:“Si dovrebbe pensare più a far bene che a stare bene: e così si finirebbe anche a star meglio”. Ed è proprio nel fare del bene che si sta bene.

Vorrei concludere questo mio articolo con un invito fatto da uno dei tanti presidenti di un associazione irpina, il quale riferendosi ai giovani irpini dice: “Giovani! Prendete coscienza della necessità del volontariato. Amore è dare qualcosa agli altri e non essere egoisti….Il volontariato è amore!”.