Atripalda – Conclusa la conferenza “Dalla patria potestà alla responsabilità genitoriale”

L'evento si è tenuto ieri 30 Ottobre, presso la suggestiva location della Chiesa di San Nicola da Tolentino in Via Roma ad Atripalda

difensore_civico_tribunale-giustiziaAtripalda – “Si è conclusa ieri 30 Ottobre, presso la suggestiva location della Chiesa di San Nicola da Tolentino in Via Roma ad Atripalda, l’VIII Conferenza sull’Infanzia e la Famiglia organizzata dal Consorzio dei Servizi Sociali Ambito A/5-diretto dal dott. Carmine De Blasio. L’evento, organizzato con cadenza annuale, rappresenta un importante spunto di riflessione su un tema, la famiglia, che non può dirsi giammai noto e scontato per nessuno, soprattutto per gli addetti ai lavori.

Il tema del convegno è stato: “dalla patria potestà alla responsabilità genitoriale”.

A chiarire il “cambio di rotta, l’inversione di diritti” sono intervenuti relatori competenti e sensibili al tema del sociale e dei diritti degl’individui, ergo dei minori: Cesare Romano- Garante infanzia regione Campania, Leonardo Abazia- Presidente istituto campano di psicologia giuridica, Gennaro Izzo- assistente sociale specialista, Rosa Bruno- psicoterapeuta-giudice onorario tribunale di sorveglianza di Napoli.

Come presidente dell’Associazione Camera Nazionale avvocati per la Famiglia ed i Minori, la tematica mi ha particolarmente coinvolta, anche perché, il binomio famiglia/responsabilità genitoriale, è il più complesso ed anche il più rischioso qualora si ambisse a riempirlo di contenuti, indistintamente e senza aver avuto riguardo ai diritti ed ai doveri di ciascuno.

La famiglia non è più tradizionalmente intesa come famiglia nucleare costituita da papà-mamma e figlio; l’evoluzione repentina della società e del sentire comune, ci pongono di fronte a diverse rappresentazioni della comunità familiare che dunque, si manifesta eterogenea, mai monotona, talvolta monopersonale e monogenitoriale, talaltra pluripersonale, sebbene costituita da persone, individui, con un proprio vissuto,  aspirazioni, desideri e sogni.

Il passaggio dall’atavica patria potestà, allorquando il pater familias poteva disporre dello jus vitae ac necis, è stato graduale e già nell’epoca Giustinianea l’espressione patria potestà veniva identificata come una funzione moderna del genitore che educava e proteggeva la prole.

Con la L. 151/75, la prima grande riforma del diritto di famiglia, il titolo IX del codice civile viene modificato e non si parla più di patria potestà bensì di potestà “genitoriale”. E’ importante sottolineare come spesso, la giurisprudenza anticipa il legislatore “pigro e timido” di fronte a tematiche stringenti, è in tal modo è giunta a considerare la potestà come un esercizio di una funzione, un munus per la realizzazione degl’interessi della prole e non di chi ne fosse investito.

Con la seconda grande riforma della famiglia, la l. 219/2012, l’art.1 comma 6 prevede che la rubrica del titolo IX fosse sostituita da “della potestà dei genitori e dei diritti e doveri del figlio”, indicando all’art.2 i criteri e le direttive cui il Governo si sarebbe dovuto uniformare affinchè con decreto si pronunciasse sull’unificazione dello status di figlio, delineando anche la nozione di responsabilità genitoriale come un aspetto della potestà genitoriale.

Ma il Governo, è andato oltre! Con Decreto legislativo 154/2013 all’art.7 comma 10 modificando il titolo IX lo intitola “della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio”. Questo “abuso” del Governo, potrebbe rappresentare un bene oppur no, a seconda se la coscienza degli operatori del settore utilizzazione l’indefinibilità del concetto, pro minores o contra minores. Ciò che emerge è l’espunzione nei codici e nelle leggi speciali del concetto di potestà; ma va anche ricordato che la “parental responsibility” era già contenuta e prevista nel trattato Bruxelles II bis anche noto come Regolamento Ce 2201/2003.

Come non ricordare poi, la Convenzione ONU del 20 Novembre 1989, 54 articoli a tutela dei fanciulli ed un invito agli stati sottoscrittori a tutelare l’interesse prevalente del fanciullo in ogni circostanza che lo riguardi (si confrontino soprattutto i Principi VI-VII. Ha concluso l’incontro del 30 Ottobre, la professoressa Maria Rita Parsi- psicoterapeuta-presidente della fondazione movimento bambino membro del comitato ONU per i diritti dei fanciulli e delle fanciulle.

Ebbene, come un fiume in piena la dott.ssa Parsi ha posto l’accento sulla grande difficoltà ad essere genitore e sulla necessità che anche per esserlo, bisogna formarsi. Non si nasce genitori né lo si diventa per ereditarietà, si può essere un buon genitore se si ha la pazienza e la sensibilità culturale d’imparare ad ascoltare e a non anteporre il proprio smisurato ego a quello di un figlio. Con la nascita, la diade madre/figlio si apre al terzo, il papà, divenendo elemento triadico deve aiutare a protendersi verso gli altri.

I papà, grandi assenti nella vita dei figli o ossessivamente presenti per distruggerne l’individualità e le relazioni con l’altro genitore e con i parenti di questi, eppure essi dovrebbero rappresentare la forza ed il riferimento dei figli, con amore ed assecondandone le inclinazioni.

Ha sostenuto la professoressa Parsi che non esistono bambini cattivi, ma “adulti cattivi” e se un bambino è amato, rispettato ascoltato e ha giocato, sarà un adulto maturo”. Questo quanto riportato in una nota dall’avvocato Tiziana Tomeo.

Source: www.irpinia24.it