Morte Andreotti – Intervista di De Mita al Huffington Post

de mita andreottiDavvero un uomo che s’incarna nel governo. Un uomo che ha sempre pensato che il governo sia lo scopo e il fine della politica. Al punto da essere incline a un certo “indifferentismo” in merito a idee, colori e schieramenti, su come arrivarci . E’ questo il ricordo che ci consegna l’ex Presidente del Consiglio, Ciriaco De Mita, di Giulio Andreotti.

Linea disturbata. La voce di una hostess che chiama i passeggeri all’imbarco. L’HuffPost raggiunge De Mita mentre si sta imbarcando per Bruxelles.

Presidente, alla fine è successo. Che cosa ha lasciato Andreotti?

Chi ci ha lasciato e cosa ha lasciato ce lo dirà solo Dio. La storia italiana ovviamente non finisce oggi, ma ci serve una riflessione meno strumentale e più distaccata. Posso dire intanto, con sicurezza, che Andreotti lo si può considerare un grande uomo di governo.

Interessante che lei scelga la parola governo e non Stato… Del resto nell’immaginario collettivo Andreotti si incarna proprio con il governo, al punto che il regista Paolo Sorrentino lo sovrappone al potere stesso nel suo “Il Divo”.

Andreotti è stato un uomo di governo, perchè per lui era quello il luogo in cui la politica, il potere, agivano. Raggiungere questo obiettivo era dunque un percorso che veniva prima di tutto il resto. Al punto che in lui c’era una specie di indifferenza rispetto alle condizioni per arrivare a guidare un esecutivo. L’ho percepito più volte. Non a caso è stato l’uomo che ha potuto fare sia la solidarietà nazionale con i comunisti che l’alleanza con i liberali. Ricordo che su quest’ultima mossa, l’alleanza con i liberali, ebbi con lui un vero scontro, e lui non capiva e se la prese molto, anche se gli spiegai che non c’era nulla di personale ma solo di politico in quello che dicevo. Diciamo così: il governo lo interessava tanto che quando non c’era perdeva lucidità.

Quando ha capito questa sua natura?

Soprattutto in due occasioni.

Ce le racconta?

La prima volta nel 1983 quando Amintore Fanfani decise di escluderlo dalla compagine governativa. Non ci crederà, ma lo trovai avvilito come mai l’avevo visto, come se gli fosse capitata una immensa sciagura.

La seconda?

Era il 1987. Venne da me Franco Evangelisti (lo storico uomo di Andreotti, ndr) e mi disse: “Ciriaco, vuoi davvero dare l’incarico ad Andreotti? Ti consiglio di no”. “E perché mai?”, gli risposi. “Difficile che ci riesca, e dunque alla fine ci resterà male”. Rimasi perplesso ma decisi lo stesso di chiedere a Giulio se la sentisse o meno di fare un tentativo, spiegandogli bene che si trattava di una cosa molto difficile. Andreotti però non fece una piega, anzi mi ringraziò e accetto l’incarico. Dopo un paio di giorni ritrovai Evangelisti e gli dissi scherzosamente: “Come sempre i servi sono sempre più zelanti dei padroni…”. Lui mi guardò e mi rispose caustico: “Prima di avere un incarico Andreotti ragiona, dopo averglielo dato invece non ragiona più”.

Fonte http://www.huffingtonpost.it

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